Vita Chiesa
Coronavirus: card. Betori, costringe a misurarci con la fragilità dell’essere umano
La Chiesa fiorentina celebra oggi l’anniversario della dedicazione della sua Cattedrale, un’occasione per riflettere su cosa implichi essere comunità cristiana, che nel luogo sacro si riunisce in assemblea e quali siano le condizioni perché essa possa continuare a vivere nel tempo la sua missione.
A questo indirizza il testo della lettera dell’apostolo Pietro che ci ha parlato dell’edificio ecclesiale fatto di uomini, di cui gli edifici fatti di pietra sono segno. Ogni edificio perde però la sua consistenza, non sta in piedi, se non è ancorato alla pietra angolare, che tiene insieme l’intera costruzione. Per l’edificio che è la Chiesa, questa pietra è Cristo stesso: «Avvicinandovi a lui, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo» (1Pt 2,4-5).
«Edificio spirituale» non perché invisibile, ma, al contrario, perché saldamente piantato nella storia umana, partecipe delle sue vicende; una presenza fraterna ma non marginale, se fortemente radicata nel vangelo di Gesù e animata dal suo Spirito. La lettera di Pietro esprime questa visibilità con forza, descrivendo l’identità della Chiesa con una serie di titoli che ne esprimono ed esaltano la dignità: «Voi siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa» (1Pt 2,9). L’umiltà della Chiesa, che la assimila al suo Signore, è nella logica della croce, non dell’irrilevanza; il suo agire è nella luce e non nelle tenebre. Questo spirito di incarnazione nel tempo, di testimonianza di fronte al mondo, di adesione a Cristo Signore – lui che è la nostra verità – e al suo Spirito, viene espresso nella Chiesa dai molteplici carismi, vocazioni e ministeri di cui Dio la dota. Tra essi, fondamentale è il ministero dei pastori, per cui alla festa di oggi viene legato il ricordo del ruolo del Seminario nella Chiesa diocesana. Celebriamo la Giornata di preghiera e di sostegno per il nostro Seminario arcivescovile. Il Signore illumini e rafforzi la risposta generosa dei giovani che egli chiama a servire la sua Chiesa nel ministero sacerdotale e dia alla nostra comunità sapienza e dedizione nel seguirne la formazione con cura premurosa.
L’immagine di una Chiesa saldamente ancorata al Vangelo e alla storia è stato anche il messaggio che Papa Francesco venne a portarci in questa cattedrale, fra due giorni saranno cinque anni. In questa celebrazione vogliamo quindi anche fare grata memoria del dono che fu la sua presenza e la sua parola per la Chiesa fiorentina e per quella italiana. In quel giorno il Papa, in sintonia con il tema del Convegno ecclesiale nazionale qui riunito, invitò a dare forma a un nuovo umanesimo. Un’esigenza che acquista ulteriore urgenza in questi giorni, in cui siamo sollecitati da una pandemia che sta mettendo in crisi la figura dell’uomo così come è stata costruita negli ultimi decenni dalla cultura contemporanea: un uomo autonomo e forte, che dominava la natura e che non era soggetto a nulla. Invece ci ritroviamo a doverci misurare con la fragilità dell’essere umano, che né autonomia né autodeterminazione sanno sanare; si impone invece una necessaria interdipendenza, perché il virus si diffonde nel ritrovarsi delle persone, ma nel contempo per contrastarlo e prendersi cura di chi ne resta vittima è necessario che i legami tra le persone vengano rafforzati, facendoci carico gli uni degli altri. Tutto questo ci provoca a ripartire dai fondamentali dell’umano: ricerca di senso e prospettive di futuro, in forza della gratuità, della relazione, della responsabilità e della presenza. La risposta risiede nell’invito che Papa Francesco ci fece a rivolgere lo sguardo in alto, verso Gesù, all’Ecce homo della nostra cupola, per stare nel mondo, accanto agli altri, secondo i sentimenti di Gesù, cioè nei modi con cui egli si è posto di fronte al mondo. I tre sentimenti ricordati dal Papa sono «umiltà, disinteresse e beatitudine». L’umiltà di Gesù, connessa con la sua mitezza, ci porta non al contrasto, allo scontro, ma a stare nel mondo con la mansuetudine dell’Agnello condotto al macello. Ciò implica una Chiesa che non si affida al potere, ma offre sé stessa ai fratelli, soprattutto ai più poveri, a quanti subiscono l’inequità del mondo, ai perseguitati a causa della fede. Il disinteresse, poi, richiede una Chiesa e credenti non chiusi in sé stessi, nella propria autoedificazione, autoreferenzialità, ma invece una Chiesa in uscita. Il cristiano si riconosce infatti per la sua attitudine a mettersi in relazione con l’altro e a farlo con nel servizio. Infine la beatitudine, riconoscendo nelle Beatitudini la strada che il Signore ci indica perché possiamo seguire le sue orme. Esse sono – parole del Papa – «lo specchio in cui guardarci, quello che ci permette di sapere se stiamo camminando sul sentiero giusto: è uno specchio che non mente».
Questo specchio ha trovato forma storica nel tempo nei santi che hanno dato testimonianza di Cristo lungo i secoli. Lo ricordo perché in questo giorno vogliamo che il nostro sguardo si posi su coloro per i quali la Chiesa fiorentina sta chiedendo che sia dichiarata l’esemplare eroicità delle virtù cristiane e umane. Alcuni il Papa li ha già riconosciuti in questi ultimi tempi come venerabili: il card. Elia Dalla Costa, don Giulio Facibeni, Giorgio La Pira, don Olinto Fedi, madre Maria Eleonora Giorgi. Per altri si è concluso il processo diocesano e ora la nostra richiesta è all’esame della Santa Sede: Carolina Bellandi (Mamma Carolina), suor Diomira Allegri, Maria Maddalena Frescobaldi Capponi, Maria Cristina Ogier, madre Maria Agnese Tribbioli. Nelle loro vite possiamo contemplare concrete espressioni dei sentimenti di Gesù. Rivolgiamoci con fiducia alla loro intercessione.