Italia

Cosa pensano i giovani della procreazione assistita, i risultati di un’indagine dell’Istituto Toniolo

La rilevazione («La risposta all’infertilità di coppia nella percezione dei giovani italiani»), curata fra gli altri da Eugenia Scabini, professore emerito di psicologia sociale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e presidente del Comitato scientifico del Centro di Ateneo studi e ricerche sulla famiglia, è stata avviata su un campione rappresentativo della popolazione italiana di 2.256 giovani di età compresa tra i 20 e i 35 anni ai quali è stato chiesto di dare un consiglio ad amici, etero e omosessuali, che vorrebbero avere figli. L’80,4% degli intervistati non ha figli e, a fronte del 58% che non conosce persone che hanno fatto uso di tecniche di fecondazione assistita, il 39% ne conosce e il 2,1% ne ha fatto uso. Sei le opzioni proposte: cercare di avere una buona vita di coppia senza figli, ricorrere solo alla fecondazione omologa (solo per le coppie eterosessuali), ricorrere anche alla fecondazione eterologa, all’adozione, all’affido, alla maternità surrogata. Agli amici omosessuali i giovani consiglierebbero di puntare sulla vita di coppia (40,2% per l’amico gay e 37,5% per l’amica lesbica), mentre solo il 22,5% darebbe lo stesso consiglio alle coppie eterosessuali. Il 35,7% suggerisce l’adozione alla coppie eterosessuali, il 44% ad un amico gay, il 35,9% ad un’amica lesbica.

Il 15% dei giovani intervistati dall’Istituto Giuseppe Toniolo in tema di procreazione assistita consiglierebbe ad amici che non riescono ad avere figli la fecondazione omologa; una percentuale tra il 15 e il 19% consiglierebbe invece l’eterologa. Per quanto riguarda la donazione dei gameti (maschili e femminili) oltre l’80% dichiara di non conoscere le modalità della procedura, ma oltre la metà approva entrambe le pratiche. Solo il 12,5% disapprova la donazione di sperma; il 15,7% quella di ovulo. Sono le femmine ad approvare maggiormente rispetto ai maschi la scelta di un’amica a donare ovuli. Significativa l’influenza del fattore religioso: «sono infatti i giovani che danno poco valore alla religione – si legge nell’indagine – ad approvare con maggiore probabilità la scelta di donare gameti, mentre i giovani che danno più valore alla religione tendono a disapprovare in misura maggiore tale scelta». In generale, i giovani si mostrano più cauti se si chiede loro di dare un consiglio, più favorevoli in caso debbano esprimere un parere. I giovani del Sud, regioni nelle quali peraltro sono più diffusi i centri di procreazione assistita, sembrano più favorevoli alla fecondazione eterologa per le coppie eterosessuali e alla donazione di sperma ed ovulo rispetto ai coetanei del Centro e del Nord.

Dalle anticipazioni dell’indagine emerge che solo il 2,4% degli intervistati consiglierebbe il ricorso alla maternità surrogata ad un amico eterosessuale, il 4,5% ad un’amica lesbica, l’8,8% ad amico gay. Sondando il vissuto più personale dei giovani chiedendo loro di immaginare di avere un figlio in «modo naturale» o ricorrendo alla fecondazione omologa, eterologa o adozione, emerge che il ricorso alle tecniche di fecondazione eterologa pare mettere in crisi più delle altre procedure il loro senso di identità. La procreazione assistita risulta infatti associata a livelli molto bassi sia di stima di sé (24,5%), sia del senso della vita (26,3%), sia del senso di vicinanza agli altri (23,5%). L’avere un figlio in modo «naturale», invece, risulta rinforzare e incrementare il senso di identità con percentuali molto alte in tutte e tre queste dimensioni (rispettivamente 58%, 48,6% e 39%). In posizione intermedia tra questi due estremi si situano sia la fecondazione omologa che l’adozione. Sono le femmine, più che i maschi, a sentirsi svilite nella propria identità se immaginano di dover ricorrere alla fecondazione eterologa, e arricchite se invece immaginano di avere un figlio in modo «naturale».