Pisa

DA SANTIAGO A FATIMA, UN PIENO DI EMOZIONI

di Graziella Teta

Sulle orme di papi, santi e sante, e di milioni di viaggiatori e pellegrini. Immersi nella storia cristiana di Portogallo e Spagna, dal Santuario Mariano di Fatima – legato alle apparizioni della Madonna nel 1917 ai pastorelli Lucia, Francisco e Jacinta – a Santiago de Compostela, abbinata a Roma e Gerusalemme quale “città santa” del pellegrinaggio mondiale e riconosciuta “patrimonio dell’umanità” dall’Unesco. Attraversando suggestivi paesaggi, ammirando capolavori dell’arte e dell’architettura portoghese e iberica. Per vivere intensi momenti di preghiera, ascolto della Parola e profonde riflessioni spirituali guidate dall’arcivescovo di Pisa Giovanni Paolo Benotto.Questo prometteva il programma del pellegrinaggio diocesano. Promesse più che mantenute e aspettative superate: è quanto emerge dai commenti dei partecipanti. “Un’occasione speciale e preziosa, densa di occasioni per riflettere: da Fatima, luogo spirituale e di ‘preparazione’, a Santiago, cuore del pellegrinaggio”. Così l’ha vissuto Serena Puccinelli, studentessa, catechista della parrocchia di Bientina. Questo viaggio, dice, ha arricchito la sua precedente esperienza (il pellegrinaggio diocesano dell’anno scorso in Terra Santa, anch’esso guidato da mons. Benotto) con immagini e incontri che le resteranno nel cuore. “Come la via Crucis a Fatima, con attorno i campi di ulivi, in un ambiente che pare rimasto fermo al tempo dei tre pastorelli. E i penitenti che compiono in ginocchio, in più giri, il percorso intorno alla Cappellina delle Apparizioni. Tra questi, una commovente madre con il figlio nel marsupio sulla schiena”. Continua Serena: “E poi, di Santiago, ho ancora negli occhi l’ultimo tratto del camino dal Monte della Gioia alla cattedrale di San Giacomo, accompagnati dal rappresentante del consolato italiano. E ancora, i tanti pellegrini, molti giovani, giunti a piedi o in bicicletta, che si sdraiano sfiniti sulla grande ‘conchiglia’ (simbolo del cammino) arrivando in piazza dell’Obradorio. Poi l’incontro con l’arcivescovo di Santiago e la straordinaria accoglienza: ci ha ‘aperto’ la sua residenza, facendoci visitare il piano nobile. Emozioni forti anche alla messa del pellegrino in cattedrale, in un clima di fratellanza tra tante lingue e nazioni, con il suggestivo rito del botafumeiro”. E’ il grande incensiere che ”vola” da un transetto all’altro spinto da otto tiraboleiros. Alto oltre un metro e del peso di 65 kg, in origine era usato per attutire gli odori che i pellegrini emanavano dopo il lungo tragitto. Una regola ne stabilisce l’uso solo durante gli anni giacobei – come il 2010, Anno Santo Compostelano inaugurato il 31 dicembre scorso con l’apertura della Porta Santa della cattedrale – e il 25 luglio, giorno dell’onomastico di San Giacomo; ma è ugualmente messo in funzione su richiesta e dietro un’offerta.Ottima l’organizzazione (itinerario, alberghi, ristoranti) e coinvolgente il programma pastorale, commenta Marianella Paglianti, insegnante di storia dell’arte al liceo artistico di Pisa, dove frequenta la parrocchia di S. Giusto. In particolare, ha apprezzato “i luoghi affascinanti e la guida alta e colta dell’arcivescovo. Per una storica dell’arte come me, è stato davvero un viaggio intenso attraverso bellezze storiche, artistiche, architettoniche e paesaggistiche, da Lisbona a Cabo Finisterre, anche cogliendo collegamenti con le ricche testimonianze gotiche e romaniche pisane. Un viaggio vissuto appieno, in ogni momento, anche grazie al bel clima di amicizia che si è creato tra i partecipanti”. Tra i momenti più intensi da testimoniare: “La messa pomeridiana appena giunti a Fatima; la fiaccolata mariana serale guidata dalla grande croce bianca illuminata e chiusa dalla statua della Madonna, pellegrina con noi (come me, in tanti piangevano cantando l’Ave Maria); e la via Crucis: all’ultima stazione, nel leggere il brano, la voce mi tremava per l’emozione. A Santiago mi sono sentita vicina alla chiesa pisana, giungendo nei luoghi attraversati dai nostri santi, Bona e Ranieri (cui sono devota), più volte ricordati dal nostro arcivescovo, che ci ha donato profonde riflessioni attraverso omelie e catechesi. Uniti dalla fede in ogni luogo siamo a casa nostra, ci ha detto. E’ vero: eravamo ‘a casa nostra’ mentre assistevamo alla bella liturgia della messa dei pellegrini in cattedrale, con il nostro pastore concelebrante sull’altare”.Un’immagine che ha colpito tutti noi, commenta suor Cecilia Falconieri (delle Francescane del Verbo Incarnato, parrocchia di S. Marta a Pisa): “L’intero pellegrinaggio è stata un’esperienza bella, culturale e spirituale insieme. Ed è stata soprattutto esperienza di chiesa, che ha unito noi ai tanti altri pellegrini provenienti da tutto il mondo, insieme in cammino”. Fatima l’ha commossa, donandole forti emozioni, ma – rivela suor Cecilia – “Santiago mi ha preso il cuore: sono legata a Santa Bona, che ha intrapreso più volte il cammino, e ho sempre desiderato visitare quei luoghi da lei attraversati. Ringrazio mio padre che mi ha offerto il viaggio”. Che per lei ha davvero un significato speciale, essendo stata insignita del premio – intitolato alla santa pisana “viaggiatrice”, patrona delle hostess – che la Compagnia di Santa Bona assegna ogni anno a personalità che credono nella politica dei “piccoli passi”, necessari per la pace nel mondo, in particolare in Terra Santa. Suor Cecilia i piccoli passi li compie ogni giorno operando in carcere (con mons. Roberto Filippini): “Accompagno i detenuti nel pellegrinaggio della vita, sostenendoli nel percorso di reinserimento”. E aggiunge: “Gesù, Verbo incarnato, ha camminato e vissuto con noi. E continua a farlo. Lui è anche al fianco di quei pellegrini, con gli zaini lacerati in spalla e i piedi sanguinanti, che arrivano ogni giorno a Santiago. Siamo tutti umanità in cammino, credenti e non credenti”.L’arcivescovo Benotto, hanno ricordato i partecipanti, ha citato il gemellaggio che unisce Pisa e Santiago de Compostela (ratificato l’8 maggio 2010), sulla scia di quel cammino di pellegrini e viaggiatori che – attraverso il tratto toscano della via Francigena – nei secoli ha collegato fisicamente e simbolicamente le due città. Benotto ha sottolineato che la “comunità civile” stringe gemellaggi, mentre per la chiesa e i fedeli si tratta di porsi “in comunione” verso tutti, senza distinzioni.Lisetta Del Punta, di Collesavetti, per 32 anni insegnante di Lettere a Vicarello, sa bene che cosa significa: una vita dedicata alla formazione dei giovani e al servizio della chiesa locale, tra la Biblioteca Maffi e la catechesi del battesimo per le coppie (da lei tornano i suoi ex studenti, per preparare il battesimo dei loro figli). Racconta: “I pellegrinaggi contribuiscono alla crescita spirituale, rinnovano, fortificano; ci arricchiscono come fedeli e come persone. E’ stato così per me, dopo quello in Terra Santa l’anno scorso, e dopo questo Fatima-Santiago. Nel gruppo ci siamo sentiti ‘chiesa’ che trasmette ad altri quanto ricevuto, in amicizia e fratellanza, anche scambiando idee ed esperienze con persone di altre parrocchie (come ho fatto con la catechista Lucia di San Michele degli Scalzi, a Pisa)”. Continua: “Davanti alla Madonna di Fatima ho ripensato all’atteggiamento di ascolto e accoglienza di Maria, al suo sì a Dio ed ai fratelli. A Santiago, al nostro essere fragili ma ricchi della Grazia, un tesoro da trasmettere come ha fatto l’apostolo Giacomo. Ho voluto partecipare al pellegrinaggio con tutte le mie forze, nonostante un recente intervento, per pregare sulla tomba del santo (patrono della mia parrocchia di Vicarello), affidandogli la mia comunità, come ci ha esortati a fare mons. Benotto”.Per Roberta Marzolla, bolognese, da 18 anni a Pisa dove è medico di guardia (parrocchia di S. Caterina, da sempre legata ai Carmelitani), “in questo viaggio è stato privilegiato l’aspetto spirituale, abbinato alla bellezza dei luoghi visitati, suscitando il desiderio di approfondire. Ci tenevo molto ad andare a Fatima: lì ho vissuto i momenti più intensi di raccoglimento. Ed ho scoperto il Portogallo, con la sua splendida capitale Lisbona dove tornerei (affascinate lo stile architettonico manuelino: mirabili esempi sono la Torre di Belém e il monastero di San Gerolamo), grazie anche alla bravura della guida locale, Annabella, che ci ha trasmesso l’amore per la storia della sua patria di santi e navigatori”. Al marito Paolo, invece, piacerebbe tentare l’avventura del “cammino” verso Santiago, anche per la soddisfazione di giungere alla meta finale: quel finis terrae, fine della terra – il punto più occidentale della penisola iberica che si affaccia sull’oceano Atlantico – dove i pellegrini terminano il viaggio, aggiungendo 90 chilometri da Santiago. Lasciando poi le scarpe ai piedi della grande roccia sovrastata dalla statua di uno scarpone, simbolo dei tanti passi fatti per rendere omaggio all’apostolo Giacomo, foriero di rinascita spirituale verso una vita nuova. Giungendo su quelle spiagge, un tempo i pellegrini bruciavano le vesti sporche; doppio il significato di pulizia: corporea ma anche spirituale. E raccoglievano una conchiglia, altro simbolo del camino: oggi non ce ne sono più; i gusci di capasanta si acquistano sulle bancarelle, insieme con il nodoso bastone del pellegrino. “Quel punto estremo non l’abbiamo visto per la foschia che lo avvolgeva – spiega Roberta – ma certo è stata più arricchente la splendida celebrazione eucaristica al vicino santuario di Nostra Signora de la Barca, a Muxia”. Qui, secondo la tradizione, la Madonna apparve a San Giacomo.Un luogo che i coniugi Alderigi, Osvaldo e Genny, di Vicopisano non dimenticheranno più. Racconta lui: “Con nostra grande sorpresa e commozione, alla messa l’arcivescovo ci ha rivolto gli auguri per il nostro 51° anniversario di matrimonio, che ricorreva proprio quel giorno, domenica 22 agosto. Applausi e congratulazioni sono seguiti durante il pranzo, insieme con tutto il gruppo. Momenti memorabili, anche rispetto ad un anno fa, quando abbiamo celebrato le nozze d’oro con una piccola festa in famiglia, con i nostri due figli e altrettanti nipotini”. Durante il viaggio la coppia si è separata solo nell’occasione dell’ultimo tratto del “cammino” verso Santiago: lei in pullman, lui a piedi per 5 chilometri.L’ultima testimonianza è affidata a don Ettore Baroni, dal 2001 parroco di Bientina, che ha accompagnato il gruppo più nutrito: 55 pellegrini, un intero pullman. “Ero già stato sia a Fatima che a Santiago; per la stragrande maggioranza dei miei parrocchiani, invece, questo viaggio è stato una scoperta continua e gradita. Hanno potuto gustare un profondo clima spirituale, e di preghiera sia comunitaria, partecipando alle numerose e coinvolgenti liturgie, sia personale nei momenti di raccoglimento. Anche per chi, come me, torna in quei luoghi, le emozioni si rinnovano: a Santiago, attraversare la Porta Santa della Cattedrale, accedere alla cripta per pregare sulla tomba dell’apostolo, ripetere l’abbraccio devozionale alla sua statua davanti all’altare maggiore. A Fatima, invece, colpisce il silenzio, scende dentro, mette in ascolto della parola di Dio. Non si rischia di essere distratti dal folclore e dal gran movimento che caratterizza altre grandi mete mariane”. Di tutto questo don Ettore “pellegrino” offrirà un resoconto sul foglio parrocchiale.