Italia
Corpi intermedi. Costalli (Mcl): «Il loro rilancio sia una priorità per i cattolici»
«Le sfide che i corpi intermedi hanno di fronte sono grandi, ma non si giocano sul fronte della sopravvivenza, piuttosto su quello, ben più ampio, della creazione di un nuovo modello di democrazia sociale, capace di riattivare il tessuto civico e partecipativo delle molteplici istanze presenti nel nostro Paese. La società è liquida, ma, oggi, ha comunque bisogno di nuovi strumenti per creare comunità, coesione sociale, vera rappresentanza: i corpi intermedi possono rappresentare la flotta principale per navigare nel mare in tempesta di fronte a noi». Di questo è convinto Carlo Costalli, presidente del Movimento cristiano lavoratori, che abbiamo intervistato in occasione del Seminario nazionale di studi e formazione, promosso da Mcl a Senigallia dal 5 al 7 settembre. «I corpi intermedi e la sfida al populismo e alla tecnocrazia» il tema scelto per l’appuntamento.
Presidente Costalli, se in pochi scatti dovesse fornire una fotografia dell’Italia oggi, quali problemi evidenzierebbe?
«C’è un problema di sfiducia generale nei confronti delle istituzioni. Il nostro, poi, è un Paese rancoroso e questo è preoccupante per chi, come me, ha a cuore l’interesse dell’Italia e soprattutto il futuro dei nostri giovani: non possiamo consegnare alle nuove generazioni un Paese sfiduciato, impaurito del futuro e rancoroso. Abbiamo bisogno, inoltre, di un’economia che ci riporti a un trend di crescita accettabile perché noi abbiamo due problemi grossi: un debito pubblico pauroso, che blocca qualsiasi possibilità di riforma, e la mancanza di lavoro. Sono due questioni che dobbiamo affrontare in un clima di coesione e inclusione e non di rancore e battagliero. Altrimenti, ci sono ripercussioni, a partire dal fatto che la gente non va a votare. L’ultima volta ha votato il 51% degli aventi diritto e c’era il traino delle elezioni amministrative!».
La nostra società è segnata da disuguaglianze, lotte tra poveri e, come dice lei, crisi della politica. Tutto ciò è terreno fertile per populismi e sovranismi, razzismo, xenofobia…
«Nella crisi economica c’è chi ci ha guadagnato e chi ci ha rimesso di più, aumentano le disuguaglianze e i rancori. La sfiducia nei corpi intermedi, in primis nei partiti politici e nelle istituzioni, porta, appunto, rancore: la gente vota arrabbiata badando a chi urla di più. Si vota con la «pancia» e non con la ragione. A populismi e sovranismi la risposta deve essere ragionata, non una polemica alternativa. Anche sull’immigrazione bisogna trovare un equilibrio tra i numeri di chi arriva e una politica di accoglienza seria. Comunque, chi sta in mezzo al mare va salvato».
In questo clima è in pericolo la nostra democrazia?
«C’è un rischio per una democrazia legata ai meccanismi di partecipazione, mentre non penso alle dittature o, almeno, me lo auguro. È un rischio diverso: una caduta della rappresentanza politica. Nel momento in cui i governi vengono ratificati dalla piattaforma Rousseau, il ruolo dei corpi intermedi, che sono i meccanismi di partecipazione democratica sul territorio, va rilanciato».
Come ridare forza ai corpi intermedi?
«Di questo clima hanno grandi responsabilità la politica e gli stessi corpi intermedi che non si sono riformati né si sono adeguati. Ma dobbiamo porci l’obiettivo di rilanciarli e anche per il mondo cattolico, che deve essere più attivo e propositivo, deve essere una priorità un ruolo importante dei corpi intermedi».
In questo panorama sembra sparito il bene comune: come rilanciare l’impegno dei cattolici per una riscoperta di questo valore?
«È una conseguenza della perdita di credibilità delle organizzazioni, del mancato impegno su alcuni temi, di una società diventata divisiva: è ciò che i sociologi chiamano la società liquida. Allora, dobbiamo recuperare uno spazio a partire dai territori, dove ci sono ancora persone impegnate, comunità che fanno volontariato, buone pratiche messe in atto: questo mondo va rivalutato, valorizzato e messo in rete. È una battaglia in salita, ma è un ruolo che spetta al mondo cattolico. Anche l’impegno politico, se lo facciamo con serietà, non va demonizzato: è legato a un fine che è il bene comune. Dobbiamo smettere di fare i qualunquisti anche noi. È il nostro mondo che deve riportare la pace, il confronto, mentre oggi anche nel mondo cattolico c’è tanta autoreferenzialità».
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sabato 7 settembre, nel messaggio al Forum Ambrosetti ha sostenuto che in Europa l’Italia è chiamata a svolgere un ruolo di primo piano, partecipando con convinzione e responsabilità a un progetto europeo lungimirante…
«Sono pienamente d’accordo. Il nostro spazio è in Europa: noi non vogliamo un’Italia che sia «infinocchiata» da Bruxelles o da Parigi, ma lavoriamo dentro l’Europa. L’Unione europea va riformata, ma è folle uscire dall’Europa. Non c’è alternativa: le battaglie si fanno dal di dentro, perché, indubbiamente, ci sono tante cose da migliorare».