Toscana
Dal Papa un percorso obbligato per i cattolici italiani
di Andrea Fagioli
I 2 mila 700 di Verona sono tornati a casa, nelle proprie diocesi, forse con un po’ di rimpianto per quei cinque giorni di Convegno ecclesiale nazionale in cui è sembrato di vivere l’essere Chiesa in modo pieno, condiviso. I 2 mila 700 si stavano abituando a quel ritrovarsi tutti i giorni, tutti insieme, nella grande aula assembleare o nei «loculi» dei sottogruppi di studio. E poi tutti a pranzo in massa, sul pullman, alla Messa…, a fare due chiacchiere sulle poche panchine del piazzale della Fiera di Verona dominato dai 400 quintali dei marmi della Barca della salvezza opera del nostro Massimo Lippi (che ha anche rincorso la papamobile pur di riuscire ad immortalare il Papa in qualche modo di fronte alla sua scultura).
Ma il grande giorno del Convegno ecclesiale nazionale, almeno per i delegati, era iniziato al mattino con il Papa che ha parlato loro, ha indicato alla Chiesa italiana un tragitto per i prossimi dieci anni e non solo: ha indicato una sorta di percorso obbligato ribadendo che «l’Italia di oggi si presenta a noi come un terreno profondamente bisognoso e al contempo molto favorevole per una tale testimonianza. Profondamente bisognoso, perché partecipa di quella cultura che predomina in Occidente e che vorrebbe porsi come universale e autosufficiente, generando un nuovo costume di vita. Ne deriva una nuova ondata di illuminismo e di laicismo».
«La Chiesa e i cattolici italiani ha aggiunto Benedetto XVI sono dunque chiamati a cogliere questa grande opportunità, e anzitutto ad esserne consapevoli. Il nostro atteggiamento non dovrà mai essere, pertanto, quello di un rinunciatario ripiegamento su noi stessi: occorre invece mantenere vivo e se possibile incrementare il nostro dinamismo».
Il Papa ha richiamato i cattolici innanzitutto ad un impegno sul piano culturale. Per lui, infatti, la fede (oltre che un dono di Dio) è qualcosa anche di razionale, è una forma di conoscenza (non a caso l’esplicito riferimento nel suo discorso alla matematica come «creazione della nostra intelligenza»). Benedetto XVI vuole così dare spessore culturale alla fede in un momento di vuoto assoluto dal punto di vista ideologico e culturale, appunto.
Sul piano dell’azione per così dire più politica, il Papa ha precisato che la Chiesa «non è e non intende essere un agente politico» per cui «il compito immediato di agire in ambito politico per costruire un giusto ordine nella società non è dunque della Chiesa come tale, ma dei fedeli laici, che operano come cittadini sotto propria responsabilità: si tratta di un compito della più grande importanza, al quale i cristiani laici italiani sono chiamati a dedicarsi con generosità e con coraggio, illuminati dalla fede e dal magistero della Chiesa e animati dalla carità di Cristo».
Anche perché occorre fronteggiare «il rischio di scelte politiche e legislative che contraddicono fondamentali valori e principi antropologici ed etici radicati nella natura dell’essere umano». Da qui la conferma dei «no» a «forme deboli e deviate di amore e alla contraffazioni della libertà, come anche alla riduzione della ragione soltanto a ciò che è calcolabile e manipolabile».