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Da Ciampi gli olimpionici di Torino
Con i toni entusiastici dell’Avvocato Agnelli, come gli ha ricordato Gianni Letta, della voglia di Olimpiadi a Torino Carlo Azeglio Ciampi aveva già sentito parlare ancora prima di diventare Presidente della Repubblica. Ha poi seguito dal Quirinale la difficile e vittoriosa campagna di candidatura, il non sempre tranquillo cammino di avvicinamento, la festa che per due mesi ha portato Torino, il Piemonte, l’Italia, in primo piano nel mondo.
Mercoledì 22 marzo, a due mesi dalla scadenza del suo mandato, Ciampi al Quirinale ha salutato e ringraziato quanti l’avventura olimpica hanno reso possibile e l’hanno fatta vivere come un successo non soltanto agli atleti, ma a tutto il paese.
Lo ha ricordato agli azzurri vincitori di medaglie che ha ricevuto al Quirinale, nel segno di una tradizione che ha sempre rispettato, in rappresentanza di tutti quelli che ai Giochi hanno partecipato, magari con minore fortuna. Armin Zoeggeler, carabiniere che a Torino ha fatto il bis d’oro nello slittino, gli ha riconsegnato il tricolore.
E Ciampi l’ha sventolato a lungo prima di stringere la mano a tutti gli atleti, olimpici e paralimpici, che gli sono sfilati davanti per ricevere le insegne delle onorificenze. Con una parola per ognuno, il segno della partecipazione che l’ha fatto essere sempre il primo a fare arrivare il proprio applauso per ogni medaglia, primo tifoso tra i tifosi degli azzurri, perché, come ha detto loro: “Ho condiviso con voi e con tutti gli italiani giorni di straordinaria passione sportiva”.
“Abbiamo mostrato – ha sottolineato Ciampi – le nostre qualità migliori: creatività, cura sapiente dell’ organizzazione, tecnologia di altissimo livello, straordinaria partecipazione umana. Nel corso di questi Giochi, l’Italia ha saputo esprimere il meglio di sé, come è solita fare nei momenti di difficoltà”. “Per i nostri ragazzi, per i ragazzi che sono qui con il Progetto Giovani oggi, voi atleti siete un modello – ha concluso il presidente della Repubblica -. Un modello di impegno, di serietà, di responsabilità, un modello positivo di affermazione e di successo che passa attraverso la volontà e il sacrificio. Una volontà e un sacrificio ancor più straordinari, come quelli di voi atleti paralimpici che, abituati a vivere lontani dai riflettori, come dice il vostro presidente Pancalli, avete dimostrato e continuerete a dimostrare come si affrontano e si superano difficoltà che possono sembrare insormontabili”.
Il grazie a Ciampi per avere “aperto ancora una volta le porte del Quirinale allo sport italiano” lo ha portato, in apertura di cerimonia il presidente del Coni Gianni Petrucci. Lo ha ringraziato, con un intervento che il Coni ha poi appreso essere stato molto apprezzato, per l’appoggio continuo in “sette anni straordinari”, per “lo spirito con cui c’é sempre stato vicino”, per “l’autonomia dello sport da lei sempre richiamata”. “Con lei – ha detto – sono nati l’affidamento del tricolore al nostro alfiere e la volontà che oggi è comune di cantare l’inno. Da Sydney a Salt Lake City ad Atene a Torino sono state scritte pagine straordinarie dello sport italiano”.
“Risultati – ha proseguito rivolgendosi anche al sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta – che sono stati possibili anche grazie all’autonomia che il Governo, e mi auguro il futuro, riconoscono allo sport e di cui ringrazio tutto il Parlamento”. In attesa della cena a Villa Madama, degli atleti e dirigenti azzurri con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, Letta ha portato agli atleti il saluto del Governo, come ha spiegato, al posto del sottosegretario allo sport Mario Pescante che è arrivato al Quirinale praticamente a cerimonia conclusa per un ritardo aereo da Milano. Ha sottolineato “la partecipazione di Torino e della gente del Piemonte scesa in piazza in maniera entusiastica per festeggiare un successo che resterà nella storia dei Giochi invernali”. E ha formulato un augurio: che lo spirito olimpico che ha permesso agli azzurri a Torino di battersi per onorare lo sport si trasmetta al paese “in un momento difficile che sta vivendo, perché l’avversario dopo non sia più avversario e tanto meno nemico”. (ANSA).