Opinioni & Commenti
Così il Papa ci indica la rotta
Le encicliche le leggevano davvero poche persone e comunque non uscivano dalla cerchia ristretta dei cattolici «impegnati». Questi messaggi, invece, veicolati anche da mass media laicisti, raggiungono persone che altrimenti mai, in tutta la loro vita, avrebbero letto un rigo scritto da un papa.
Così, pur non avendo una veste dottrinale definita, la conversazione di Bergoglio con padre Spadaro è estremamente significativa. Ed essa è rivelatrice del nuovo approccio con cui questo pontefice, in piena continuità con la tradizione, porta una folata di aria fresca in una Chiesa che era apparsa a volte, nel recente passato, alquanto ingessata e ripetitiva.
Nuovo suona, innanzi tutto, l’invito a rimettere in ordine la gerarchia delle verità: «L’annuncio di tipo missionario si concentra sull’essenziale, sul necessario, che è anche ciò che appassiona e attira di più, ciò che fa ardere il cuore, come ai discepoli di Emmaus (…) La proposta evangelica deve essere più semplice, profonda, irradiante. È da questa proposta che poi vengono le conseguenze morali (…) L’annuncio dell’amore salvifico di Dio è previo all’obbligazione morale e religiosa. Oggi a volte sembra che prevalga l’ordine inverso».
Così, dopo tanti anni in cui il tema bioetico ha a volte preso il posto centrale nell’insegnamento e nelle prese di posizione della Chiesa, il papa, nell’intervista, osserva: «Non possiamo insistere solo sulle questioni legate ad aborto, matrimonio omosessuale e uso dei metodi contraccettivi. Questo non è possibile. Io non ho parlato molto di queste cose, e questo mi è stato rimproverato. Ma quando se ne parla, bisogna parlarne in un contesto. Il parere della Chiesa, del resto, lo si conosce, e io sono figlio della Chiesa, ma non è necessario parlarne in continuazione».
A questo capovolgimento del rapporto tra dimensione della fede e dimensione morale, per privilegiare il fascino di una prospettiva di salvezza rispetto ai precetti da osservare, deve corrispondere uno stile diverso nell’approccio alla complessità del mondo contemporaneo: «Io vedo con chiarezza che la cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi è la capacità di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità. Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia. È inutile chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo e gli zuccheri alti! Si devono curare le sue ferite. Poi potremo parlare di tutto il resto. Curare le ferite, curare le ferite… E bisogna cominciare dal basso. (…) E i ministri della Chiesa devono innanzitutto essere ministri di misericordia».
Strettamente connesso a questo è il rispetto per il singolo e per la sua libertà, «anche se la vita di una persona è stata un disastro». La Chiesa ha il diritto-dovere di enunciare i princìpi, ma deve lasciare spazio alla coscienza individuale: «La religione ha il diritto di esprimere la propria opinione a servizio della gente, ma Dio nella creazione ci ha resi liberi: l’ingerenza spirituale nella vita personale non è possibile. (…) Bisogna sempre considerare la persona. Qui entriamo nel mistero dell’uomo. Nella vita Dio accompagna le persone, e noi dobbiamo accompagnarle a partire dalla loro condizione».
Anche perché nessuno possiede, neppure alla luce della fede, «ricette universali» basate su soluzioni certe. Anche nella visione del credente «resta sempre una zona di incertezza. Deve esserci. Se una persona dice che ha incontrato Dio con certezza totale e non è sfiorata da un margine di incertezza, allora non va bene. Per me questa è una chiave importante. Se uno ha le risposte a tutte le domande, ecco che questa è la prova che Dio non è con lui. Vuol dire che è un falso profeta, che usa la religione per se stesso. Le grandi guide del popolo di Dio, come Mosè, hanno sempre lasciato spazio al dubbio».
Perciò, nota il papa, sia il credente che il non credente devono avere lo spirito di ricerca: «L’atteggiamento corretto è quello agostiniano: cercare Dio per trovarlo, e trovarlo per cercarlo sempre. E spesso si cerca a tentoni, come si legge nella Bibbia. È questa l’esperienza dei grandi Padri della fede, che sono il nostro modello».
E proprio in questo spirito di apertura alla ricerca, bisogna diventare compagni di strada degli uomini e delle donne che non fanno parte delle nostre comunità: «Invece di essere solo una Chiesa che accoglie e che riceve tenendo le porte aperte, cerchiamo pure di essere una Chiesa che trova nuove strade, che è capace di uscire da se stessa e andare verso chi non la frequenta, se ne è andato o è indifferente». Il modello dell’evangelizzazione– mi permetto di chiosare – non può più essere esclusivamente fornito dalla figura sedentaria del seminatore, ma deve essere, in una società «liquida», quello del pescatore, che esce in cerca dei pesci in perenne movimento.
Ma anche nella sua compagine interna la Chiesa deve cambiare. Francesco ha parlato, nell’intervista, della necessità di rendere la sinodalità «reale, non formale». In particolare, riferendosi ai «nostri fratelli Ortodossi», Francesco osserva: «Da loro si può imparare di più sul senso della collegialità episcopale e sulla tradizione della sinodalità». Ma egli parla anche della necessità di dare alle donne il posto che loro compete, «anche proprio lì dove si esercita l’autorità nei vari ambiti della Chiesa», perché «il genio femminile è necessario nei luoghi in cui si prendono le decisioni importanti». E segnala come un pericolo non tanto la celebrazione della liturgia secondo il Vetus ordo, quanto piuttosto «il rischio di ideologizzazione del Vetus Ordo, la sua strumentalizzazione» da parte di chi vorrebbe rimette in discussione le innovazioni del Concilio.
Sono ancora solo orizzonti, progetti. Che però aprono i cuori e le menti. E che ci rendono partecipi dell’atteggiamento spirituale di questo papa, quando dice – innanzi tutto riferendosi a se stesso – che «la nostra vita non ci è data come un libretto d’opera in cui c’è tutto scritto, ma è andare, camminare, fare, cercare, vedere… Si deve entrare nell’avventura della ricerca dell’incontro e del lasciarsi cercare e lasciarsi incontrare da Dio (…)Dio è sempre una sorpresa, e dunque non sai mai dove e come lo trovi, non sei tu a fissare i tempi e i luoghi dell’incontro con Lui».
Le risposte più importanti
Ecco una nostra sintesi della lunga intervista che potete trovare nel pdf allegato.