Opinioni & Commenti

Dal G8 niente di nuovo

di RICCARDO MORO Dopo il disastro di Genova i leader del G8 decisero che i vertici successivi avrebbero dovuto svolgersi in tono minore, per evitare l’attenzione dei contestatori, ma anche per dare al summit il ruolo che originariamente aveva: un semplice tavolo di consultazione. Dall’anno successivo infatti niente più communiqué finale degli otto capi di governo, ma un semplice briefing del presidente di turno ospitante. Proprio questo è uno dei punti critici. A Sea Island sono stati offerti numerosissimi documenti sui più diversi argomenti, dalla lotta alla poliomielite ai gemellaggi tra municipalità. Ma senza il communiqué finale, che formalizza le promesse e impegna politicamente, diventa impossibile capire che cosa gli otto davvero abbiano concordato, e la massa di documenti sui programmi in corso (che si svilupperebbero ugualmente senza vertice) non dà segnali chiari, al massimo confonde le acque.

Hanno vinto i contestatori che chiedevano che il G8 perdesse il suo ruolo? Forse no, perché l’assenza del communiqué non significa che non siano state raggiunte intese. Più semplicemente non vengono comunicate.

Sui giornali ha trovato attenzione l’iniziativa per una nuova partnership col Medio Oriente e il Nord Africa. Fortemente voluta da George Bush è un segnale verso i paesi dell’area arabo-musulmana più moderati dopo l’azione militare in Irak. Un editoriale del Financial Times, l’11 giugno, accusa l’iniziativa di essere retorica e di mancare di sincerità e realismo. In effetti Egitto e Arabia Saudita, due Paesi determinanti per la formazione del consenso nella regione, hanno rifiutato l’invito di Bush a Sea Island a incontrare il G8. Si può immaginare di presentare una partnership senza di loro?

Un’altra questione apparsa sui media è stata quella del debito. Ma anche qui poco di nuovo. L’annuncio della proroga di due anni dell’iniziativa HIPC, che permette la riduzione del debito dei paesi più indebitati, era dovuta. Su 41 paesi am missibili solo 27 ne hanno beneficiato. Gli altri sono in attesa e hanno bisogno di più tempo. Ciò che è necessario è modificare i criteri per accedere all’iniziativa, per ammettere tutti i circa settanta paesi a basso reddito. Ma tra Tesoro Usa che propone di cancellare il 100%, perché il debito è più costoso da gestire che da cancellare, Segreteria di Stato che smentisce e Germania e Giappone freddissimi su ogni riforma, da Sea Island non è giunto nulla di significativo. Anche sul debito iracheno non c’è stato consenso. Bush vuole cancellarlo, ma Chirac ha ricordato che ci sono altri Paesi con lo stesso debito ma senza la risorsa del petrolio.

Qualche segnale verso il Sud del mondo è comunque arrivato. La citazione di un rinnovato impegno a combattere la polio e a ricercare un vaccino per l’Aids, un’attenzione al Sudan, l’impegno contro la fame nel Corno d’Africa. Un documento sul commercio internazionale che sottolinea l’importanza di eliminare le barriere che proteggono le nostre agricolture e penalizzano quelle dei Paesi impoveriti. Una battuta insperata di Chirac sull’opportunità di una tassazione internazionale sulle valute per finanziare lo sviluppo. Nessuna parola, invece, sul finanziamento dello sviluppo, che ancora quest’anno è sceso complessivamente dallo 0,25% allo 0,23% del PIL, ben lontano dall’impegno dello 0,7%, con gli ultimi due posti di Italia e Usa con rispettivamente lo 0,16% e lo 0,14%.

Quanto ha influito la tensione tra Chirac e Bush a rendere questo summit poco significativo? Difficile dirlo. Nella brevissima conferenza stampa congiunta i due hanno utilizzato metà del tempo a spiegare che Chirac aveva imprevedibilmente gradito il cheesburger offertogli da Bush. È parso non avessero molto altro da dire insieme. Schroeder viceversa è sembrato più collaborativo. Le voci di corridoio dicono che è il risultato della promessa americana di sostenere il seggio permanente per la Germania nel Consiglio di Sicurezza delle Nazio ni Unite… Speriamo in un vertice migliore in Scozia l’anno prossimo. Soprattutto speriamo in un multilateralismo più trasparente, più leale e conseguentemente più fecondo.