Vita Chiesa

Da Pontassieve in bicicletta pedalando con «santa follia»

di Riccardo BianchiChe siano pazzi non c’è dubbio e sono loro stessi i primi ad ammetterlo, ma oramai chi li conosce si è abituato e a queste follie non ci fa quasi più caso. Chi invece non li conosce e sabato 20 Agosto li ha visti arrivare in bicicletta nella spianata di Marienfeld ed è venuto a sapere che erano partiti dieci giorni prima da Pontassieve, il loro paese, è rimasto un po’ perplesso. Ma non è niente di strano, è il modo di compiere pellegrinaggi di Riccardo Clementi e Daniele Piccioli, due ragazzi poco più che ventenni che già l’anno scorso sono andati a Santiago de Compostela in sella alle loro due ruote e da questa esperienza hanno tratto anche un libro.

Dalle loro risposte traspare un’incredibile spiritualità, dimostrazione che le loro avventure non sono semplici faticate o comuni ragazzate, ma veri e propri percorsi di fede abbinati alla loro passione, la bici.

Ragazzi, raccontateci un po’ il vostro viaggio.

«Siamo partiti il 10 agosto con pochissimo allenamento nelle gambe, errore che subito abbiamo sentito il primo giorno sul Passo della Futa, che si è rivelato un autentico calvario. Ma non ci siamo scoraggiati e con i giorni sono arrivati sia la forma fisica sia molti grandi doni: ci hanno ospitato ovunque, dai monasteri alle parrocchie ai seminari, per arrivare alla calorosa ospitalità riservataci da alcune famiglie della Baviera e da Padre Raimund a Colonia. Ci sono stati anche molti imprevisti, come i copertoni che ad un certo punto hanno deciso di abbandonarci, ma, si sa, pellegrino è colui che continua a sperare nel Cammino, anche quando le circostanze sembrano tradirlo, e infatti la grande giornata finale a Marienfeld è stata la ricompensa più bella che potessimo desiderare».

Come nasce questa vostra «passione», se così si può chiamare, per i pellegrinaggi su due ruote?

«Ci siamo conosciuti in mountain bike sulle colline fiorentine; avevamo bisogno di fare esperienze di fede più mature che si confacessero ai nostri talenti, come dice il Vangelo. E dato che il nostro talento era la bici, quale migliore scelta di un pellegrinaggio in bicicletta? Santiago de Compostela è stato il principio di questa intuizione e al contempo la logica conseguenza di un cammino di fede iniziato dentro di noi. Il tutto, potremmo dire, si è trasformato in quella rivoluzione interiore che solo Dio sa fare».

Cosa vi hanno lasciato tutti gli incontri del vostro viaggio?

«Alla partenza avevamo paura di non essere accolti, ma è bastato poco perché questa paura svanisse. Tutti quelli che ci hanno ospitato hanno riempito le nostre bisacce di amore ed amicizia. Era come se, tappa dopo tappa, ogni incontro aggiungesse un tassello al mosaico del nostro pellegrinaggio, e arrivati a Marienfeld il nostro mosaico era completo».

Un tempo la parola «pellegrinaggio» era abbinato alla parola «fatica» poiché lo sforzo fisico aumentava la fede. Ritenete che il collegamento possa essere ancora valido?

«Sì, perché senza sacrificio non c’è conquista. La fatica abbinata alla preghiera ristora l’anima, la purifica dai detriti che come zavorra si sono accumulati. Lo diciamo perché lo abbiamo provato».

Cosa pensano di voi i vostri amici, le vostre famiglie e soprattutto don Salvatore D’Amicis, il vostro viceparroco che ha scritto la vostra lettera di presentazione?

«La lettera di Don Salvatore era talmente bella che spesso ci “guadagnavamo”, già prima di farne la conoscenza, la fiducia di chi ci ospitava. In generale alla vigilia dei pellegrinaggi sia amici che famiglie pensano che siamo un po’ pazzi per metterci in viaggio ed affrontare tutti gli imprevisti. Quando torniamo, però, cambiano idea e capiscono che quello che ci anima è quella “santa follia” che ogni cristiano dovrebbe sostituire nel suo cuore a varie forme di bigottismo e arroccamento. È la gioia di aprirci al mondo e di dire agli altri che Cristo dona felicità ciò che, alla fine, emerge dal nostro pellegrinaggio e che, purtroppo, nella nostra quotidianità, tra studio, lavoro e stress, fatichiamo di più a trasmettere».