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Così la cultura toscana ispirò il dialogo
Un altro esempio: l’impegno delle diocesi a lavorare culturalmente contro la pena di morte e ad appoggiare le campagne di moratoria, la sottolineatura non banale di modelli spirituali, da Caterina da Siena a Giorgio La Pira. Ancora: ministero di Wojtyla su pace e guerra e ricezione e promozione nella regione. Si tratta di piste di studio, aperte all’approfondimento, sulle quali ci si può inoltrare con alcuni dati. Giovanni Paolo II, il 2 giugno 1986, si rivolgeva ai vescovi della Toscana ricevuti in udienza, sottolineando che «in effetti la storia non solo d’Italia, ma del mondo intero, è segnata dal peculiare contributo letterario, artistico, scientifico e spirituale operato dalla vostra terra». Si tratta di ricchissime riserve di genialità «nei vari campi della espressione umana, che occorre coltivare ed incrementare, non limitandosi a farne oggetto di contemplazione retrospettiva, ma vedendovi una viva sorgente di ispirazione e di impegno per vivere anzi rivivere ed emulare nel presente la lunga storia delle vostre città. Oltre a spingervi e apprezzare e coltivare i perenni valori dello spirito incarnati nelle lettere, e nelle arti, vi stimola ad un costante rinnovamento etico e morale che attinge alle fonti di cui è permeato il tessuto culturale e sociale delle vostre popolazioni».
Pochi mesi dopo, Wojtyla avrebbe raggiunto Firenze, riproponendo questi temi ai giovani, in piazza Santa Croce: «Strappate a questi vostri antenati il segreto della fioritura del bello, del buono, del vero, il mondo abbisogna di uomini e donne che sappiano raccogliere l’eredità di quanti ci hanno preceduti». È l’insistere su un nuovo umanesimo fatto non solo di ricordi, quanto di creatività ispirata al Vangelo e ai contesti del presente. Del marzo ’91 è la visita ad limina. Wojtyla torna sui concetti espressi nelle visite pastorali, circoscrivendo i problemi. Da una parte invita i vescovi a lavorare «per ricostruire il tessuto cristiano delle vostre comunità», dall’altra a «rilanciare il messaggio universale della bellezza e della bontà di questa terra senza la quale il mondo sarebbe stato diverso e oggi apparirebbe umanamente più povero».
Circa l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, la Toscana, attraverso la Firenze di «Terre e cieli di pace», così evocativa del concilio d’unità tra la Chiesa d’Occidente e quelle di Oriente, ha potuto ricevere contemporaneamente, nella giornata conclusiva dell’incontro di Sant’Egidio, i messaggi speciali di Giovanni Paolo II e quello del patriarca di Costantinopoli Bartholomaios I. Per il Papa «anche nel mondo delle religioni le differenze non possono condurre ad esclusivismi aggressivi né giustificare l’odio tra nazioni o gruppi etnici». Le religioni devono mantenere viva in mezzo ad ogni nazione il senso dell’appartenenza comune alla famiglia umana. E per fare questo gli uomini di fede hanno in mano un’arma invincibile, dice Bartholomeos: la preghiera, che educa al riconoscimento di una comune paternità e rende fratelli.
Non sarà un caso che, successivamente, a Firenze viene rilanciato il culto delle reliquie di Giovanni Crisostomo, patriarca di Costantinopoli, nella cattedrale di Firenze e che Piovanelli sarà protagonista di un viaggio importante in Romania con il dono di una reliquia di questo grande padre della Chiesa. Si tratta di segni che evidenziano un dialogo, un flusso connettivo di stima e amicizia. È un’eredità grande quella di Giovanni Paolo II, maturata tra la fine di un secolo e l’inizio di un nuovo millennio, dal contesto gelido della guerra fredda allo scontro delle civiltà che, se non ci è stato, deve alla sua predicazione un potente anticorpo.
«Il pontificato di Wojtyla è stato notato nasce in un tempo di crisi: si confronta con un Occidente difficile e secolarizzato. Una parte cospicua del mondo (quello da cui lui stesso viene) è dominata dal comunismo. II marxismo sembra affascinare una parte dei cristiani occidentali». Giovanni Paolo II affronta la crisi del cattolicesimo in una stagione che non sembra religiosa o che spinge la fede ai margini, con l’obiettivo di interloquire non solo dentro casa ma aprire le finestre, rivolgersi tanto a chi è vicino quanto a chi è lontano.