Cultura & Società
Così il teatro si interroga su uomo e sacro
Tornano a Lucca «I Teatri del Sacro», da lunedì 8 a domenica 14 giugno. È un festival che rompe gli schemi, perché interroga con coraggio l’uomo e il suo bisogno di sacro. E lo fa coinvolgendo gli attori (professionisti e non) e il pubblico nella ricerca di senso, dalle piccole alle grandi cose della vita. Non solo dunque spettacoli, ma anche atelier, laboratori, esperienze sperimentali e affascinanti di un teatro che, sì, rappresenta, ma che anche si fa respiro ed emozione, voce, corpo, relazione. Da questa profondità così alta, eppure anche abissale, nascono per questa quarta edizione ben 20 debutti assoluti, tutti ad ingresso libero, scelti con un concorso nazionale, per una selezione che è durata due anni. Un non senso, si direbbe oggi, compressi da un asfittico economicismo, che vuol guadagnare ed anche in fretta. Infatti ci troviamo di fronte, e Lucca ne sarà palcoscenico accogliente, ad un vero e proprio investimento culturale ed economico nei confronti dello spettacolo dal vivo e della nuova creatività teatrale: un investimento nella bellezza, tout court. Ciò è reso possibile dalla sinergia tra Federgat, Fondazione comunicazione e cultura, Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei, Servizio nazionale per il progetto culturale della Cei in collaborazione con Acec e grazie al patrocinio del Ministero dei beni culturali, della Regione Toscana, della Provincia e del comune di Lucca, dell’Arcidiocesi di Lucca, del Teatro del Giglio e della Fondazione Campus.
Tra i temi proposti dalle compagnie spicca l’attenzione al rapporto fra l’uomo e il divino sia attraverso figure esemplari come Simone Weil protagonista di «La volontà» di Cesar Brie (12 giugno) o lo spettacolo-indagine su «Francesco senza volontà di cattura» (9 giugno) di Reggimento Carri, sia attraverso lo sguardo di giovani drammaturghi che hanno scelto spesso il taglio comico-brillante come in «Lourdes» (12 giugno) di Rosa Matteucci nell’affabulatoria lettura di Andrea Cosentino, o quello cinico e sorprendente di «Io, mia moglie e il miracolo» (13 giugno) di Punta Corsara o «Delirium Betlem» (12 giugno) di Alberto Salvi fino a «Caino Royale» (10 giugno) spassoso atto unico sul concetto di capro espiatorio e a «Prego» (13 giugno) di e con Giovanna Mori.
Non mancano poi le visioni poetiche e simboliche del sacro come in «Sante di scena» (8 giugno) del Teatro delle Moire e il raffinato «Corrispondenze» (9 giugno) tra danza e parola scenica o anche l’intenso monologo «Per obbedienza» (11 giugno) di Fabrizio Pugliese su Giovanni da Copertino. Di grande interesse anche la traduzione per la scena di testi sacri o letterari come il «Ramayana» nella versione diretta da Roberto Rustioni per Fattore K o le Operette Morali di Leopardi in «De rivolutionibus» di Carullo-Minasi o ancora «Una rumorosa solitudine» di Bohumil Hrabral con Amandio Pinhero per la regia di Jacob Olesen. Infine in scena anche il teatro di figura con «Chi sei tu» (8 giugno) di Antonio Panzuto, spettacoli pensati come interazione con il pubblico come «Gabbathà» (9 giugno) di Koinè e la danza contemporanea di Ariella Vidach in «Freespirit» (8 giugno).
La cifra dell’evento
Ma qual è la cifra del progetto, che dura ormai da otto anni? Ci risponde Francesco Fiaschini, presidente di Federgat e direttore artistico de «I Teatri del Sacro»: «Fin dalla prima edizione desideriamo far sì che il dialogo tra la scena e la spiritualità sia innanzitutto una domanda precisa che punta a un riconoscimento, a un incontro autentico con se stessi e con chi ci sta di fronte: un’esperienza di senso che non si riduca a semplice emozione ma porti con sé la forza e la fatica della relazione».
Forza e fatica, un lavoro di ricerca, di movimento e di apertura dunque…
«Certo e se di questo si tratta, la risposta del teatro non avrà mai il piglio sicuro e definitivo delle certezze, ma si aprirà piuttosto allo stupore inquieto e appassionato delle scoperte, dove i confini tra chiarezza e oscurità si confondono e si superano senza sosta, illuminati dal desiderio e dalla nostalgia amorosa della ricerca».
Se dovesse dire qual è il fiore all’occhiello di questa quarta edizione del Festival?
«Potrei citare molte cose, ma forse la caratteristica di questa edizione saranno i due spettacoli che andranno in scena dopo un percorso laboratoriale realizzato durante la settimana lucchese: il primo, «Genesis Imago», indagherà, con un gruppo di bambini delle scuole elementari di Lucca, il mistero della creazione, tuffandosi nel cielo stellato della loro immaginazione e andrà in scena il 12 giugno; il secondo, «A ritrovar le storie», animerà un gioco dell’oca dentro la memoria antica e nuova delle parole, evocate anche dai ricordi di chi, come i richiedenti asilo nigeriani della casa del Gruppo Volontari Accoglienza Immigrati di Lucca, parteciperanno all’esperienza e chiuderà il Festival domenica 14 giugno».
Ma gli spunti saranno tantissimi: l’animazione del gruppo de «I 70 – visioni e condivisioni» un viaggio di 70 spettatori (un numero che sta, simbolicamente, per i leggendari Settanta della traduzione biblica) dentro tutti gli spettacoli in cartellone, sotto la guida di Giorgio Testa della Casa dello Spettatore di Roma. Oppure, per la prima volta, il laboratorio web 2.0 di Social Media Storytelling, coordinato da Simone Pacini, autore del blog fattiditeatro. E infine, nella stessa prospettiva, il laboratorio «Guardare Arlecchino», realizzata in collaborazione con il Teatro del Giglio e la rivista online «Lo sguardo di Arlecchino». Questa volta i protagonisti saranno soprattutto alcuni studenti delle scuole superiori di Lucca, che costituiranno una sorta di redazione critica del Festival, producendo puntuali resoconti, interviste e articoli che saranno ospitati in una apposita sezione della rivista.