Toscana
Così la Regione progetta la salute
Il Piano Sanitario Regionale chiama infatti numerosi soggetti a collaborare alla sua attuazione, partendo dal principio che a determinare la salute sono molti fattori ambientali, economici, culturali e non soltanto gli investimenti in sanità. Ecco allora che accanto ai primi protagonisti, i cittadini toscani, sono chiamati a fare ciascuno la propria parte, anche i medici, il personale sanitario, il mondo del volontariato, i sindacati, gli enti locali, il privato e il privato sociale.
Il programma prevede alcune innovazioni. In primo luogo le «Società della salute», organismi che gestiranno l’assistenza extraospedaliera con il coinvolgimento degli enti locali e delle parti sociali e che verrannno sperimentati per tre anni. In secondo luogo, le «holding», che rappresentano la punta più avanzata della seconda fase dell’aziendalizzazione della sanità toscana. «I nostri obiettivi conclude l’assessore Rossi sono quelli di fornire risposte sempre più adeguate alle realtà locali e ai bisogni dei cittadini e di risparmiare nella gestione del sistema per investire in assistenza ed in innovazione. Consideriamo la salute un bene che si costruisce e si mantiene con la partecipazione ed il contributo di tutti i soggetti e di tutti i settori. Questo è un Piano che interagisce e che ispira le politiche regionali e locali nel loro complesso. Ci attende un lavoro impegnativo per raggiungere un traguardo ambizioso: migliorare la salute e le condizioni di vita dei cittadini della Toscana».
Non sono mancate osservazioni e critiche al Piano sanitario regionale. Marco Carraresi, capogruppo del Ccd in Consiglio regionale, ha fatto un lavoro di analisi molto approfondito, puntiglioso. E alla fine il giudizio complessivo «non è positivo». «Pur condividendo lo spostamento di interesse verso il piano per la salute osserva lo sviluppo del Piano evidenzia però un palese contrasto tra le finalità preordinate e le sue concrete attuazioni».
Carraresi risconosce però che nell’elaborazione del piano la Giunta ha proceduto in modo diverso rispetto al passato cercando maggiore collaborazione. «Fino ad oggi sottolinea pareri, consultazioni, presentazioni di emendamenti rischiavano di rappresentare solo atti dovuti, che non venivano poi presi minimamente in considerazione dal Governo regionale. Invece, in queste settimane, abbiamo avuto modo di apprezzare un diverso atteggiamento da parte della Giunta di fronte alla proposta di Piano sanitario: non un documento inemendabile ma, viceversa, un testo aperto al contributo anche delle altre forze politiche, prime fra tutte quelle dell’opposizione, e di conseguenza capace i recepire numerosi emendamenti».
Fra gli emendamenti accettati dalla Giunta al testo oridinario ce ne sono alcuni che riguardano il rapporto pubblico/privato che hanno ricadute pratiche sui cittadini. «Importante conclude Carraresi è la libertà di scelta del cittadino, proposta dai popolari, di ricorrere alle prestazioni dei produttori accreditati quando la struttura pubblica non è in grado di assicurare le prestazioni, anche prescindendo dai tetti di spesa stabiliti dai contratti, quando vengono superati i tempi massimi di attesa». I limiti stabiliti sono questi: 12 ore per l’urgenza, 72 ore per le priorità, 7 giorni per l’attenzione, 30 giorni per la routine, 4 mesi per i dilazionabili.
Un lavoro altrettanto approfondito sul Piano sanitario regionale è stato fatto dal neonato Osservatorio giuridicolegislativo dei vescovi toscani diretto da mons. Antonio Cecconi. Il lavoro dell’Osservatorio si è soprattutto soffermato sul terzo settore e sul ruolo che deve avere nel campo dei servizi sociosanitari. «È importante afferma mons. Cecconi che sia mantenuto un preciso ordine valoriale quando si vanno ad elencare i seguenti soggetti: istituzioni e servizi pubblici,, terzo settore, privato profit. Tale successione trova fondamento nella finalità sociale e solidaristica del servizio pubblico e del terzo settore, a differenza della legittima finalizzazione al profitto dell’imprenditore privato».
Un distinzione, secondo il direttore dell’Osservatorio, deve essere fatta poi all’interno del terzo settore tra impresa sociale non profit e volontariato. «I vari soggetti di impresa sociale precisa hanno un forte ruolo, e vanno tenuti nel debito conto, nella programmazione concertata e nella gestione dei servizi. Mentre il volontariato, che per sua natura non può né deve gestire servizi, ha soprattutto il compito di umanizzare i servizi, accompagnare le persone, farsi voce e avvocato dei poveri, tenere viva nella comunità una cultura di accoglienza, altruismo e gratuità».
Infine un’osservazione sull’assistenza religiosa. «Per quanto possibile conclude mons. Cecconi andrebbero migliorate le opportunità di assistenza religiosa nei luoghi di cura, in un’ottica di servizio alla persona e di vera attenzione alla globalità dei suoi bisogni».
LE HOLDING. Prende il via la seconda fase del processo di aziendalizzazione delle Unità Sanitarie Locali e delle Aziende Ospedaliere che serve anche ad aggregare alcune delle funzioni delle Asl risparmiando circa il 10% delle spese sostenute oggi, che ammontano a circa 2.000 miliardi l’anno.
MENO LIVELLI DI GOVERNO. Si rende più snello il governo della salute attraverso l’aggregazione della zonadistretto. Oggi la piramide della sanità toscana è formata da Regione (1), aree vaste (3), Asl (12), Zone (34), distretti (56). Il Piano prevede l’abolizione dei 56 distretti e la creazione delle 34 zone-distretto.
L’AREA VASTA. Le aree vaste sono tre: quella della Toscana del centro nord, che comprende le Asl di Firenze, Empoli, Prato, Pistoia e le Ao di Careggi e del Meyer; quella della costa che comprende le Asl di Massa Carrara, Lucca, Viareggio, Pisa, Livorno e la Ao di Pisa; quella del centro sud che comprende le Asl di Arezzo, Siena, Grosseto e la Ao di Siena.
LE SOCIETÀ DELLA SALUTE. Si occupano della gestione della sanità in area locale per la parte non ospedaliera. Verranno sperimentate per 3 anni. Vi partecipano le Asl, i Comuni, le parti sociali (cittadini, associazioni, sindacati, privato e privato sociale), i medici di famiglia. Sono società senza scopo di lucro e hanno l’obbligo di reinvestire i risparmi in migliori servizi o aumento delle prestazioni. Il loro livello territoriale di riferimento è quello della zona-distretto.
IL COSTO. La manovra totale è da 9.100 miliardi di lire per il 2002.