Opinioni & Commenti

Cultura e internet, le preoccupazioni dello scrittore

di Carlo LapucciCosì, lentamente, ma con una progressione costante, anche la vita spirituale entra nel computer, si informatizza. Avremo l’omelia del vescovo, il sermone del parroco per e-mail, come il certificato di Battesimo, e le cose cose che riguardano la parrocchia, la diocesi, la Chiesa, con la storia, la cultura religiosa, le Scritture, gli scritti teologici, la dottrina, la morale, la mistica tutto scorrerà attraverso l’etere, le schede, il silicio erodendo continuamente lo spazio al rapporto personale.

Scomparirà l’odore e la polvere delle biblioteche, il fascino dei libri antichi, della stampa perfetta. A molti è accaduto di trovare la fede, o perderla, in terre lontane, impervie, sperdute, leggendo per caso un libro: un giorno, senza batterie, o comunque senza supporti tecnici sofisticatissimi, non potremo leggere nulla.

Certamente è un grande passo avanti mettere anche nel campo dello spirito, e a disposizione di tutti, apparati ancor oggi difficilmente raggiungibili, semplificare le ricerche dei dati, documenti, saggi, offrire la massima informazione. Pensiamo anche al contributo offerto dal computer per la lettura dei Rotoli del Mar Morto. Ma certamente, come la tradizione scritta ha avvilito la fecondità della tradizione orale, anche quella informatica, da una parte potenzierà l’aspetto quantitativo, e dall’altra impoverirà quello qualitativo, in parole povere: restringerà il campo del rapporto umano diretto. L’informatica porta all’isolamento, al collegamento anonimo, laddove, ad esempio, la preghiera spinge verso la comunione. Comunicare a grandi distanze, anche con un videotelefono, non è propriamente essere insieme.

Forse è una nostra impressione data dall’abitudine: anche il messaggio evangelico lo identifichiamo mentalmente nel manufatto in cui è ospitato, in un supporto ignoto agli uomini di qualche millennio fa: il libro. Stentiamo a credere che i nostri posteri possano ricevere il messaggio della Salvezza attraverso i byte, come noi l’abbiamo letto nelle lettere dell’alfabeto.

Questa trasformazione ci lascia sconcertati: l’idea di dover correre su e giù in un computer per leggere l’Orlando Furioso, stranamente ci disaffeziona dalla poesia, si avverte quasi che il contatto con quei versi, impressi labilmente in uno schermo, come un’apparizione, una fantasmagoria, sia meno diretto e fecondo rispetto alla loro lettura sul foglio stampato per sempre e fissato nel tempo. Tutto cambia volto: le case, le città, i luoghi, le macchine, gli abiti, i divertimenti, i termini linguistici, le forme degli oggetti e tutto congiura a renderci irriconoscibile in breve tempo il mondo e a non riconoscerci più nel mondo. Ora anche quello che sembrava l’ultimo scoglio della stabilità, muta eccome. Tutte le ingenue identificazioni secolari decadono: eravamo abituati a coniugare le parole con le cose: il messaggio con la lettera, il sapere col libro, la proprietà con un documento, la ricchezza con la moneta. Invece tutto diventa pian piano evanescente: l’informatica riporta a questa realtà primitiva della labilità del titolo, del valore, del potere. Ad esempio: il danaro cola via dalla vita quotidiana, dalle casse, dalle tasche, dai tesori: diventa serie di cifre scritte su tessere, carte, fax, e-mail, dove i nomi personali sono sigle, codici, gli indirizzi serie di segni incomprensibili. Che faranno gli avari senza le pentole piene d’oro?

Il libro, da molti appena raggiunto, già fugge via, lasciandosi dietro una storia immensa e una colossale simbologia. Il sapere e la sua codificazione s’identificavano nel libro: le pergamene hanno superato i millenni; il documento informatico si appoggia su un supporto debole e vulnerabile. È luce che si è posata appena su una membrana: basta un po’ di calore, un’alterazione magnetica per cancellare tutto. Le macchine cambiano, cambiano i programmi: già ciò che è stato scritto da un programma venti anni fa, oggi non è più leggibile, se non con difficoltà. Certo che ogni realtà, come il libro, porta con se le sue metafore e il suo simbolismo; quindi modifica anche un poco la visione dl mondo e il libro è stato addirittura simbolo dell’universo. Se scontare si porta via anche una parte della rappresentazione. Pensiamo ai Libri Sibillini, al Libro del Corano, all’egizio Libro dei Morti, a quello della Genesi, di Ezechiele e il libro dell’Apocalisse che sta nella destra di Dio.

Vediamo i vantaggi pratici di questa benefica trasformazione, non riusciamo a immaginarne gli esiti, soprattutto cosa ci metterà nel cuore la sua labilità e la sua continua metamorfosi. Dio stesso nella liturgia era rappresentato con un libro a giudicare l’umanità: Liber scriptus proferetur in quo totum continetur unde mundus iudicetur: Sarà portato il libro contenente tutto quanto su cui il mondo sarà giudicato.

Difficile immaginare al suo posto un CD. O forse sta già nascendo un’altra simbologia?

Se Internet e cultura vanno a braccetto