Lettere in redazione
Da sottosegretario a ministro, promozione che lascia perplessi
Sempre più spesso, non certo dai giornali e dalle tv di famiglia (sia Mediaset che Rai), giungono notizie che lasciano allibiti. Veniamo a sapere, per esempio, che all’Aquila è finito il tempo delle passerelle e che la gente si sente sempre più sola, abbandonata. Viene confermato che nel nostro Paese non solo vengono predisposte ed emanate leggi nell’interesse di pochi, ma che si inventano pure i ministeri. Come quello «per il legittimo impedimento», creato su due piedi ad uso e consumo del signor Brancher. Ormai, pare prorpio, non ci sono più limiti alla sfacciataggine di chi ci governa. Basti pensare alla legge sulle intercettazioni. Di questo passo, e siamo già molto avanti, dove va a finire il rispetto per le istituzioni, la stessa dignità dell’Italia e degli italiani?
In uno strano Paese, pervaso da un curioso senso dell’uguaglianza fra i cittadini, venne promulgata una legge, denominata «legittimo impedimento», che prevedeva che i procedimenti penali nei confronti di esponenti del governo venissero «congelati» in quanto gli imputati, tutti presi dall’immane compito di servire il popolo, non potevano sprecare il loro tempo presentandosi alle udienze. Un discutibile individuo, che faceva parte della corte del Capo Supremo, era implicato in uno sgradevole processo per appropriazione indebita e ricettazione. Si inventò allora un nuovo ministero, dalle competenze sommariamente e nebulosamente delineate. Pare che neppure il neo-ministro, interrogato dalla stampa, avesse chiare le idee su quale fosse il suo compito. Fatto sta che il «ministro fantasma», ancor prima di cominciare le sue fatiche di servitore del popolo, non esitò un istante ad avvalersi del privilegio offerto dal «legittimo impedimento», spalleggiato dal Capo Supremo. La stragrande maggioranza dei cittadini di quello strano Paese sembrò non accorgersi neppure dell’enormità del fatto, tutta presa dalle disavventure della sua scalcinata squadra ai mondiali di calcio. Se questo strano Paese fosse l’Italia, quali riflessioni e conclusioni si dovrebbero trarre da un evento così fantasiosamente narrato?
Premesso che non condividiamo la facile ironia di entrambe le lettere, diciamo che la promozione di Aldo Brancher da sottosegretario a ministro lascia realmente perplessi. Prova ne sono appunto anche le reazioni dei nostri lettori. Quella nomina si presta effettivamente a tutte le ipotesi, compresa quella del tentativo maldestro, tramite il «legittimo impedimento», di congelare il processo a carico dell’ex dirigente del gruppo Fininvest. In ogni caso quella nomina si risolverà in un autogol per il governo stesso in un momento, quello della manovra economica, in cui i favori popolari vengono per forza meno. Anche perché, mentre si chiedono sacrifici e ci si propone di ridurre la spesa pubblica, non si può certo aumentare un ministero senza precisarne le competenze. C’è dunque prima di tutto un errore di strategia politica da parte di Berlusconi, che ha finito per indispettire i propri elettori, gli alleati di governo (si veda la prima reazione di Bossi) e persino il presidente della Repubblica. Per non parlare dell’assist offerto all’opposizione.