Italia
Costituzione e bene comune, un documento per il «no»
§.2. Natura del giudizio: una valutazione eminentemente tecnica.
Il nostro NO prescinde del tutto da quella logica degli schieramenti politici che tende a riproporsi anche in occasione di questo voto che dovrebbe essere ispirato, invece, da valutazioni diverse a carattere eminentemente tecnico.
2)Questa riforma sottoposta al vaglio referendario consiste in una modifica molto profonda ed estesa, dalla quale è esclusa soltanto la prima parte della Costituzione vigente; modifica che è stata approvata con la sola maggioranza assoluta dei voti (in questo caso corrispondente con la maggioranza di Governo) su disegno di legge del Governo medesimo, ovvero senza la doverosa distinzione fra le due funzioni esecutiva e legislativa (di revisione costituzionale);
3)Le riforme costituzionali approvate con la sola maggioranza assoluta possono essere sottoposte a referendum confermativo. Si tratta di una grave elusione dei principi costituzionali in quanto il corpo elettorale sarà chiamato ad esprimersi con un semplice SI o NO su ben 57 articoli a contenuto altamente eterogeneo. È evidente che si impedisce, in questo modo, contro quanto affermato in altre occasioni dalla Corte Costituzionale, l’espressione di una volontà univocamente incisiva da parte del popolo sovrano sulle singole parti del referendum: cosicché si dovrebbe parlare, i questo caso, più che di referendum costituzionale di una sorta di inammissibile plebiscito;
4)Una così profonda modifica della costituzione approvata a maggioranza assoluta, rischia, inoltre, di mettere gravemente in crisi il senso storico della Costituzione Repubblicana, i cui principi fondamentali hanno costituito per 60 anni, un saldo punto di riferimento di tutto il popolo italiano proprio in quanto quei principi furono scritti attraverso l’incontro e la reciproca legittimazione di tutte le fondamentali culture politiche del nostro paese: quella cattolica, laica e socialista;
5)Anche in questo caso il nostro NO vuole sottolineare l’intangibilità dei principi fondamentali della Costituzione repubblicana, il rifiuto di modifiche globali al suo impianto e la necessità di approvare in futuro con la maggioranza dei due terzi dei voti del parlamento quelle modifiche funzionali della forma di Stato e della forma di governo che potrebbero adeguare alcune specifiche parti della Costituzione alle esigenze della nuova stagione politica e di un federalismo che appare da riformare anche rispetto alle modifiche introdotte nel 2001 a maggioranza assoluta;
7)Per quanto riguarda il federalismo, la nuova riforma costituzionale mette in piedi un sistema velleitario, confuso e, quindi, in definitiva estremamente pericoloso. La riforma del Senato rappresenta una occasione clamorosamente perduta, in quanto viene creato un Senato che, per la sua composizione, non riuscirà ad essere rappresentativo né degli interessi delle Regioni, né di quello nazionale e si troverà, perciò ad essere in permanente conflitto con la Camera dei Deputati, con una potenziale crescita esponenziale di ricorsi alla Corte Costituzionale;
8)All’abolizione del bicameralismo perfetto si sostituirà un procedimento di formazione delle leggi estremamente complicato a causa dei reciproci veti incrociati fra le due camere, in un sistema di distinzione delle competenze per materia fra le due camere che è estremamente e pericolosamente confuso e che sarebbe risolto, invece che attraverso la ricerca del consenso, dalla sola proposizione della questione politica da parte del Governo o dalla unilaterale prevalenza dell’«interesse nazionale».
9)Inoltre, dalla mancanza di una chiara distinzione fra le competenze dello Stato e di quelle delle regioni deriverebbe sicuramente una moltiplicazione dei centri di spesa pubblica, degli sprechi e potenzialmente delle ineguaglianze su base territoriale ed un aumento del tutto ingiustificato del costo della politica.
10)Il nostro NO è determinato dal pericoloso indebolimento di alcuni organi di garanzia;
11)Al di là della discutibile questione del potere di scioglimento anticipato del Parlamento, il Presidente della Repubblica, nominato da una pletorica assemblea con una forte componente federale, perderebbe il potere di autorizzazione dei disegni di legge governativi e vedrebbe ridotto il suo potere di nomina dei componenti della Corte Costituzionale da cinque a quattro dei membri della stessa;
12)La Corte Costituzionale rischierebbe di vedere indebolita la sua autonomia sostanziale, in quanto aumenterebbe il peso delle nomine di provenienza politico-parlamentari da cinque a sette (con la prevalenza, fra queste, delle designazioni federale da parte del Senato) a danno delle nomine provenienti dalle giurisdizioni superiori (sole quattro) e, come detto, dal Capo dello Stato;
13) Lascia alquanto perplessi la riforma relativa alle modalità di elezione del Vice-presidente del Consiglio Superiore delle Magistratura che viene sottratta al plenum del Consiglio medesimo attribuendola al Presidente della repubblica, mentre appare del tutto immotivata la modifica relativa alla suddivisione fra Senato e Camera dei Deputati della elezione dei membri di competenza parlamentare.
15) Dall’altra parte invece di razionalizzare il nostro bicameralismo e di offrire alle Regioni un più chiaro sistema di competenze e di risorse finanziarie, in cambio di una maggiore responsabilità per le scelte effettivamente compiute, stabilisce un federalismo confuso e fortemente conflittuale;
16) Questi motivi rendono, dunque, necessaria l’espressione di un NO al referendum confermativo dei prossimi 25 e 26 giugno a salvaguardia di un corretto metodo delle riforme costituzionali che non sia fatto a vantaggio della maggioranza al potere, ma al solo ed unico fine di migliorare con il concorso di tutte le componenti quelle singole parti della Costituzione che necessitano davvero di modifiche e aggiornamenti.