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Cricelli (medici di famiglia): “A Natale il picco dell’influenza che si incrocerà con il Covid”

Perché la questione, adesso, è che il Covid si incrocerà con l’influenza. E rendererà la vità difficile a chi, prima degli altri, deve fare filtro nel territorio. Cricelli è fiorentino e svolge la professione sul territorio. Il suo è un punto di vista privilegiato per capire cosa sta succedendo.

Dottore, con quali sintomi si presentano in ambulatorio i suoi pazienti a rischio Covid?

«Da quando c’è la variante “delta” sono abbastanza stabilizzati. Si va da molto leggeri e banali tipo il raffreddore a sintomi più evoluti, analoghi all’influenza: improvvisa febbre alta e un po’ di mal di gola. Quando siamo in questa situazione dobbiamo sfortunatamente sospettare che si possa trattare di una delle malattie invernali che sono in pieno svolgimento. Prima di tutto l’influenza che è cominciata in maniera anomala quest’anno, con un’impennata di casi molto precoce. Poi non possiamo escludere il Covid-19 anche perché non riusciamo a distinguerlo: quando si presentano questi sintomi, soprattutto in persone a rischio e vulnerabili, immediatamente facciamo un tampone. Tutto ciò rappresenta sicuramente un sovraccarico che complica il lavoro, raddoppiandolo o triplicandolo».

Quando è previsto il picco dell’influenza stagionale?

«Se l’andamento in termini numerici e di crescita continuerà a procedere come sta andando in queste settimane, dovremmo avere il picco anticipato rispetto agli anni precedenti, quindi tra la fine di dicembre e l’inizio di gennaio. In quel momento avremo numerose persone influenzate, prevalentemente bambini, perché non hanno una memoria immunologica sviluppata quanto gli adulti che sono già venuti a contatto con altri virus influenzali. Gli anziani poi li stiamo vaccinando in maniera capillare: per la metà di dicembre li avremo vaccinati quasi tutti anche perché il caso dell’anziano che si ammala ci preoccupa molto di più di un bambino».

Nel Covid invece le persone che si ammalano di più sono gli anziani…

«Se andiamo a vedere come si distribuiscono i casi nelle varie classi di età, ci accorgiamo che le persone che hanno avuto più casi di Covid, anche adesso, non sono persone anziane ma giovani. La maggior parte dei contagi, con pochi sintomi o del tutto asintomatici, si riscontra proprio nelle fasce più giovanili (30-50 anni). Il paradosso è che questi casi noi non li vediamo perché non hanno sintomatologia seria e non producono, in genere, ricoveri. Mentre invece i casi di Covid tra gli anziani sono inferiori ma molto più gravi».

Gli attuali vaccini sono ancora efficaci?

«Certo. Abbiamo anche compreso che la prima e la seconda dose di vaccino hanno un effetto importante che però dura un certo numero di mesi e quindi dopo questo tempo come accade spesso con i vaccini occorre fare un richiamo. Ecco perché stiamo somministrando la terza dose. Senza i vaccini avremmo avuto dei disastri incredibili e il tasso di mortalità sarebbe stato altissimo, come l’anno scorso».

E sono validi anche contro la nuova variante «omicron»?

«Abbiamo visto che il primo caso italiano che ha contratto questa variante era vaccinato, con doppia dose: i suoi sintomi sono analoghi a quelli di un normale raffreddore. Siamo quindi fiduciosi che, anche nei confronti delle varianti, i vaccini abbiano una grande capacità di difesa e di risposta. Bisogna vaccinare più gente possibile, ormai non ci sono più dubbi. Le misure precauzionali devono restare sempre perché la battaglia contro tutti i virus si ottiene mantenendo tutte le precauzioni. Poi, quando sfortunatamente ci ammaliamo, abbiamo altre frecce al nostro arco come gli anticorpi monoclonali e i farmaci antivirali che, tra poche settimane, cominceranno a essere anche acquistati e distribuiti nel nostro Paese. Infine c’è l’opzione di vaccinare anche i bambini dai 5 agli 11 anni ai quali verrà somministrata una dose molto ridotta, calibrata per loro, che è un terzo rispetto a quella che viene somministrata agli adulti. In questo modo elimineremo un’altra grande fonte di rischio perché i bambini, che non hanno sintomi, possono trasmettere il Covid agli adulti».

Il Covid ha messo in crisi anche la medicina del territorio?

«Sì perché non è assolutamente adeguata in termini di strutture. Il Covid ha mostrato che ci vogliono studi grandi e personale perché, come medici di famiglia, in Toscana abbiamo fatto i tamponi, abbiamo somministrato i vaccini agli anziani e per questo la nostra regione è la prima in Italia per la somministrazione di vaccini agli anziani. La futura medicina generale che stiamo disegnando è fatta in spazi comodi e ampi dove la gente stia comoda e trovi tanti servizi».