Arezzo - Cortona - Sansepolcro

«Da cristiani dentro la città nel segno della misericordia».

«In un momento in cui lo Stato sociale è messo a dura prova, i cristiani sono pronti a fare la loro parte e a collaborare con le istituzioni» per «fare passi concreti dentro la città nel segno della misericordia». È un invito a calarsi nelle pieghe del quotidiano e fra i problemi odierni quello che ha lanciato l’arcivescovo Riccardo Fontana durante la solennità del Corpus Domini che la diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro ha celebrato giovedì 3 giugno. Il modello che ha indicato Fontana è stato proprio quello della festa del Santissimo Corpo e Sangue di Gesù: i seguaci del Signore che scendono nelle piazze e nelle strade di Arezzo insieme all’arcivescovo e ai sacerdoti per rimarcare una presenza e per «fendere il buio di una società che ha perso il senso del cammino», ha detto il presule. Seguendo questo stile c’è bisogno di «cingersi i fianchi» per andare incontro alla «gente che ha fame o ha perso il lavoro» e per abbracciare «le tante persone che sono segnate dalla malattia o dalla sofferenza», ha sottolineato Fontana. Di fatto, un richiamo a un nuovo slancio o, secondo le parole dell’arcivescovo, a superare le fasi di stasi. «Da stasera i cristiani si rimettono in marcia», ha detto in piazza del Popolo, di fronte alla sede della Misericordia di Arezzo, al termine della processione e prima della benedizione eucaristica.La prima festa del Corpus Domini che Fontana ha celebrato in diocesi è stata improntata tutta sulla carità. Una parola che ha fatto da denominatore comune nell’omelia della Messa solenne celebrata in Cattedrale e nella riflessione nella piazzetta accanto alla Misericordia elogiata dal presule per lo speciale servizio che da secoli svolge. E al Corpus Domini erano presenti le 33 Misericordie della provincia di Arezzo con i loro labari che hanno sfilato per le vie di Arezzo e che sono l’esempio di come «i nostri padri abbiano compreso che il bene comune è più importante dell’interesse individuale», ha chiarito Fontana. Alla processione hanno partecipato anche i bambini della Prima Comunione con i loro genitori, i Musici di Arezzo che hanno salutato il Santissimo Sacramento all’uscita dalla Cattedrale e davanti alla basilica di San Francesco e la filarmonica «Guido Monaco». In prima fila i rappresentanti delle istituzioni locali e delle forze dell’ordine.La solennità del Corpus Domini è stata anche l’occasione che Fontana ha scelto per concludere l’Anno Sacerdotale indetto da papa Benedetto XVI. E proprio ai presbiteri ha dedicato gran parte della sua omelia in Duomo. «Siamo la mano di Dio che accarezza chi è nell’angoscia – ha detto l’arcivescovo ai settanta preti presenti –. E siamo gli occhi del Signore per rendersi conto delle necessità del nostro territorio». Significative le parole per descrivere la vocazione al presbiterato. «Non c’è modo più grande di essere benefattori del mondo che essere sacerdoti». Poi il richiamo ad «essere segni con il celibato e la povertà». Quando lo sguardo si è allargato alla società, l’arcivescovo ha toccato alcuni casi concreti. Prima gli immigrati: «Gli stranieri sono nostri fratelli e l’inclusione sociale ci appartiene». Poi i giovani: «Mi commuove che i ragazzi senza lavoro si mettano a servizio degli altri col volontariato». Quindi il ruolo della Caritas che «può aiutarci a capire che solo l’amore cambia la storia».Fontana ha spiegato anche il senso della processione dal Duomo alla piazza della Misericordia: «Dalla cattedra della Parola e della verità scendiamo nel luogo della carità». E così è avvenuto. Prima della conclusione, l’arcivescovo ha rinnovato l’appello alla comunione. «La nostra città non è una babele dove ognuno va per conto proprio. Serve, invece, lavorare insieme e non lasciare nessuno ai margini».Non è mancato un accenno al tema delle vocazioni, caro a Fontana. In Cattedrale l’arcivescovo ha spiegato che «alcuni giovani hanno annunciato di voler entrare in Seminario e questo è il frutto del ministero sacerdotale dei nostri amati preti».di Giacomo Gambassi