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CONVEGNO FISC A PIACENZA, MONS. ZYCINSKI: APERTURA A DIO PER AUTENTICO SVILUPPO CULTURA EUROPEA

(Piacenza) – “Sono ben lontano dall’aspettarmi che il futuro sviluppo della cultura europea possa continuare la tradizione dei santi, dei martiri o dei costruttori delle cattedrali”; tuttavia l’attuale “dialogo interconfessionale fa sperare che i valori religiosi universali possano svolgere un ruolo importante nella trasformazione creativa” di questa cultura. Lo ha detto mons. Jozef Zycinski, arcivescovo di Lublino (Polonia) e membro del Pontificio Consiglio della cultura, intervenendo questa sera al convegno nazionale “Fare l’Europa. Le radici e il futuro” che la Fisc (Federazione che raggruppa 186 testate cattoliche locali per un milione di copie settimanali) promuove fino al 20 marzo a Piacenza. Interrogandosi sul futuro della cultura europea, segnata da un crescente “processo di laicizzazione”, mons. Zycinski osserva che “l’apertura alla realtà trascendente di Dio” può invece costituire “un fondamento al senso, alla bellezza e alla sensibilità delle coscienze, senza le quali non è possibile lo sviluppo della cultura”. In tale prospettiva, “il Vangelo della vita diventa un’ispirazione alla cultura della vita, capace di essere più forte delle crisi temporanee”. “Ciò esige però – è il monito del presule – una cura costante per ‘l’ecologia umana’”, creata “dai valori che hanno fondato la cultura dell’Europa”. Nel cercare “un’alternativa pragmatica alla tradizione cristiana”, che cioè eviti “il radicalismo ideologico”, è necessaria, avverte mons. Zycinski, “la domanda sulla gerarchia dei valori e delle norme etiche che potrebbero svolgere un ruolo importante nella vita sociale”. Ma qui sorge una prima difficoltà: “Nella concezione giudeo-cristiana dei valori viene accentuata la libertà e la dignità della persona umana creata a immagine di Dio. Nella prospettiva del neopragmatismo” invece, “non si parla né di umanità né di dignità”. Ulteriore problema, “quello dei criteri sui quali dovrebbe essere costruito il sistema morale del pragmatismo, e dei principali valori al suo interno”. Al riguardo, osserva l’arcivescovo di Lublino, “viene spesso proposto il criterio del consenso e della maggioranza”, e proprio in questo “il pragmatismo è diverso dal modo cristiano di affrontare la questione”, che invece riconosce “il carattere obiettivo e universale dei valori e delle regole morali”. Tracciando un parallelismo fra “le costanti di cui si interessano i fisici”, ossia “le leggi della natura”, e “le costanti che intrigano i filosofi”, ossia “il mondo dei valori assoluti e delle regole universali”, il presule sottolinea che “la costante teologica è Dio”.“La convinzione del Suo ruolo ispiratore nella cultura del XX secolo – prosegue mons. Zycinski – costituisce la base per la difesa della posizione secondo cui il futuro sviluppo della cultura potrà salvare i valori umanistici fondamentali per la tradizione europea”. Quei valori, precisa, “hanno un ruolo importante anche nell’attuale epoca di mutamenti profondi che accompagnano la rivoluzione tecnico-scientifica; essi costituiscono delle costanti antropologiche che attestano l’esistenza di un’identità spirituale dell’uomo”. Di qui la domanda: “Si può immaginare una fase successiva dello sviluppo culturale in cui la caccia al consumismo e al piacere sostituisca gli scrupoli di coscienza, l’imperativo etico, il senso di fedeltà verso il prossimo e verso se stessi?”. “Il futuro della nostra cultura non dipende da cause determinanti esplicite, ma dall’impegno dell’uomo e dall’apertura ai valori che determinano l’orizzonte specifico” della sua esistenza. “A noi è stato affidato l’ambiente naturale” e “l’insieme dei valori essenziali, definiti da Giovanni Paolo II ‘ecologia umana’”. “Lo sviluppo futuro dell’umanità – conclude mons. Zycinski – dipende soprattutto dalla nostra responsabilità per la cultura, il nostro valore comune”.Un giornale che “ha vissuto quasi sempre in prima linea i vari momenti del secolo scorso, con direttori capaci di affrontare i problemi del tempo”. Così lo storico Fausto Fiorentini, direttore dell’Ufficio stampa della diocesi di Piacenza-Bobbio, ha sintetizzato oggi pomeriggio al convegno nazionale della Fisc i 100 anni de “Il Nuovo Giornale”, settimanale della diocesi emiliana. Nata il 6 gennaio 1910, ha ricordato Fiorentini, la testata diocesana è preceduta da altre esperienze editoriali che si sviluppano tra il 1873 e il 1909. “Il Nuovo Giornale”, ha proseguito lo storico, “nasce e resta quotidiano fino al 1926, diventa poi bisettimanale fino al 1932 e quindi definitivamente settimanale”. Fiorentini ha ricordato, tra l’altro, il direttore Francesco Gregori “che, è bene non dimenticarlo, è un ‘uomo di Giovanni Battista Scalabrini’, il vescovo che ha guidato la diocesi di Piacenza dal 1876 al 1905 e che si è imposto, com’è noto, per la sua capacità di governare il nuovo”. “Il Nuovo Giornale”, ha detto Fiorentini, ha vissuto questi 100 anni “con determinazione e spesso in una posizione di primo piano”. Per lo storico, “l’esperienza del giornale cattolico di Piacenza è significativa in quanto, proprio perché si è protratta nel tempo, diventa uno strumento utile per leggere la storia non solo del settimanale, ma anche della comunicazione cattolica così come si è sviluppata lungo l’intero secolo”, “espressione di una diocesi che ci pare, per dimensione, significativa anche per leggere una realtà molto più ampia”. “Il Nuovo Giornale” ha vissuto “quasi sempre in prima linea i vari momenti del secolo scorso”, ha rilevato ancora Fiorentini, pensando a direttori del calibro di mons. Francesco Gregori e dell’attuale card. Ersilio Tonini, “il primo direttore negli anni dell’avvento del fascismo e il secondo ai tempi del confronto politico dopo la seconda guerra mondiale”. Questo, ha concluso, “senza sottovalutare gli altri direttori i cui apporti sono stati fondamentali per dare continuità alla vita della testata e soprattutto per renderla strumento importante nella testimonianza dei cattolici in terra piacentina”. I 100 anni del settimanale sono stati ricordati anche dal card. Tonini, che ha raccontato la propria esperienza di direttore della testata dal 1947 al 1953.Sir