Esprimo soddisfazione per la sentenza della Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo emessa a seguito del riesame della sentenza del 3 novembre 2009 nell’affare Lautsi contro Italia circa l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche in Italia per la quale il Governo italiano aveva presentato ricorso il 29 gennaio 2010. L’odierna sentenza della Grande Camera, che ha ribaltato il verdetto della sentenza adottata in precedenza, è un segno di buon senso, di saggezza e di libertà. Ad affermarlo è il card. Péter Erdő, presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee). Il carattere definitivo di questa sentenza prosegue il porporato – acquista un valore simbolico che va ben oltre il caso italiano come avevano testimoniate le numerose reazioni alla prima sentenza suscitate a livello europeo e mondiale. Oggi, secondo il presidente del Ccee, è stata scritta una pagina di storia. Si è aperta una speranza non solo per i cristiani, ma per tutti i cittadini europei, credenti e laici, che si erano sentiti profondamente lesi dalla sentenza del 3 novembre 2009 e che sono preoccupati di fronte a procedimenti che tendono a sgretolare una grande cultura come quella cristiana e a minare in definitiva la propria identità. Considerare la presenza del crocifisso nello spazio pubblico come contraria ai diritti dell’uomo sarebbe stato negare l’idea stessa di Europa, evidenzia il card. Erdő, che è anche arcivescovo di Esztergom-Budapest. Senza il crocifisso l’Europa che oggi conosciamo non esisterebbe chiarisce il porporato -. Per questo motivo la sentenza è prima di tutto una vittoria per l’Europa. Sono in accordo con la Grande Camera quando lascia intendere che le questioni religiose afferma il presidente del Ccee – debbano essere affrontate a livello nazionale da ogni Stato membro. Sono convinto che l’odierna sentenza contribuirà a dare fiducia nella Corte e nelle Istituzioni europee da parte di molti cittadini europei. Con essa conclude il card. Erdő -, i giudici hanno riconosciuto che la cultura dei diritti dell’uomo non deve per forza escludere la civiltà cristiana. (Sir)