Italia
Da Roma a Lampedusa passando per Siena: mani tese a migranti e rifugiati
In Italia e all’estero, tutti i giorni dell’anno, la Chiesa è a fianco dei migranti. Di quest’impegno costante se ne fa memoria, ogni anno, nella Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato, che si celebra nella domenica successiva a quella del Battesimo di Gesù. Dal 1991, in Italia, ogni edizione vede coinvolta particolarmente una regione ecclesiastica per sostenere e valorizzare le attività a favore del mondo della mobilità: emigrati italiani, immigrati e rifugiati, rom e sinti, fieranti e circensi. Quest’anno la regione scelta dalla Commissione episcopale per le migrazioni della Cei e dalla Fondazione Migrantes è il Lazio.
Le comunità etniche vivono la vita di fede come «fossero una parrocchia, ogni giorno si fa esperienza dell’accoglienza nell’integrazione, nella promozione umana e nelle tante forme di accompagnamento: corsi di lingua, visite in carcere, sportelli per consulenze legali, sostegno ampio, educazione alla salute, accompagnamento nelle fasi difficili dal lavoro», spiega monsignor Pierpaolo Felicolo, direttore regionale della Migrantes del Lazio, che nell’ambito della propria azione pastorale a favore dei migranti e degli itineranti, due anni fa, proprio a Roma ha dato avvio a un intenso programma di formazione linguistica indirizzato ai migranti delle Comunità etniche della diocesi capitolina coinvolgendo anche i cappellani etnici. Un progetto nato dalla valutazione degli elementi emersi da un’indagine conoscitiva finalizzata ad approfondire le problematiche di inserimento degli stranieri, legate al livello di conoscenza/padronanza della lingua italiana, «bisogno paragonabile ai bisogni primari» per i migranti. Finora il progetto ha riguardato gli africani francofoni, i cinesi, la comunità malgascia, quella polacca, indiana di rito siromalabarico, quella filippina e la comunità ucraina.
«Il viaggio della vita» è invece un progetto – in corso da tre anni a Lampedusa – di confronto e incontro con le diverse realtà del territorio su quale sia stata, e quale sia ancora adesso, la percezione dei lampedusani rispetto a quanto accaduto negli ultimi anni. Ogni anno si parte da una storia, e quest’anno si tratta della vicenda di una ragazza eritrea. È il 16 aprile 2105: al largo di Lampedusa c’è stato un drammatico salvataggio in mare, dove erano state recuperate cento persone, delle quali ventisei ustionate gravemente. Con loro viaggiava anche una giovane, senza vita. Le ustioni non erano quelle tipiche provocate dal mix di carburante e acqua di mare che brucia la pelle, ma erano lesioni molto più estese, presenti in tutto il corpo. «Si scoprirà poi – racconta il responsabile del progetto, Germano Garatto – che queste persone erano partite dalla Libia dopo l’esplosione di una bombola a gas avvenuta nel luogo dove erano tenute. Grazie alla Guardia Costiera di Lampedusa e alla Guardia di Finanza, si è venuti a conoscenza che la ragazza era stata identificata come Welela dai suoi stessi compagni di viaggio; aveva 20 anni». Per la sepoltura, una donna dell’isola ha offerto un loculo della propria famiglia. In modo del tutto fortuito «siamo poi entrati in contatto con il fratello che vive in Germania: sapeva della disgrazia ma non dove sua sorella fosse sepolta; ci ha mandato una foto da mettere sulla tomba», aggiunge Garatto.
In tutte le diocesi italiane e all’estero si trovano iniziative specifiche. Nella diocesi di Siena-Colle di Val D’Elsa-Montalcino da alcuni anni è in corso un progetto di reinserimento lavorativo in Romania delle famiglie rom residenti sul territorio della provincia: una dozzina quelle coinvolte finora. Tra le iniziative all’estero interessante è quella promossa dalla delegazione delle Missioni cattoliche Italiane in Germania, «Nuovi arrivi», che mira a informare correttamente gli italiani che desiderano trasferirsi, sulla situazione che si vive in Germania, che «non è assolutamente quel ‘paradiso terrestre’ che troppi media vogliono far credere», spiega il delegato padre Tobia Bassanelli.