Politica & società
Cristiani e impegno sociale, ripartire dai giovani
Si apre oggi a Trieste la Settimana sociale dei cattolici italiani
Dal 3 al 7 luglio 2024 si tiene a Trieste la 50ª Settimana sociale dei cattolici in Italia organizzata dalla Chiesa cattolica italiana. Il tema quest’anno sarà «Al cuore della democrazia»: partecipazione, pace, lavoro e diritti, migrazioni, ecologia integrale sono alcuni degli argomenti principali. Presenti anche le delegazioni delle diocesi toscane.
Luca Pighini, professore di religione e direttore dell’ufficio Pastorale sociale e del lavoro a Lucca, spiega che, a seguito degli incendi che hanno colpito la zona di Massarosa, nel 2022 è stato avviato un cammino sinodale che coinvolge realtà sociali, del mondo del lavoro e del volontariato. Nel 2024 invece è stato promosso un percorso di formazione sull’impegno socio-politico rivolto ai giovani, che si svolge a cavallo della Settimana sociale. «È necessario riprendere seriamente in mano il tema della partecipazione dei cristiani all’impegno sociale e noi vogliamo farlo a partire da un focus maggiore sui giovani» spiega Pighini. La sua delegazione si recherà a Trieste conscia delle richieste che sono emerse lungo il cammino: la richiesta da parte sia di imprenditori che di sindacati di formazione al lavoro, inteso in senso cristiano, poiché questi vedono nella Chiesa un interlocutore importante, e anche la richiesta di una formazione al sociale e al politico. «Capire cosa sta succedendo nel mondo giovanile è la vera sfida; lavorandoci, vedo che hanno un’ottima capacità di partecipazione ma questa va sempre sollecitata e accompagnata, dovrebbero essere più coinvolti nelle fasi di progettazione non solo in quelle di formazione». Dopo la settimana sociale seguiranno infatti dei laboratori attivi riguardanti la partecipazione e l’economia in Versilia, a Lucca e in Garfagnana organizzata dai ragazzi di Economy of Francesco.
Ma come si coinvolgono i giovani nella politica? Come farli sentire attori protagonisti di questa e della società civile in generale? Come la Chiesa può aiutare? Queste sono alcune delle domande che ancora non hanno risposta e che generano molta curiosità nei confronti dell’evento triestino. Domande che per Alessandro Conti (direttore della pastorale sociale e del lavoro della diocesi di Massa Carrara-Pontremoli) fanno paura a coloro che sono abituati ad agire sempre nel medesimo modo. «In questo momento il futuro richiede qualcosa di diverso da quanto fatto fino ad oggi, serve un passo avanti rispetto al “si è sempre fatto così”» dice Conti. Lui, e la delegazione con cui partirà, si sono preparati insieme alla loro comunità attraverso la creazione di tavoli di discussione sui temi principali e con piccoli convegni su argomenti concreti come gruppi di acquisto solidale e avviamento dei giovani al mondo del lavoro (con l’apprendimento della lettura di una busta paga per esempio). Conti vorrebbe tornare da Trieste con nuovi strumenti per stimolare la diocesi nella quale opera, strumenti che permettano di fare «passi lunghi quanto la nostra capacità di camminare» spiega «passi troppo innovativi farebbero fare la fine del sognatore, che vola in alto senza avere i piedi per terra. Serve invece avere sia radici che ali, piedi ben saldi nel proprio territorio e ali per spiccare il volo».
Nessuno però meglio di chi giovane lo è veramente può dirci quali siano i principali ostacoli a una maggiore partecipazione: Fulvio Barni, delegato della diocesi di Prato, sostiene che principalmente i giovani mettono in dubbio di poter realmente incidere sulla realtà, provando molta incertezza di fronte a questioni complesse come quelle che gli vengono poste quotidianamente e che quindi potrebbero far pensare di essere «inefficaci». Inoltre è molto forte la paura di non avere strumenti o competenze necessari per poter esprimere un’opinione, ma in situazioni d’emergenza, sottolinea Barni, è evidente che la voglia dei giovani di partecipazione emerge forte e chiara, come è successo per l’alluvione a Prato. Il delegato è rimasto colpito anche da quanti giovani hanno partecipato al percorso preparatorio proposto da Caritas e da tutte le proposte di partecipazione giovanile che sono emerse, sotto forma di volontariato o formazione socio-politica.
Ma il problema della partecipazione non è solo giovanile, come sottolinea don Lorenzo Pasquotti della diocesi di Pitigliano, per il quale l’obiettivo è portare il dibattito a livello locale «il problema della democrazia non è uno dei primi temi della Chiesa ma è bene cominciare a trattarlo all’interno della comunità cristiana. Se il principio ispiratore è il Vangelo, il voto che si esprime dovrebbe seguire una certa linea». Un problema quello dell’incoerenza tra parole e atteggiamenti della classe politica che per il sacerdote non sono un problema solo italiano, ma europeo e occidentale. «La nostra è una diocesi che si estende dal Giglio all’Amiata, e che risente molto dell’eredità secondo la quale il clero non fa politica e conseguentemente qualcuno non riesce ancora a fare un passo in più per far sì che ci sia dialogo e dibattito tra società civile e clero. La vita, l’impegno, l‘ordinarietà comportano delle scelte e le scelte hanno una valenza politica sempre e comunque. Occorre capire come farci rappresentare tanto quanto come stare insieme, prima noi e poi i fedeli». Conclude don Pasquotti «recarsi a Trieste serve anche per vedere che tipo di realtà vivono gli altri, sono cose che non sempre sono presenti negli atti».
Nonostante le numerose criticità, Piero Morini (direttore della pastorale sociale e del lavoro della diocesi di Siena, Colle Val d‘Elsa e Montalcino) ricorda che l’obiettivo deve essere raccogliere tante buone prassi che trovino un riscontro concreto nelle realtà nelle quali verranno riportate. «Siamo tutti portati ultimamente a sottolineare le crisi e la complessità che viviamo, le tante assenze e mancanze, ma come cristiani siamo chiamati ad essere uomini di speranza, a vedere cosa c’è di buono e che è possibile la crescita. Anche se siamo piccoli e sono esperienze che sembrano faticose sono proprio quelle che portano speranza nella comunità», conclude Morini.