di Renato Bruschi Il tema della maschera è più attuale di quanto si possa immaginare. Non ci si maschera soltanto a Carnevale, anche se in questo periodo dell’anno, il camuffamento è pacificamente accolto e vissuto come un rito collettivo. In realtà la maschera insegue sempre l’uomo, come la sua ombra. È una minaccia silenziosa e sottile, che trova ad esempio in internet un potente alleato. Attraverso la sintassi delle chat line, vengono aperti e schiusi innumerevoli sipari, che permettono all’io di celarsi, simulando ogni volta identità diverse. La letteratura ci ha abituato a fare i conti con le maschere. Pirandello ne ha fatto un punto di forza della sua poetica. Ma la maschera si colloca in un orizzonte archetipico e attraversa la storia dell’uomo come una dimensione parallela, essendo antica quanto la religione. Dall’epoca del neolitico, l’uomo indossa maschere per allontanare spiriti maligni, per svolgere riti religiosi. Nella civiltà greca la maschera è collegata con la nascita della tragedia, e quindi con il culto del dio Dioniso, il dio della maschera per antonomasia. Mascherarsi significa nascondersi, ma anche rivelare ciò che senza la maschera non si ha il coraggio di dire. Ogni giorno facciamo i conti con ruoli che la società ci impone e che spesso assumiamo come una «maschera». Alla fine siamo uno, nessuno, centomila. Dal V secolo d.C. a Roma furono abolite le feste pagane, il carnevale (saturnale) fu sostituito con la cristiana «festa della candelora» e così al tempo della dissimulazione, del regno di Dioniso, subentrò il tempo dell’ascesi, del ritorno quaresimale a Dio attraverso la penitenza. Il pagano si mascherava e il cristiano di spogliava. Ma quanto di pagano c’è ancora in noi? Quanto potente è ancora il fascino di Dioniso? La penitenza è un tempo di smascheramento, un tempo in cui l’uomo si riappropria di se stesso sfuggendo le lusinghe del dio dei satiri, che si offre anche nella veste dell’ebbrezza alcolica. Bacco è infatti la versione romana di Dioniso. La contrapposizione di Nietzsche tra il dio greco Dioniso e Cristo, lungi da essere una semplice opposizione filosofica. In questo contrasto infatti si delinea una metafora esistenziale fortissima: la vita può essere una maschera o l’adempimento di una missione. Non a caso Paolo ci dice che Cristo «spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo». Spogliarsi, ovvero smascherarsi e obbedire alla volontà di Dio. Ecco l’antidoto migliore per sfuggire alla seduzione del «carnevale che dura tutto l’anno».