Pisa

Da Pisa al Braile, un’estate nelle favelas

Zaino leggero , cuore aperto all’incontro e alla condivisione con i ragazzi e le famiglie dei villaggi più poveri del Sudamerica. È l’esperienza che stanno vivendo nove pisani in questi giorni a Foz do Jguacu, dove operano da molti anni padre Arturo Paoli e Miriam Ricci, due missionari assai conosciuti nella nostra diocesi.I missionari pisani sono accompagnati da don Italo Lucchesi, giovane parroco dell’unità pastorale di Agnano, Mezzana e Colignola: «Vivremo un’esperienza di un mese – dice il prete da noi raggiunto alla vigilia della partenza – condividendo preoccupazioni, sogni e progetti di padre Arturo Paoli e dell’associazione “Afa” promossa anni fa da Miriam Ricci e dalle donne brasiliane. Presteremo la nostra collaborazione nei servizi già avviati: il doposcuola, l’ambulatorio, la scuola di cucito e di ricamo e di informatica. La missione è già ben avviata ed organizzata, ma la manovalanza… è benvenuta: c’è bisogno di imbiancare, costruire, restaurare le baracche». Realtà, queste, sorte per dare dignità soprattutto a giovani e donne, deboli tra i deboli nelle favelas brasiliane. «La favela si trova alla periferia di Foz do Iguacu – spiega il nostro – una grande città brasiliana che deve la sua fama alle spettacolari cascate da anni mèta di turisti provenienti da tutto il mondo. Una ricchezza, quella turistica, che non è riuscita a toccare i più, che continuano a vivere ai margini. Una marginalità non solo economica, ma anche morale: qui molte famiglie sono disgregate e divise e abusi e violenze sono cronaca quotidiana». A Foz do Iguacu, don Italo Lucchesi prenderà contatti anche con la parrocchia a cui fa riferimento la favelas: per conoscere meglio la realtà religiosa di quel territorio.Nicoletta Bartolozzi, operatrice di «Casa Betania», fa parte della spedizione pisana: «Sognavo da tempo un’esperienza di questo tipo – ci confida – da piccola mi dicevo “voglio fare la dottoressa per lavorare in una missione” poi le circostanze mi hanno portato a scegliere diversamente. Ora questa opportunità. Da alcuni anni ho messo da parte i miei risparmi pensando ad una esperienza missionaria».Con quali aspettative si avvicina a questa esperienza? «Con la paura di restarne “affascinata”. Sto seriamente pensando alla possibilità di trasferirmi, almeno per sei mesi all’anno, in un mondo diverso da quello in cui vivo a Pisa». Nicoletta si è preparata a questo campo di lavoro in Brasile studiando gli elementi basilari della lingua portoghese e si dice disponibile a offrire il proprio servizio in cucina, con i bambini, nei laboratori, insomma laddove le sarà richiesto. Giovanni Bindi, 31 anni, di Villa Collemandina (Lucca), un lavoro in Emilia Romagna. Anche lui farà parte della spedizione pisana: «Sono venuto a conoscenza di questo progetto da mia sorella che abita a Mezzana, dove svolge il suo servizio pastorale don Italo Lucchesi. Era da tempo che intendevo fare questa esperienza ed ho iniziato a frequentare il gruppo missionario che si ritrovava ogni settimana a Colignola». Con quale spirito parte?«Con l’obiettivo di fare cose utili. La manualità non mi manca. Ma vado anche per osservare. Attraverso questo percorso voglio far luce sul senso della mia vita. Sto cominciando a riflettere, a farmi molte domande anche in tema di fede: avevo dimenticato quel Signore sulla croce, ma ora… sto cominciando a riavvicinarmi».La spedizione pisana si recherà anche a Bahia, dove opera l’associazione «Agata Smeralda» e a Fortaleza, dove un sodalizio di Livorno si occupa di adozioni a distanza.