Firenze

Corpus Domini: Betori, “nell’Eucaristia il seme per rigenerare il tessuto sociale perché sia più coeso, partecipato e corresponsabile”

«È il desiderio – ha affermato Betori – a muovere il cuore dell’uomo, l’attesa di qualcosa che porti novità nell’orizzonte della sua vita, che ne risani le fragilità, colmi i vuoti, curi le povertà, apra a sentieri inediti, oltre ogni possibilità. Il desiderio è un sentimento potente, ma se non ben orientato è anche pericoloso. Può gettare nello sconforto quando non riesce a raggiungere il suo oggetto, ovvero può far deviare la persona verso illusioni e pervertimenti. Di quest’ultimo pericolo registriamo preoccupanti segnali nel diffondersi di spinte ad aderire a forme fluide dell’identità dell’uomo e della donna e, ancor più, nei disegni di manipolazione dell’umano verso gli scenari misteriosi del post-umano e del trans-umano. Siamo chiamati a vigilare sulle direzioni che sta prendendo la cultura prevalente e la comunicazione sociale nelle sue forme più diffusive».

“Dall’incontro con Dio – ha proseguito – se vogliamo essere credibili, umanamente e nella fede, non possiamo non uscire trasformati a immagine di colui che viene ad abitare in noi: deificati, resi quindi capaci dell’amore stesso di Dio. Ed è questo il compimento del nostro desiderio: amare come ama Dio, come ci ha amato Gesù. Ne scaturisce un’immagine nuova dell’umanità, non divisa ma unita, non in lotta fratricida ma nel servizio fraterno, non alla ricerca del possesso ma propensa al dono”, ha osservato il porporato, precisando: “C’è un principio di novità assoluta nell’Eucaristia, in grado di trasformare le forme prevalenti degli assetti sociali. Nell’Eucaristia sta il seme per rigenerare il tessuto sociale perché sia più coeso, partecipato e corresponsabile, grazie a una cultura della condivisione che annulli barriere e non escluda nessuno”. Infatti, “l’Eucaristia ci dice che la strada da prendere è quella indicata da Gesù: dono e condivisione. Su questa strada nessuno perde o viene privato di qualcosa, ma tutti trovano mutuo riconoscimento e il compiersi delle giuste attese. Vale per le nostre relazioni interpersonali, per gli assetti sociali, per le relazioni tra i popoli. Esclude il concetto stesso di guerra e ci fa vicini a ogni sofferenza”.Ma l’odierna solennità “ci pone di fronte all’Eucaristia perché ci educhiamo anche a nutrire un atteggiamento di profonda adorazione. Ne è segno la processione che conclude questo rito”.Proprio “perché è il sacramento di cui viviamo”, ha proseguito il cardinale, “l’Eucaristia esige da noi un atteggiamento di riconoscimento e di lode, che riassumiamo nella parola ‘adorazione’. Anche qui dobbiamo lottare con una tendenza diffusa nella nostra cultura, quella a pensarci in termini di libertà senza limiti, di autosufficienza che non deve dipendere da nulla. Eppure tutti sappiamo quanto fallaci siano queste prospettive, come nella vita ci si trovi a dover chinare tante volte il capo di fronte a poteri da nulla e a situazioni miserevoli e indegne dell’uomo”.“Non dobbiamo invece temere di chinare la nostra fronte di fronte al pane e al vino che ci rendono realmente presente il sacrificio di Gesù, perché in questi segni misteriosi è contenuto il gesto più alto d’amore della storia umana: il Figlio di Dio ha perso la sua vita per ridonarla agli uomini. Fare di noi i servi di questo amore non è umiliazione, ma gloria. La presenza reale del Figlio di Dio tra noi merita la nostra umile docilità, l’omaggio del cuore e delle labbra, il piegarsi dell’intero nostro corpo, l’adorazione di tutta la nostra vita”, ha concluso il card. Betori.