«I cristiani non vogliono la guerra». E’ quanto ha affermato mons. Jean Benjamin Sleiman, arcivescovo latino di Baghdad, commentando l’arrivo, previsto per oggi, in Iraq del card. Roger Etchegaray, quale inviato speciale di Giovanni Paolo II per la crisi irachena. “Una visita importante che ha il merito di gettare una luce di speranza in questa crisi che sembra priva di sbocchi”.In un’intervista concessa al Sir, l’arcivescovo raggiunto telefonicamente a Baghdad, si è detto convinto che “la presenza dell’inviato papale aiuterà la popolazione a vivere meno nell’angoscia. Il primo risultato concreto sarà quello di mostrare la vicinanza della Chiesa cattolica attraverso la preghiera del Papa e gli sforzi di numerose conferenze episcopali. In questi momenti è fondamentale non sentirsi soli e abbandonati”. Il popolo iracheno, ha aggiunto mons. Sleiman, “è angosciato e moralmente esausto, sfinito dal lungo embargo. Molti si abbandonano al fatalismo, molti altri preferiscono partire e raggiungere luoghi più sicuri in caso di attacco. Nessuno, in ogni caso, arriva a credere in una soluzione positiva della crisi”.Una soluzione da affidarsi completamente alla diplomazia: “seguiamo con attenzione ogni sforzo diplomatico. E’ meglio parlare di diplomazia preventiva che di guerra preventiva. L’augurio è che venga dato più tempo agli ispettori Onu”. “Questa missione di pace ha poi concluso – è anche occasione di una testimonianza forte verso il mondo islamico e il popolo iracheno. E’ importante che si sappia che i cristiani non vogliono la guerra, che la Chiesa ha sempre cercato di fermare ogni tentativo di guerra. Gli iracheni devono sapere che i cristiani di qui sono in comunione con i cristiani del mondo che rifiutano la guerra. Non è una guerra di religione e neanche di culture o di civiltà ma si tratta di una guerra che sa di economia”.Sir