Opinioni & Commenti

Da folla anonima a persone salvate

di Franco VaccariSiamo entrati in Gerusalemme. Per noi che vediamo la città di Gerusalemme sui teleschermi e dopo poco la sentiamo ricordare dagli amboni delle chiese si realizza una sorta di strabismo psicologico, di dissonanza cognitiva, che rischia o di rinchiuderci in una fortezza liturgica con esito intimistico e spiritualizzante o di paralizzarci in una storia imbevuta di una tragedia assurda.

Conviene, allora, – come proponeva già don Mazzolari – prendere con una mano la Bibbia e con l’altra il giornale, assecondando quel fenomeno che colloca qualsiasi scena in un’alternante dinamica figura-sfondo. Se l’evento della Passione del Signore sta sullo sfondo delle infinite passioni che si consumano a Gerusalemme e dintorni ne ricaveremo emozioni e pensieri al pari di ciò che potrà avvenire se invertiremo la prospettiva, ponendo sullo sfondo del Triduo Pasquale fatti del nostro tempo. Quanto di quel dramma si rinnova oggi, diventando corso d’acqua viva capace di dissetarci ancora? San Luca ci ricorda che Gesù, entrando in Gerusalemme, provò gioia e pianto, coscienza di una possibilità di salvezza o di rovina: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace!». Con queste parole alle spalle, quell’ingresso è un’incisione di aratro in un campo indurito da anni di abbandono.

Lo seguiamo, afferrati da un vortice di volti, in una mescolanza di popoli. La folla è anonima, incalzante, ondivaga. Ci sono tutti in questo sbandamento: i discepoli svaniscono, gli apostoli consumano tradimento e suicidio, pane di quel giorno. Eppure spiragli di luce si aprono tra tanta oscurità: le donne, il ladrone, Maria, Giovanni, il centurione… Giuseppe d’Arimatea. Tutti in un dinamismo che li cambia interiormente: l’umanità è lentamente restituita alla sua integrità. Per tutti Pietro: dalla disponibilità a combattere, entrando nello schema della mentalità politica armata, all’uomo disarmato che sta ritto, qualche giorno dopo, nella piazza di Gerusalemme, annunciando il Risorto.Dove sono quei personaggi, se lasciamo lo sfondo e cerchiamo la figura in questa settimana?

Di nuovo tra la folla, a prima vista sempre anonima, da cui giunge qualche luce. Non di chi «ha la dignità della prima pagina»: parliamo di chi sembra non avere nome. Madri in lutto che in tante parti della terra sentono la comunanza del loro diverso dolore e tessono la trama della rivolta contro la violenza, persone che vivono con amore l’agonia propria o dei loro cari o trovano la morte per i vecchi e nuovi volti dell’ingiustizia. Non li riconoscete? Sono la ragazza polacca che ha lungamente abbracciato il Papa, ma anche l’amica, cui non è toccato quell’abbraccio. Sono quelli che oggi hanno sorriso o perdonato, che non si sono venduti per arricchirsi un po’. Forse, tra loro, c’è anche un uomo inginocchiato nel silenzio mattutino di una chiesa dove si avverte l’incenso della sera prima. Forse è lui l’uomo che sta abbandonando la superbia per ritrovarsi creatura. Creatura pasquale di una settimana che si rinnova. Senza garanzia alcuna: a noi, come agli apostoli, il rischio di trasformare il Risorto in fantasma. Fumi interiori, inquinanti non meno di quelli esteriori, possono appannare la vista. Il fantasma non è più né figura né sfondo: è il prodotto di un dubbio lasciato crescere senza limite, di un pensiero che ha confezionato alibi per tentare di morire forse quieti, ma non in pace.

Barsotti e Luzi, un inno alla vita