Vita Chiesa

CONVEGNO CEI ANIMATORI COMUNICAZIONE; MONS. BETORI: ANNUNCIARE IL VANGELO CON CREATIVITA

Hanno il compito di “contribuire ad incidere con l’annuncio del Vangelo il tempo moderno”. Per assolverlo devono avere almeno tre qualità: una “forte identità ecclesiale”, “spessore culturale” e “capacità creativa”. A delineare l’identikit degli animatori della comunicazione e della cultura è mons. Giuseppe Betori, segretario generale della Cei, aprendo questo pomeriggio a Roma il Convegno nazionale a loro dedicato che su iniziativa dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali e del Servizio nazionale per il progetto culturale ha quest’anno per tema, “Con il genio della fede in un mondo che cambia”.

La prima caratteristica dell’animatore impegnato nel campo dei media e della cultura è la sua “forte identità ecclesiale” e nello “stesso tempo” la capacità di proiettarsi “in tutti quegli spazi di dialogo e di confronto con il mondo contemporaneo che sono appunto segnati dalle comunicazioni sociali e dalla cultura”. Dall’animatore – aggiunge mons. Betori – la Chiesa si attende anche la capacità di dare un “nuovo spessore culturale all’annuncio del Vangelo”, intercettando gli uomini e le donne di oggi con “una proposta credibile di senso e di verità, là dove essi vivono, all’interno delle loro domande spesso cariche di angoscia, attraverso le inquietudini e le speranze che segnano i nostri giorni”. Si tratta quindi di “aiutare la comunità ecclesiale – ha spiegato mons. Betori – ad entrare in dialogo con gli uomini del nostro tempo, utilizzando tutti quei linguaggi e quei percorsi culturali che plasmano il volto della società contemporanea”. Il terzo elemento che caratterizza la figura dell’animatore è “la sua capacità di sviluppare uno slancio innovativo e una capacità creativa”. Si tratta – ha detto mons. Betori – di “rendere la presenza e il contributo della Chiesa nel territorio più significativi e interessanti per i cattolici ma anche per quanti non si riconoscono nella vita ecclesiale”. Il segretario generale della Cei, ha poi ribadito che il luogo primario dove dispiegare tutti questi sforzi è la parrocchia, “la dove – ha spiegato – i cambiamenti segnano più da vicino la vita quotidiana delle perosne e dove quindi più si avverte la frattura tra la tradizione cristiana, che trovava nella famiglia e in genere nella società il proprio supporto, quella tradizione a cui finora abbiamo affidato il compito della trasmissione della fede, e un ambiente culturale che da essa sempre più si distacca e che va, pertanto, nuovamente evangelizzato”. Mons. Betori ha quindi concluso il suo intervento lanciando un invito: quello ad “uscire da una sorta di atteggiamento subalterno del mondo cattolico nei confronti delle egemonie culturali che tendono ad emarginarlo”. Questo atteggiamento – ha aggiunto – “nasce dalla convinzione che nel Vangelo ci è data una fonte di piena verità sul mondo e sull’uomo” e “il primo ambito in cui deve emergere questa consapevolezza propositiva del cristiano oggi è quello delle comunicazioni sociali”.Sir