Pisa

CRISI, LA RISALITA È LUNGA

di Andrea BernardiniI colpi di coda  della crisi economica potrebbero far molto male. Mentre alcune aziende, infatti, danno confortanti segnali di ripresa, altre ricorrono alla cassa integrazione in deroga.«È stato un periodo duro – commenta Anna Romei, assessore provinciale con delega a lavoro, formazione, welfare. Molte società – specie le più piccole – hanno fatto di tutto per non licenziare i loro dipendenti: ferie lunghe, ammortizzatori sociali. E, d’altronde, i dipendenti hanno stretto la cinghia fin troppo, rinunciando, in diversi casi, a percepire uno o più mesi di stipendio, pur di restare in azienda e di continuare a fare quello che hanno sempre fatto, con una competenza difficilmente eguagliabile».Il periodo più duro è passato?«Una ripresina  c’è. Adesso, però, le aziende stanno redigendo i loro bilanci di previsione. Ed è possibile che alcune decidano di affacciarsi sul futuro con molta prudenza e con meno dipendenti».soffrire sono soprattutto le piccole attività. Perché le grandi aziende hanno strumenti più solidi  (cfr la cassa integrazione e l’indennità di disoccupazione ordinaria) per rendere un po’ meno amara la fuoriuscita di personale. Qualche officina meccanica, centri di produzione di software, botteghe commerciali a Pisa e dintorni, imprese edili, falegnamerie, botteghe artigianali dove si produce tappezzeria destinata alla nautica o si realizzano o rifiniscono mobili da arredamento, in Valdera; calzaturifici, concerie, piccole aziende in cui si produce plastica o ceramica nella zona del Valdarno.«Ditte con due, tre, cinque o al massimo dieci dipendenti, che probabilmente mai avevano vissuto una simile situazione – commenta Giovanni Biondi, operatore del dipartimento politiche del lavoro della Cisl. I titolari, finché hanno potuto, hanno concesso ferie su ferie ai loro dipendenti. Ma le commesse continuano a scarseggiare  e adesso non rimane loro che ricorrere a quella particolare forma di cassa integrazione, che il Governo, da quest’anno, ha previsto in deroga alla normativa vigente».I sindacati rappresentano un formidabile osservatorio della crisi economica. Quando l’azienda intende ricorrere alla cassa integrazione in deroga, infatti, deve comunicarlo contestualmente anche a Cgil, Cisl ed Uil. Da alcuni mesi quattro operatori della Cisl (con Giovanni Biondi, anche Luca Calastri, Fabio Giannetti e Stefano Soldi), appena ricevono una segnalazione, prendono contatti con l’azienda, per avviare una trattativa sindacale: solo in presenza di un accordo con uno dei tre sindacati, infatti, la piccola azienda può ottenere dalla Regione Toscana di attingere ai fondi accantonati per questo ammortizzatore sociale, da destinare ai propri dipendenti.Quanto dura il periodo di cassa integrazione? «Da pochi giorni a qualche mese. E spesso va a singhiozzo. Le aziende vivono alla giornata, nella speranza che il domani sia migliore». Alcune, però, hanno la tentazione di trasferirsi altrove, anche all’estero, dove magari la manodopera o la materia prima costano meno. Ai sindacalisti il compito anche di capire quali sono le reali intenzioni dei titolari.Come venite accolti dai lavoratori?«Spesso sono sorpresi di vederci. In molte delle aziende in cui ci rechiamo, infatti – dice Biondi – non hanno mai visto un sindacalista. Al lavoratore forniamo tutti gli strumenti utili per capire quale possa essere il suo futuro in quella azienda per cui, fino ad oggi, ha prestato servizio».I fondi comunitari messi a disposizione delle politiche «passive» del mercato del lavoro «scadranno» con la fine dell’anno e non è dato di sapere, ad oggi, se saranno nuovamente finanziate.«Per il futuro, ci auspichiamo che possano essere finanziate molto di più le politiche attive del lavoro – osserva Roberto Cerretini, segretario generale aggiunto della Cisl. A crisi finita, quei lavoratori che non rientreranno nei piani di “ristrutturazione” dell’azienda, dovranno convertirsi per rientrare nel mercato del lavoro. Ma per far questo dobbiamo adeguatamente sostenerli nei percorsi formativi».Già adesso – replica Anna Romei – il Centro per l’impiego fa molto per «accompagnare» i lavoratori in cassa integrazione in deroga o in mobilità. Colloqui di orientamento, mini-percorsi formativi (da frequentare durante il periodo di assenza dal lavoro), stage nelle aziende che si rendono disponibili ad accogliere il lavoratore in cassa integrazione in deroga o in mobilità. Del resto è nello stesso interesse del lavoratore frequentarli: chi entro 48 ore dalla comunicazione di messa in cassa integrazione, non si reca al Centro per l’impiego, perde il diritto agli ammortizzatori sociali. Mercato del lavoro: ecco chi soffreÈ  in crescita il numero di disoccupati o inoccupati in provincia di Pisa: erano 30574 nel 2008, sono 37023 oggi. Un dato aggiornato al 12 ottobre 2009, ma in continua evoluzione. Sono in crescita costante anche le aziende che, in una fase di crisi produttiva, sono ricorse agli ammortizzatori sociali.Lo strumento più utilizzato è la cassa integrazione ordinaria. Solo nel mese di ottobre (secondo i dati forniti dall’Inps) sono state autorizzate 327745 ore di Cig (destinatari soprattutto operai, ma anche impiegati).Molte le aziende che hanno usufruito della cassa integrazione guadagni straordinaria (Cigs), concessa a fronte di piani di ristrutturazione: erano 206 i dipendenti collocati in Cigs al 31 dicembre del 2008, sono 518 quelli che ne usufruiscono oggi. Dal 1 gennaio di quest’anno esiste, poi, la cassa integrazione in deroga: è stata accordata a 1325 lavoratori; 718 uomini e 607 donne, 1076 operai, 125 impiegati, 123 apprendisti e un solo quadro. Due tra gli operai adesso in «cassa in deroga» sono minorenni, 140 hanno meno di 26 anni, 319 meno di 35 anni, 378 meno di 45, 341 meno di 55 e 145 hanno superato i 55 anni. 479.582 le ore di cassa integrazione in deroga richieste.Commenta Federico Pieragnoli (direttore di Confcommercio-Pisa): «Lo strumento della cassa in deroga, buono nella sostanza, ma ancora migliorabile, rappresenta una novità per molte aziende del nostro settore. C’ è una distanza culturale da colmare e per le aziende più piccole e meno organizzate è talvolta preferibile licenziare che avvalersi di questo importante ammortizzatore sociale». 445 invece i dipendenti di aziende con più di quindici dipendenti che sono stati inseriti nelle liste di mobilità. Di questi 302 sono uomini e 143 donne.Sono 1610 i lavoratori di aziende con meno di quindici dipendenti che sono stati inseriti in lista di mobilità (dato aggiornato al 9 ottobre).