Toscana
Da Loppiano una proposta per una nuova cittadinanza
«Percorsi di fraternità»: questo il titolo dell’iniziativa tenutasi a Loppiano tra il Movimento dei Focolari e le Comunità islamiche di Italia, l’incontro è stato caratterizzato dalle esperienze che in diverse parti di Italia stanno facendo cittadini accumunati da un unico obiettivo la crescita comune nel segno dell’affermazione del bene.
All’incontro era presente Elzir Ezzedine, Imam di Firenze che ha portato i saluti della comunità islamica toscana e dell’UCOII di cui è presidente, ma erano presenti esponenti e membri delle comunità islamiche del Veneto, Reggio Emilia, Friuli Venezia Giulia, Perugia, Roma, Abruzzo, Ravenna, e associazioni del Ticino, di Padova, di Treviso, di Vicenza, di Pordenone e di Bolzano.
L’Imam di Firenze ha sottolineato l’importanza che ha avuto nella sua formazione religiosa il dialogo interreligioso iniziato 20 anni fa al Centro la Pira ed «è anche grazie a questa esperienza che ho accettato la presidenza dell’UCOII, Dio ha dialogato con Satana così come con Adamo, Dio ha lasciato che noi proseguissimo: il dialogo tra i coniugi, con i figli sono tutti momenti che richiedono coraggio e sacrificio«. Grazie a questo camino ha aggiunto «non uso più nelle mie prediche la parola Infedele ma Diversamente Credente. Questo non vuol dire che vogliamo creare un minestrone ma dobbiamo imparare a conoscerci, vogliamo essere parte integrante di questo paese e ciò comporta maggiore responsabilità per costruire un’unica famiglia umana di cui naturalmente siamo già parte ma che dobbiamo impegnarci perché diventi anche una comunità accumunata da valori».
Questa esigenza di un nuovo patto sociale, di creare un nuovo sentimento di cittadinanza è stata la scoperta dell’incontro di Loppiano, come afferma Roberto Catalano del Movimento dei Focolari, «in realtà in Italia i frutti di questo percorso sono nati in maniera spontanea, come abbiamo voluto richiamare nel nostro incontro portando direttamente le esperienze tra le comunità nate in tutta Italia, esperienze che hanno avuto come tratto unificante l’idea di costruire diritti e valori condivisi ritrovandoci su una serie di priorità care anche al movimento: i giovani e la famiglia. Siamo partiti dalla quotidianità, e abbiamo compreso che sia i cristiani che i musulmani possono contribuire a costruire il bene comune. Nei mussulmani abbiamo scoperto una forte esigenza di sentirsi cittadini, quindi la prospettiva è costruire un nuovo concetto di cittadinanza».Il punto di partenza rimane chiaramente la comunità questo perché ha aggiunto Catalano «dialogo si fa tra i seguaci delle religioni non tra le religioni, chiaramente Loppiano ha testimoniato che c’è un dialogo anche tra i vertici, lo testimoniano le parole delle istituzioni e soprattutto del Vescovo Mansueto, ma soprattutto vi è un dialogo tra persone normali e abbiamo dimostrato che attraverso micro realizzazioni questo è possibile».
Il tema del Dialogo è stato declinato, durante la giornata in vari modi, attraverso citazioni e riflessioni tratte dalla Bibbia e dal Corano e brani tratti dalla tradizione Sufi e possiamo riassumerlo con le parole del teologo islamico Adnane Mokrani con la parola «esclusivismo»: «l’orgoglio religioso tende a considerare la propria religione migliore di quella degli altri e ciò ha portato nella storia a pericolose derive. La vita è lo spazio della prova e gli ostacoli sono parte della nostra vita, vi sono ostacoli naturali determinati dalla nostra diversa provenienza e storia, e vi sono ostacoli posti dall’uomo: la religiosità identitaria volta a proteggere un corpo sociale, quest’ultima non si basa sull’amore con Dio ma molti sono pronti a investirci». Affermazione a cui ha fatto eco, chiudendo l’incontro l’Imam Layachi,nuno degli organizzatori: «la paura richiama la responsabilità di tutte le persone di buona volontà, della società civile, delle associazioni, per portare soluzioni contro le sacche di illegalità e di degrado». «Dovremmo sentirci ha continuato a qualsiasi cultura o religione apparteniamo, cittadini e custodi del bene comune». «Il mio richiamo alla comunità musulmana in Italia è questo: essere cittadini più attivi e responsabili, uscire dai nostri ghetti, metterci in rete con gli altri».
A Roberto Catalano, del Movimento dei Focolari, da sempre impegnato nel Dialogo interreligioso prima in Asia e adesso in Italia, abbiamo rivolto alcune domande.
Il 31 si è tenuto presso Loppiano, la Cittadella Internazionale del Movimento dei Focolari, l’incontro tra il movimento dei focolari e le comunità islamiche italiane. Un incontro che chiude 20 anni di dialogo del movimento con l’Islam in cui è stato centrale il discorso di Chiara presso la Moschea di Arlem, e pensare che dopo un anno New York è stata segnata dal disastro delle Torre Gemelle, e contemporaneamente all’incontro di Loppiano veniva attaccata una Chiesa in Iraq, determinando una strage. Sembra che ci sia chi cerca di scrivere la storia in un modo e qualcuno la cancella per riscriverla?
«Indubbiamente mentre a Loppiano discutevamo e vivevamo insieme un esperienza, in Iraq veniva attaccata, da parte di alcuni fondamentalisti islamici, una chiesa cattolica, inasprendo un conflitto già drammatico. In questo caso non dobbiamo confondere l’Islam con gli autori degli attentati ai cristiani, altrimenti allo stesso modo potremmo dire che i problemi dell’Iraq sono stati determinati da paesi cristiani, questi fatti rischiano di minare il dialogo, la nostra strategia è far leva sulla quotidianità, sull’esperienza che uomini e donne vivono in Italia: l’educazione dei figli, la conciliazione tra lavoro e famiglia, è su questi fatti che si fonda il nostro dialogo, il sentirci parte di un’unica comunità. Abbiamo sicuramente un problema e cercherò di semplificare con quello avvenuto in Autunno, un Pastore evangelico Americano che gestisce una comunità di appena 50 persone ,ha affermato di voler bruciare il Corano. La notizia ha fatto il giro del mondo determinando in molti paesi disordini e manifestazioni, a Loppiano eravamo in 600 e purtroppo non abbiamo fatto notizia, questa è una responsabilità dei media. Si tratta di un processo lento ma che solo così riesce a sedimentare e a produrre risultati».
Mons. Mansueto Bianchi, delegato per il dialogo interreligioso nel suo messaggio di saluto alla platea di Loppiano ha dichiarato per «contrastare un’idea falsa dell’esperienza religiosa che si sta facendo strada nella cultura dell’occidente, secondo cui fomenterebbe divisioni e intolleranze». Vorrei commentare con Lei questa affermazione alla luce della sua esperienza in Oriente cosa avviene in Asia?
«L’Asia sperimenta da secoli una forte multi religiosità, quindi la società è caratterizzata da una forte tolleranza di base che in occidente non abbiamo. In ogni caso tolleranza non vuol dire dialogo e viceversa, infatti, anche in Asia, si vivono forti tensioni, ma sicuramente vi è un terreno più favorevole per l’incontro e il dialogo. Fin da prima di Cristo vi sono centinaia di episodi in cui Imperatori chiamarono alle loro corti intellettuali di religioni diverse e questo ha aiutato a realizzare una società più aperta, ricordo un Rabbino mi disse la nostra difficoltà di erge su due principi fondamentali, noi riteniamo di essere il popolo eletto e voi, cristiani di avere la Verità».
A Loppiano abbiamo incontrato e intervistato Khalil Zaynab, vice presidente del Forum europeo delle donne musulmane che raggruppa 40 organizzazioni, originaria del Kuwait, vive in Italia da 33 anni con i suoi 4 figli, per alcuni anni è stata presidente dell’Associazione della donne musulmane in Italia.
Qual è il contributo delle donne al dialogo tra le religioni?
«Ho sempre pensato, perché l’ho sperimentato, che le donne possono dare un grande contributo, anzi spesso possono essere loro che trascinano in questo percorso la famiglie e l’intera comunità Sono le donne che si confrontano più facilmente con i problemi quotidiani e intessono relazioni che permettono di far crescere questo dialogo sull’educazione dei figli, sulla scuola».
La vice presidente dell’UCOII è una donna: Patrizia Khadija Del Monte, qual è il ruolo delle donne nelle organizzazioni islamiche in Italia?
«Questa non è la prima volta che rispondo alla sua domanda e capisco che in Italia rivesti molto scalpore ma in realtà il Corano è chiaro, non fa nessuna differenza tra uomo e donna, in quanto ambedue verranno giudicati per le azioni che faranno nella loro vita e per la correttezza dei loro comportamenti. In Italia, nelle nostre organizzazioni non ho mai percepito delle difficoltà a essere riconosciute per le nostre competenze e capacità, pensi che in Germania, l’organizzazione omologa all’UCOII ha come presidente una donna e anche in quel caso la sua nomina non ha comportato nessun problema. Vorrei anche dire che purtroppo ho conosciuto qui in Italia cosa voglia dire essere diversi, nel mio paese ero abituata a confrontarmi con persone che avevano una religione diversa non sono mai stati percepiti diversi. Dio indicherà il migliore per le sue azioni non per ciò che appare».
A Loppiano abbiamo riscontrato come tutte le testimonianze che sono state presentate avevano un aspetto comune: la tensione verso il mondo giovanile, l’esigenza comune di investire sulle nuove generazioni?
«Io ho avuto e cresciuto in Italia quattro figli nessuno di loro ha avuto problemi, da sempre si sono sentiti italiani, a scuola frequentavano anche l’ora di religione cattolica poiché insieme a mio marito ritenevamo che era importante che conoscessero la religione principale dei loro compagni. Oggi avverto inquietudine nei giovani delle comunità che frequentano la scuola di arabo, non si sentono appartenenti alla comunità di origine dei loro genitori e nel contempo non si sentono accettati, percepiscono che per essere accettati devono rinunciare ai loro principi anche religiosi, mentre la doppia cultura, doppia lingua dovrebbe arricchire non impoverire».
Qual è il suo impegno a livello europeo?
«Penso che l’Europa potrà aiutarci a superare le nostre difficoltà. L’Europa è già il frutto dell’unione tra persone con culture, lingue e religioni diverse, oggi la sfida è sentirsi europei e musulmani, e su questo stiamo promuovendo delle iniziative importanti».
Cosa pensa delle dichiarazione dell’On. Sbai e Santanchè, le più attive nel denunciare la condizione delle donne musulmane in Italia?
«Vede sotto certi aspetti hanno ragione, vi sono situazioni di ragazze obbligate a portare il velo o a sposarsi ma questo non ha niente a che fare con l’islam ma con la tradizione. Io stessa che vengo dal medio oriente, dove le donne da sempre hanno più diritti, ho difficoltà ad accettare e comprendere. La nostra associazione ha aiutato molte ragazze che si trovavano in questa condizione, abbiamo spiegato ai loro genitori che il Corano afferma una piena uguaglianza tra uomini e donne, la donna non può essere obbligata al matrimonio combinato, anche il velo non è uno dei precetti fondamentali del Corano, completa il percorso di fede, ma Dio giudicherà per le azioni non se hai portato o meno il velo, deve essere una libera scelta. Le dirò che per alcuni aspetti il Corano discrimina gli uomini ad esempio nel caso di eredità: alla figlia va quanto al figlio, ma mentre il maschio sarà obbligato a mantenere sia la sorella che la moglie, la donna potrà usare le risorse solo per le sue esigenze senza nessun obbligo, d’altro canto la prima moglie del profeta era una grande commerciante. La legge che vorrebbero far approvare contro il velo non è una legge per la libertà delle donne ma semmai per limitarla, le donne devono essere poste nella condizione di scegliere, la legge impedirebbe la scelta».