Toscana
Cooperative, una risposta anche alla crisi economica
di Simone Pitossi
La Conferenza regionale sulla cooperazione che si è tenuta a Firenze il 4 e 5 dicembre è stata l’occasione per tastare il posto a questo settore in un momento di crisi generalizzata. Il presidente della Regione Claudio Martini ha ricordato che «le cooperative sono il punto di connessione tra la grande economia e il mondo della solidarietà e del mutualismo» per questo «in un momento così difficile per l’economia possono senz’altro garantire quel coraggio, quel dinamismo e quella capacità di innovazione che sono fondamentali per garantire un futuro di benessere alla nostra comunità».
L’assessore regionale alle attività produttive Ambrogio Brenna le ha invitate a un salto di qualità: «Il modello gestionale, la governance delle cooperative deve ulteriormente evolvere per garantire un effettivo potere di indirizzo strategico e di scelta degli amministratori da parte dei soci». Crisi, solidarietà, nuove sfide. Cosa ne pensano i diretti interessati? Gianfranco Tilli e Fabio Cacioli sono rispettivamente presidente e direttore di Confcooperative Toscana le cosiddette cooperative «bianche» una delle quattro sorelle del settore insieme a Lega, Agci e Unci.
«Le ricette per superare le crisi spiega Cacioli sono tante. Ognuno cerca di fare la sua parte: la Regione Toscana ha cominciato bene, si attendono risposte dal Governo e anche da tutte le istituzioni e organizzazioni che interagiscono sul mercato. I rimedi per ora sono quelli tradizionali, più o meno coraggiosi, più o meno attenti alla centralità della persona a seconda delle sensibilità sociali dei protagonisti. Per assicurare un’occupazione stabile, dare più spazio ai giovani, alle donne e alle categorie meno avvantaggiate, occorre incentivare la crescita delle imprese cooperative, cioè di modelli imprenditoriali che privilegiano la centralità della persona, la partecipazione democratica alla gestione dell’azienda, la responsabilità sociale, il bene dei soci e della comunità, non la ricerca del profitto fine a sé stesso ma il conseguimento della mutualità».
Insomma, secondo Cacioli, è necessario promuovere una nuova mentalità. «Bisogna credere di più spiega nella cooperazione, nell’unione di più persone e di società per realizzare insieme obbiettivi condivisi per il soddisfacimento dei propri bisogni e di quelli della collettività. Trasmettere con più determinazione il patrimonio culturale, etico e religioso del personalismo comunitario è un obbligo morale per la dirigenza di Confcooperative Toscana».
E il presidente Tilli spiega come intraprendere questa strada. «Per far crescere il mondo della cooperazione sottolinea non possiamo limitarci a cantare le lodi delle nostre idealità. Occorre saper progettare e saper lavorare secondo criteri imprenditoriali, sia per la costituzione di nuove imprese che per la crescita economica e sociale di quelle già in piena attività. Solo così potremo aumentare occasioni e posti di lavoro da trasmettere ai nostri figli e nipoti per il bene delle nostre comunità». E la parola che spiega questo processo è innovazione. «La storia del nostro movimento dice Tilli ci ricorda che in molte fasi storiche la cooperazione è stata fortemente innovativa, ha creato nuovi soggetti produttivi e modi di produrre, anche contro le aspettative e i sentimenti comuni: non dimentichiamo lo scetticismo che ha spesso circondato l’idea cooperativa e che ancora oggi non è del tutto scomparso. I nostri padri sono stati dunque capaci di innovare, sfidando anche pregiudizi e condizioni avverse e avendo come unica bussola i bisogni concreti di soggetti deboli della società. I bisogni che oggi possono generare nuove esperienze cooperative non sono più, ovviamente, quelli di un secolo e mezzo fa e le risposte specifiche non saranno le stesse, ma l’idea non cambia». Insomma guardare al futuro senza perdere di vista il passato, le radici. E poi capire i bisogni reali delle persone. «Se vogliamo adesso immaginare nuovi campi di attività per l’impresa cooperativa continua Tilli non possiamo che ripartire da un’analisi attenta delle esigenze insoddisfatte della nostra società, della nostra economia e del mercato. In tal senso ci impegneremo per dare una progettualità al soddisfacimento dei bisogni delle persone puntando sulla innovazione, tecnologica e organizzativa, e anche sulla valorizzazione del lavoro manuale, sulla riaffermazione dei diritti e delle tutele, sulla qualità del lavoro, sull’inserimento e l’integrazione dei soggetti sociali più deboli, siano essi giovani, donne, espulsi dal lavoro, immigrati o persone svantaggiate».
E poi c’è il capitolo delle liberalizzazioni con le quali «si può pensare, ad esempio, all’organizzazione degli utenti per tutelare il loro potere di acquisto unitamente alla garanzia della qualità dei prodotti e dei servizi erogati nel campo delle telecomunicazioni, dell’energia, dello smaltimento dei rifiuti». Infine, conclude Tilli, dovremo convincere della validità dell’aggregazione cooperativa consortile le innumerevoli micro e piccole imprese dell’agricoltura, dell’artigianato, del commercio e del trasporto che caratterizzano la nostra economia perché possano affrontare insieme la domanda aggregata di servizi privati, degli appalti e dei servizi pubblici locali, per sviluppare sistemi integrati di logistica, reti di commercializzazione e di promozione all’estero». Insomma, bisogna credere di più nella cooperazione perché «insieme si può».