Italia
Crisi: Istat, 4,8 milioni di italiani in povertà assoluta. La metà è al Sud
Secondo l’Istituto, più di un milione e 88mila (erano 977 mila) sono membri di famiglie con a capo un ritirato dal lavoro, 1 milione 506 mila di famiglie operaie (erano un milione 171 mila) e 764 mila di famiglie con a capo una persona disoccupata (erano 422 mila). Bassi livelli di istruzione, bassi profili professionali (working poor) ed esclusione dal mercato del lavoro sono fattori che, associati, connotano le situazioni diffuse di povertà del Mezzogiorno, riscontrabili tra le famiglie numerose, con tre figli o più. Il fenomeno cresce tuttavia in maniera generalizzata anche per chi ha diversi livelli di scolarizzazione e posizione professionale: tra chi ha il diploma di scuola media inferiore (dal 28% al 31,2%), superiore (dall’11,3% al 15,2%), tra i dirigenti e gli impiegati (dall’11,1% al 16,4%), tra gli imprenditori e liberi professionisti (dal 7% a11’8%).
Il 12,7% delle famiglie italiane è «relativamente» povero, per un totale di 3 milioni 232 mila persone, corrispondente al 15,8% della popolazione. Il 6,85% è povero in termini assoluti, in quanto non riesce a sostenere una spesa mensile minima necessaria per acquisire i beni e servizi essenziali a uno standard di vita minimamente accettabile: si tratta di un milione e 725 mila famiglie, cioè il 6,8% di quelle residenti, pari a 4 milioni 814 mila individui (l’8% della popolazione).
Secondo l’Istat, la soglia di povertà per una famiglia di due componenti risulta di 990,88 euro, ed è in calo di circa 20 euro rispetto a quella del 2011. I segnali di peggioramento sono diffusi in tutto il territorio nazionale, con una crescita al 4,9% al 6,2% nel Nord, dal 6,4% al 7,1% nel Centro e dal 23,3% al 26,2% nel Mezzogiorno. Analizzando le caratteristiche familiari, l’Istituto rileva che i nuclei numerosi, a partire dai tre componenti, sono tra quelli che vedono crescere l’incidenza della povertà, che passa infatti dal 4,7% del 2011 al 6,6% del 2012 per le famiglie con tre componenti, dal 5,2% all’8,3% per quelle di quattro, e dal 12,3% al 17,2% per quelle con cinque o più componenti.
Analogamente l’incidenza della povertà aumenta anche per le famiglie con un solo genitore: dal 5,8% del 2011 al 9,1% del 2012. Se si considera chi percepisce reddito, la povertà assoluta aumenta, sostiene l’Istat, «oltre che tra le famiglie di operai (dal 7,5% al 9,4%) e di lavoratori in proprio (dal 4,2 al 6%)», anche per «gli impiegati e i dirigenti (dall’1,3% al 2,6%) e nelle famiglie dove i redditi da lavoro si associano a redditi da pensione (dal 3,6% al 5,3%)». Ancora più critica la situazione per le famiglie il cui capofamiglia è una persona non occupata, per le quali l’incidenza di povertà aumenta dall’8,4% all’11,3% se il capofamiglia non lavora, e dal 15,5% al 23,6% se è in cerca di occupazione. Analogamente alla povertà assoluta, anche per quella relativa ci sono peggioramenti, osservabili con l’aumentare dei componenti del nucleo familiare, soprattutto in presenza di figli minori, ma particolarmente elevata quando la persona di riferimento della famiglia è in cerca di occupazione: si passa dal 27,8% del 2011 al 35,6% del 2012. L’unico miglioramento è per le persone anziane sole (dal 10,1% all’8,6%), ed è probabilmente dovuto al basso reddito da pensione, adeguata all’inflazione.