Toscana

Così la Rete ha cambiato la nostra vita

DI ANDREA FAGIOLI

Il grande sociologo Marshall McLuhan è passato alla storia della teoria della comunicazione soprattutto per alcuni testi come Il medium è il messaggio, che contengono i suoi concetti chiave tipo quello di «villaggio globale», riferito ad un mondo diventato uno e sempre più piccolo a causa dei mass media. E oggi, l’erede intellettuale di McLuhan, Derrick De Kerckhove, sostiene che «siamo diventati tutti individui globali grazie alle nuove possibilità di accesso alle comunicazioni satellitari e alle nostre infinite connessioni globali via Internet».

De Kerckhove, che insegna all’Università di Toronto in Canada e dirige il «McLuhan Program», partecipa in questi giorni a Napoli ad un convegno promosso dalla rivista «Desk» edita dall’Unione cattolica stampa italiana e dall’Istituto universitario Suor Orsola Benincasa. Ed è proprio a Napoli che lo abbiamo raggiunto per telefono.

Professor De Kerckhove, cos’ha cambiato nel mondo l’avvento di Internet?

«Tutto: ha cambiato la vita di coloro che lavorano, ha cambiato i rapporti tra una parte del mondo e l’altra, ha cambiato le cose come le aveva cambiate nel Rinascimento l’invenzione della stampa. Oggi è impossibile continuare a lavorare senza Internet. Anch’io all’inizio pensavo che Internet fosse pericoloso per l’uso del mio tempo, ma oggi non posso passare una giornata senza andarci. Quella che viviamo oggi è una storia che comincia con il telegrafo. Siamo nel corso di una trasformazione che attraversa due secoli. Non abbiamo ancora capito le proporzioni di questo cambiamento, però possiamo già vedere una trasformazione straordinaria nel comportamento delle persone che hanno accesso alle tecnologie elettroniche.

Dunque, a suo giudizio, Internet ha cambiato il mondo in positivo?

«Generalmente sì, anche se avvenimenti come quello dell’11 settembre nascono dalla possibilità di comunicare in segreto, di cospirare, e questo grazie anche a Internet. Ma questa parte negativa è meno grande di quella positiva, almeno per il momento. Quello che invece non sappiamo sono le possibili conseguenze. Ad esempio, l’avvento della stampa provocò duecento anni di guerre di religione, mentre la radio creò il fascismo e la seconda guerra mondiale. Pensiamo in questo senso alla Germania della Repubblica di Weimar con persone borghesi o contadine che d’improvviso diventano guerrieri armati fino ai denti pronti ad andare alla conquista del mondo. E tutto per effetto della radio. I media hanno infatti un potere straordinario di cambiamento per cui gli sviluppi non sono prevedibili, non sappiamo se ci saranno conseguenze catastrofiche per Internet. Finora, però, tutto è molto positivo».

E il presunto aggravarsi, di fatto, delle diseguaglianze tra Paesi ricchi e Paesi poveri, industrializzati e sottosviluppati….

«Non è vero nulla. Non sono affatto d’accordo con questa interpretazione. Internet è un beneficio per tutti anche se è vero che l’accesso non è uguale per tutti. Ad esempio in Africa è meno diffuso che in altre parti. Però, io stesso, due anni fa, a Bamako, proprio per un convegno sulla diffusione di Internet mi trovai di fronte duemila persone, anziché le trecento previste. Tutte erano venute per sentire come sviluppare Internet nel loro contesto. Ma non solo: un giorno, ad un vecchio mercato della città, dopo una lunga trattativa con un venditore ambulante (in Africa si fa sempre così quando si compra qualcosa), lui mi chiese l’indirizzo Internet. Se dunque in Africa non hanno accesso ad Internet come in altre parti del mondo, questo non vuol dire che crei una distanza più grande».

La diffusione di Internet, in particolare dei giornali on line, creerà problemi alla carta stampata?

«No. Ogni nuovo medium che conquista l’attenzione e il mercato non rende inutili gli altri. Per questo, i giornali tradizionali continueranno ad avere una loro funzione pubblica».

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