Opinioni & Commenti
Dal G8 impegni importanti. Ma bastano?
Occorre dare atto a Tony Blair di avere testardamente posto la questione dell’Africa, insieme a quella del clima, al centro del dibattito e della preparazione del summit di quest’anno. La Gran Bretagna aveva proposto la cancellazione del debito multilaterale, cioè verso Banca mondiale e Fondo monetario internazionale (in questi anni si è sempre ridotto solo il debito bilaterale, quello cioè che ha come creditori le singole nazioni ricche), per tutti i paesi a basso reddito, circa una settantina. Inoltre chiedeva di aumentare gli aiuti allo sviluppo subito, avvalendosi di uno strumento finanziario, la IFF (International Financing Facility), che attraverso l’emissione di titoli da pagare in futuro avrebbe messo a disposizione capitali da utilizzare immediatamente per il Sud del mondo. Chiedeva anche un impegno esigente sull’ambiente.
Le reazioni erano state tutte negative. Resistenze di Francia, Germania, Giappone e Stati Uniti alla cancellazione del debito, diffidenza generale sulla IFF e ritrosia ad assumere impegni per aumentare gli aiuti con gli strumenti tradizionali, veto statunitense sul clima. Blair ha testardamente visitato tutte le capitali degli altri membri del gruppo e solo durante l’ultima visita a Washington ha ottenuto una mediazione da Bush che ha permesso ai ministri finanziari di annunciare la cancellazione del debito ratificata dal vertice. Questa intesa, peraltro annunciata ancor prima che venisse effettivamente raggiunta, forzando così i partner ritrosi, ha favorito la possibilità di redigere un documento finale del vertice che presenta alcune luci. Abbiamo timore però che appaiano tali perché emerse da premesse buie.
Due sono gli annunci degli otto a fine vertice in tema di Africa e Sud del mondo. Innanzi tutto hanno confermato la decisione dei ministri finanziari di cancellare il debito multilaterale dei paesi «eleggibili all’iniziativa HIPC». Come è già stato commentato la decisione sfata il tabù dell’incancellabilità del debito multilaterale, ma non libera grandi risorse. E non sono i sessanta paesi chiesti da Blair, sono solo 18, ma è un inizio. In secondo luogo hanno annunciato un aumento degli aiuti. Confermano la scelta assunta in sede europea di raggiungere lo 0,51% del PIL entro il 2010 e lo 0,7% da anni promesso e mai mantenuto intorno al 2015, con percorsi lievemente diversi da paese a paese. Questi contributi dovrebbero ottenere entro il 2010 venticinque miliardi di dollari in più rispetto ai contributi attuali per l’Africa, e cinquanta miliardi in più complessivamente per il Sud del mondo entro il 2015.
Si tratta di annunci ovviamente positivi. Ad essere precisi però il linguaggio preoccupa. Per i 25 miliardi all’Africa si parla di impegni (committments), per i 50 di stime (OECD estimates). Non vorremmo trovarci di fronte all’ennesimo annuncio disatteso. Ci si perdoni il pessimismo, ma non sarebbe la prima volta che si promette senza mantenere. Se saranno mantenuti sono impegni importanti. È nostro dovere però ricordare che le stime delle Nazioni Unite parlano di 50 miliardi all’anno in più subito, per poter raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio entro il 2015. Non 50 miliardi entro il 2015. Ripetiamo in questi giorni che il pianeta ha bisogno di regole, processi e risorse. Regole sono quelle che permettono di orientare le relazioni verso la giustizia e l’equità, un esempio per tutti l’agricoltura del Nord ricco protetta a scapito del Sud impoverito. Processi sono quelli che permettono a governi e società civile del Sud del mondo di essere protagonisti del proprio sviluppo. Le risorse infine sono il denaro. Si tratta di una responsabilità non eludibile. Cinquanta miliardi annui sono molti, ma metterli a disposizione subito non è difficile. Dobbiamo dirlo, ma la spesa militare nei bilanci del G8 è largamente superiore. Oggi, non nel 2015. Invertire le cifre subito pagherebbe anche contro il terrorismo.