Toscana

CRISTIANI IN IRAQ, MONS. MATOKA AL PARLAMENTO EUROPEO: SIAMO VENUTI PER DOMANDARE AIUTO

(Strasburgo) – “I cristiani dell’Iraq vivono con la paura del futuro”: mons. Athanase Matti Shaba Matoka, arcivescovo di Baghdad, porta l’esperienza quotidiana dei cristiani che vivono in Iraq nella sede dell’Europarlamento (Pe). Matoka racconta che “da quando si è sviluppata la guerra contro il regime di Saddan Hussein e dopo il cambio di regime, le difficoltà per noi si sono moltiplicate. I cristiani sono quelli che hanno sofferto maggiormente” per questi eventi. L’arcivescovo spiega quanto avvenuto il 31 ottobre, con l’attentato nella cattedrale che gli è affidata: “Ho negli occhi cinquanta morti e settanta feriti… Ma noi non siamo venuti qui a Strasburgo per chiedere una crociata di guerra, ma per domandare aiuto per costruire la pace nella nostra terra”. A suo avviso l’Unione europea potrebbe “sostenere il governo di Baghdad in questa fase, affinché esso dia prova di buona volontà nel proteggere i cristiani. Ma da solo il nostro governo non ce la può fare”.“I cristiani in Iraq vivono una doppia sofferenza. Anzitutto perché sono una minoranza, e poi per il fatto stesso di essere cristiani. Per noi è tutto difficile: fare catechesi, l’insegnamento, il diritto al posto di lavoro, l’accesso alle cariche pubbliche”. Mons. Basile Georges Casmoussa, arcivescovo di Mossul, porta nella sede dell’Europarlamento le difficoltà dell’esistenza dei fedeli cristiani nel paese mediorientale. “Vorrei che l’Unione europea incoraggiasse i musulmani moderati, che sono numerosi anche in Iraq, affinché costruiscano una democrazia in cui tutte le persone possano godere degli stessi diritti, compresa la libertà di religione”. Il Parlamento europeo ha recentemente votato una risoluzione contro la pena di morte inflitta all’ex vice presidente iracheno Tarek Aziz: lei cosa ne pensa? “Noi – risponde Casmoussa – siamo sempre contrari alla pena capitale e per questo ci siamo anche mobilitati e abbiamo sottoscritto petizioni”. Il suo racconto riprende: “In Iraq si spingono i cristiani ad abbandonare le città. E forse ad abbandonare l’Iraq stesso. Vengono recapitati alle famiglie volantini e lettere minacciosi. Non sono rispettate le nostre specificità culturali e religiose. Noi non rifiutiamo certo la convivenza con le altre religioni e vorremmo poter vivere e credere in pace”.E mons. Casmoussa aggiunge: “Si potrebbe pensare a una grande conferenza internazionale, da svolgere in Iraq o, se questo non è possibile, in Libano, che si occupi della tutela delle minoranze presenti in Medio oriente”.Sir