Pisa

CORPUS DOMINI

di Caterina Guidi

Come può costui darci la sua carne da mangiare?»: credere che il pane e il vino non sono solo «un simbolo» di Gesù, ma sono realmente il corpo e sangue di un uomo – del Figlio di Dio – è difficile anche oggi, come era difficile nella Palestina del primo secolo. Ma nell’Eucaristia che celebriamo «il Signore si rende presente attraverso la nostra fede che sa riconoscere l’azione di Dio per la nostra salvezza». «Senza la fede – ha sottolineato l’arcivescovo Benotto durante l’omelia della scorsa domenica, nella Messa per la solennità del Santissimo corpo e sangue di Cristo – i nostri gesti sono solo riti esteriori, belli ma incapaci di trasmettere il senso della celebrazione. È la fede che ci permette di “andare oltre” quello che vediamo per incontrare il Signore». Come tradizione alla Messa in Cattedrale erano invitati tutti i bambini che hanno ricevuto la prima Comunione di recente. «Talvolta – ha detto monsignor Benotto – abbiamo con il Signore un rapporto “a distanza”. Dio non lo vediamo, ma Gesù lo ha reso visibile nella sua umanità e non ha voluto questo incontro solo per gli uomini della Palestina del suo tempo, ma per tutti gli uomini in ogni tempo. Gesù oggi non lo vediamo, ma possiamo riconoscerlo nei gesti a noi affidati, il più grande dei quali è proprio l’Eucaristia». È questo il sacramento che più ci lega al Signore; non solo: «con Gesù, da tanti che siamo, diventiamo un solo corpo, in comunione gli uni con gli altri. Pensate ragazzi – ha detto l’Arcivescovo rivolgendosi ai bambini seduti nelle prime panche -: anche in casa l’affetto e l’unione sono più grandi quando c’è Gesù. E lo stesso con gli amici, in parrocchia, a scuola, nelle relazioni… Gesù, messo al centro della vita, la realizza in pienezza e ci fa diventare testimoni dell’amore». Alla fine della Messa si è formata la processione che dal Duomo – percorrendo la piazza, via Santa Maria, quindi via dei Mille – è arrivata in piazza dei Cavalieri. Dietro al gonfalone hanno preso posto i volontari dell’Unitalsi assieme ad alcuni ammalati. Quindi si è incamminata una parte dell’assemblea seguita dalle religiose e dai religiosi, dai Cavalieri del Sovrano militare ordine di Malta e da quelli del Santo Sepolcro. Subito dietro, i bambini che hanno ricevuto nell’anno la prima Comunione, con i genitori e i catechisti. Poi è stata portata fuori dalla Cattedrale la croce, seguita dai sacerdoti, dal Santissimo Sacramento – protetto dal tradizionale baldacchino – e dal resto dell’assemblea che aveva riempito il Duomo. «“Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna” avevano risposto a Gesù i discepoli. Oggi – ha spiegato l’Arcivescovo dal sagrato della chiesa dei Cavalieri, a conclusione della processione – se guardiamo a ciò che ci circonda, alla cultura in cui viviamo, viene da porsi la stessa domanda. Uno dopo l’altro vengono meno punti di riferimento; ma ognuno di noi cerca qualcosa di stabile, “che rimanga”. Sant’Agostino, a proposito della sua conversione, disse: “ti cercavo fuori di me e non ti trovavo, perché tu sei il Dio del mio cuore”. È oggi più che mai necessario ritornare al centro di noi stessi, là dove si colloca il mistero di Dio. Chiediamo al Signore una fede sempre più autentica e capace di testimonianza, perché insieme vogliamo incontrare Gesù, centro della nostra vita».