Toscana

Crisi economica, nel 2009 i toscani hanno perso mille euro a testa

di Ennio Cicali

Tre miliardi e mezzo di euro persi in Toscana nel 2009 per mancati guadagni, investimenti e debiti. È come se ogni toscano – neonati compresi – avesse perso mille euro per colpa della crisi. Un miliardo se n’è andato per i mancati guadagni, il monte salari si è ridotto di 2,5 miliardi lordi, non erogati in un anno dalle imprese colpite dalla crisi. Sono aumentate, invece, di un miliardo euro le sofferenze bancarie a causa delle precarie condizioni economiche di aziende e famiglie.

E’ il quadro aggiornato a dicembre reso noto dalla Cgil Toscana. La crisi coinvolge sempre più  le imprese e le persone: sono 1768 le aziende con più di 15 dipendenti, interessate dal calo di attività, ristrutturazioni e cessazioni, contro le 1263 del maggio scorso e 660 nel dicembre 2008; i lavoratori coinvolti sono passati a 150 mila nello stesso periodo (erano 132 mila in maggio e 100 mila nel dicembre 2008). In 290 aziende l’azione sindacale è riuscita a ottenere la cassa integrazione straordinaria in alternativa ai licenziamenti.

La crisi riduce i salari e di conseguenza i consumi: lo stipendio di 1.200 euro mensili di un lavoratore a cassa integrazione ne perde 5.000 in un anno. Uno stipendio di 1.200 di chi è senza tutele perde 15.600 euro in un anno. Come nel precedente trimestre la ricerca della Cgil conferma un dato occupazionale negativo, non pesantissimo, ma ormai generalizzato (con le eccezioni di Grosseto e, da un punto di vista settoriale, dell’industria alimentare) e che rischia di permanere a lungo anche in presenza di una ripresa degli indici produttivi.

Se nel primo e secondo trimestre 2009 la rilevazione segnalava indici occupazionali sostanzialmente negativi (rispettivamente, del -3 e del -5%), nel terzo trimestre la dinamica occupazionale,  deterioratasi quasi in sordina, fa segnare ora un sonoro meno 16,9%, con valori di almeno il -20% nella meccanica leggera e nella costruzione macchine. Forse anche per la dinamica temporale della disponibilità di ammortizzatori sociali, molte imprese non si fanno più carico del mantenimento dell’occupazione e si dimensionano su quantità sostanzialmente più piccole di fattori della produzione (in primo luogo, di occupati).

L’aumento della cassa integrazione interessa tutte le province. Pisa (+ 502%) e Livorno (+ 487%) guidano la poco invidiabile graduatoria, seguite da Firenze (+ 435%), Pistoia (+ 339%), Arezzo (+241%), Massa Carrara (+ 232%), Massa Carrara (+ 232%), Lucca (+ 208%), Prato (+ 185%), Grosseto (+ 165%).

Ma arrivano i primi segnali di ripresaPrimi segnali di ripresa per l’economia toscana già dal 2010. Non sarà una crescita esaltante, ma la fase recessiva sembra già superata. Occorrerà un po’ di pazienza perche ci vorranno alcuni anni per ritornare ai livelli di produzione e occupazione precedenti alla crisi. Rispetto a pochi mesi fa lo scenario appare migliorato e la fase recessiva sembra essere giunta al termine: nel 2010 il commercio mondiale dovrebbe tornare a crescere.

È all’insegna della speranza, ma anche della cautela, il rapporto di fine anno dell’Irpet (l’istituto regionale per la programmazione economica) intitolato significativamente «La ricostruzione dopo la crisi» curato da Stefano Casini Benvenuti e da Nicola Sciclone.

Non è stato un periodo facile quello che ci lasciamo alle spalle. Già dal 2008 Toscana aveva avvertito in modo più pesante gli effetti del rallentamento dei commercio mondiale. Le esportazioni di beni e servizi erano  diminuite e questa è stata la causa principale del peggior andamento dell’economia toscana rispetto a quella italiana.

Nel 2009 le cose sono peggiorate: calano produzione industriale, fatturato artigianale e spesa dei turisti stranieri. I primi 9 mesi segnano una grave caduta delle vendite all’estero in tutti i settori, da quelli più tradizionali da anni già in difficoltà, alla metalmeccanica e mezzi di trasporto che negli anni più recenti avevano registrato una crescita interessante.

Il dato più preoccupante viene dal mercato del lavoro: secondo l’Irpet nel 2010 perderanno il posto tra i 14 mila e il 19 mila toscani. «La disoccupazione – spiega Stefano Casini Benvenuti – che nel 2009 era stata contenuta con cassa integrazione e riduzione di orario, nel 2010 esploderà». Nel triennio 2008 – 2010 si potrebbero perdere 60 mila ore di lavoro, per gli ammortizzatori sociali sarà necessario un miliardo di euro.

Il 2010 dovrebbe essere per la Toscana l’anno in cui l’economia crescerà, anche se si tratterà di una ripresa assai contenuta, con un moderato ciclo espansivo dovuto soprattutto all’evoluzione del commercio mondiale. Torneranno a crescere le esportazioni all’estero, alimentando nuova fiducia negli operatori che dovrebbero tornare ad investire, anche se in misura ridotta, visto che nel corso della crisi il tasso di utilizzo della capacità produttiva si è decisamente contratto.

Il recuperato clima di fiducia dovrebbe incidere anche sulle famiglie i cui consumi, in realtà ancora fermi nel 2010, saliranno negli anni successivi, mentre la pubblica amministrazione manterrà una politica di moderata crescita della propria spesa.

Il 2010 potrebbe essere un anno di ripresa, nota l’Irpet usando il condizionale, non una crescita esaltante, ma in ogni caso la fase recessiva sembra essere superata. Questo grazie agli interventi della Regione Toscana e del governo nazionale che hanno depotenziato non poco una crisi che altrimenti sarebbe stata ben più grave.

«C’è il rischio che certe imprese decidano di chiudere – osserva Casini Benvenuti – Per questo è importante che le aziende non muoiano per agganciare la ripresa». Sarà importante capire quante (e quali) imprese, a seguito di una così rilevante caduta dei fatturati, decideranno di continuare la propria attività produttiva e quante decideranno invece di rinunciarvi. Si tratta in altre parole di vedere chi saranno i superstiti. Se fossero le imprese più dinamiche, la ripresa, già nei prossimi mesi, nota l’Irpet, potrebbe essere ben superiore a quella ipotizzata.

La via della qualità per uscire dal tunnelLa qualità può aiutare l’economia toscana a uscire dalla crisi, grazie al sistema manifatturiero di altissima qualità diffuso e radicato nei territori in grado di coniugare saperi antichi con design, innovazione e ricerca. Non a caso, molti dei grandi marchi italiani, dalla moda alla nautica, dalla meccanica all’arredamento, realizzano in Toscana le loro produzioni. Queste realtà sono state tra le prime a puntare sulla qualità e i dati dell’export prima della crisi confermano la validità di questa scelta.

La crisi può rappresentare un’occasione per ripensare comparti produttivi maturi e tradizionali, in un’originale interpretazione e declinazione in una prospettiva che può essere la via di uscita dalle difficoltà attuali. La Toscana ha tutte le carte in regola per affrontare questa sfida e tornare a competere puntando proprio sulla qualità, sul capitale umano, sull’innovazione e sull’ambiente, come conferma il rapporto di «Symbola, fondazione per le qualità italiane sulle qualità regionali». La ricerca messa in campo da Symbola, realizzata con il contributo della Fondazione Monte dei Paschi di Siena, misura il Piq (prodotto interno di qualità), evoluzione del Pil (la misura della ricchezza prodotta).

Il valore del Piq toscano nel 2008 è stato di 51.236 milioni di euro, largamente superiore alla media nazionale, determinato dai risultati di settori innovativi come la meccanica, l’informatica e il manifatturiero tradizionale. Anche il tessile, pur provato dalla congiuntura, si comporta bene.