Toscana
Dal carcere «la poesia delle bambole»
L’hanno chiamata «La poesia delle bambole». È un «percorso di vita nella dignità del lavoro» all’interno del carcere. «Da piccola racconta Silvia non ci giocavo anche se ne avevo tante di bambole, le vestivo con gli abiti cuciti con gli avanzi delle stoffe che mia madre usava per fare i nostri abiti. Mi piace cucire, amo i lavori manuali». È per questo che Silvia, una delle ragazze della sezione femminile di Sollicciano, ha aderito subito al progetto del laboratorio di bambole in stoffe. «Le crei dal nulla spiega Silvia : prima un gomitolo di lana e poi su, vedi crescere una cosina che prende le sembianze di un bambino…. Sono contenta di quello che faccio e lo faccio con il cuore».
«Già prima di entrare in carcere racconta Maria sapevo usare la macchina da cucire e sapevo ricamare. Mi sono affezionata a queste ore di corso».
A promuovere «La poesia delle bambole» sono state tre associazioni che da tempo si occupano dei problemi del carcere, due fiorentine e una milanese: la «Pantagruel» di Giuliano Capecchi, il «Ramo in fiore» di Maria Cristina Bimbi e «La strada». A questi primi promotori del progetto si è aggiunto direttamente il carcere fiorentino di Sollicciano, che ha chiesto e ottenuto dal Ministero di grazia e giustizia un finanziamento di oltre 8 mila euro. È stato inoltre individuato un laboratorio esterno per le detenute in misura alternativa e per il quale il Comune di Firenze ha destinato altri 5 mila euro.