Quella del primo febbraio 2010 è stata la trentaduesima edizione della Giornata per la vita voluta dai vescovi italiani all’indomani dell’approvazione della legge sulla interruzione volontaria di gravidanza (1978), per testimoniare l’impegno della Chiesa che non si arrende davanti alle offese alla vita che nel corso di questi anni sono andate moltiplicandosi. «La forza della vita: una sfida nella povertà» è il titolo del Messaggio che i vescovi consegnano, in questa giornata alla nostra riflessione.«Chi guarda al benessere economico, alla luce del Vangelo sa che esso non è tutto, ma non per questo è indifferente. Infatti, può servire la vita, rendendola più bella e apprezzabile e perciò più umana», così inizia il testo dei vescovi. «Fedele al messaggio di Gesù, venuto a salvare l’uomo nella sua interezza, la Chiesa si impegna per lo sviluppo umano integrale, che richiede anche il superamento dell’indigenza e del bisogno». A questo punto segue un passaggio che tocca il tema del benessere economico: «Il benessere economico non è un fine, ma un mezzo, il cui valore è determinato dall’uso che se ne fa: è a servizio della vita, ma non è la vita. Quando, anzi, pretende di sostituirsi alla vita e di diventarne la motivazione, si snatura e si perverte. Anche per questo Gesù ha proclamato beati i poveri e ci ha messo in guardia dal pericolo delle ricchezze. Alla sua sequela e testimoniando la libertà del Vangelo, tutti siamo chiamati a uno stile di vita sobrio, che non confonde la ricchezza economica con la ricchezza di vita […]. L’uso distorto dei beni e un dissennato consumismo possono, anzi, sfociare in una vita povera di senso e di elevati ideali, ignorando i bisogni di milioni di uomini e di donne e danneggiando irreparabilmente la terra, di cui siamo custodi e non padroni». Il messaggio ci chiama, dunque, in causa in prima persona, sollecitando una riflessione sull’uso del denaro, delle risorse e su come utilizziamo il nostro tempo. Proseguono i vescovi: «Anche la crisi economica che stiamo attraversando può costituire un’occasione di crescita. Ci fa capire che non è la ricchezza economica a costituire la dignità della vita, perché la vita stessa è la prima radicale ricchezza, e perciò va strenuamente difesa in ogni suo stadio, denunciando, senza cedimenti sul piano del giudizio etico, il delitto dell’aborto». Non possiamo dimenticare i numeri delle interruzioni di gravidanza operate nel nostro Paese attraverso l’attuazione, in questi trentadue anni, delle disposizioni contenute nella legge 194 del 1978: numeri che dimostrano le gravissime conseguenze derivanti dalla attuazione di tale norma ed il sostanziale fallimento di tale disposizione. Il messaggio si conclude con una sottolineatura sull’impegno tempestivo a sostegno dell’accoglienza e della dignità della vita: «Proprio il momento che attraversiamo ci spinge a essere ancora più solidali con quelle madri che, spaventate dallo spettro della recessione economica, possono essere tentate di rinunciare o interrompere la gravidanza, e ci impegna a manifestare loro aiuto e vicinanza. Ci fa ricordare che nessuno è padrone della propria vita e tutti siamo chiamati a custodirla e rispettarla come un tesoro prezioso dal momento del concepimento fino al suo spegnersi naturale».Ancora un’occasione, dunque, perché il tema del diritto alla vita all’inizio dell’esistenza umana resti al centro dell’attenzione poiché l’aborto è la radice di tutte le attuali nuove aggressioni contro la vita umana, cosicché estirpando tale radice si può sperare nel rispetto della vita in ogni età e condizione. Perché se è lecito uccidere un essere umano, con una intera vita da vivere davanti a sé, che non chiede affatto di morire, potrebbe diventare lecito far morire il vecchio o il malato che chiedono, almeno apparentemente, di morire. Detto con le parole di Madre Teresa di Calcutta «Se accettiamo che una madre possa sopprimere il frutto del proprio seno cosa ci resta ?».di Patrizio Lucci * Movimento per la Vita Centro di Aiuto alla Vita Arezzo