CONTRIBUTO AL QUARTO CONVEGNO ECCLESIALE NAZIONALE – VERONA 16-20 OTTOBRE 2006 Testimoni di Gesù risorto, speranza del mondoI SETTIMANALI DELLE DIOCESI ITALIANE COME SEGNI DI SPERANZA [1]La società di oggi sembra aver perso la speranza, tuttavia sente il desiderio di credere in qualcosa per dare un senso alla vita. Ha bisogno quindi di incontrare uomini di speranza e vedere segni di speranza. La Chiesa è il grande segno di Gesù Risorto, speranza del mondo, punto di riferimento credibile che sa offrire agli uomini e alle donne di oggi un orizzonte di senso. I credenti, che hanno ricevuto e vivono per grazia la speranza cristiana, partecipano a questa missione, la comunicano agli altri con la loro testimonianza, facendosi anima del mondo. Gli operatori dei media di ispirazione cristiana hanno un loro modo proprio e originale di partecipare a questa missione della Chiesa. La realizzano tramite i loro giornali ponendosi come soggetti attivi nel racconto e nell’interpretazione della realtà e della storia alla luce e con la forza della fede cristiana, ben sapendo che i media sono strumenti potenti e pervasivi della trasmissione di idee vere/false e di valori/disvalori, di formazione di opinioni e di comportamenti, nonché di modelli culturali.[2] Anzi, i media stessi sono portatori di una nuova cultura che nasce, prima ancora che dai contenuti, dal fatto stesso che esistono nuovi modi di comunicare, con nuovi linguaggi, nuove tecniche, nuovi atteggiamenti psicologici.[3]SEGNI DI SPERANZANumerosi sono i media cattolici, tramite i quali i credenti testimoniano la speranza cristiana. Hanno obiettivi comuni e caratteristiche tecniche analoghe a tutti gli altri media, tuttavia si distinguono da essi per lo spirito che li anima: è lo spirito evangelico che li porta a raccontare e riflettere sull’intera realtà dal punto di vista dei valori cristiani, con la passione e lo sforzo di interrogare e interpretare l’uomo d’oggi per offrirgli la vera e unica speranza che è Gesù e il suo Vangelo. Proponendo di fatto una visione del mondo alternativa a quelle imperanti, ricercano costantemente la verità e il bene dell’uomo, informano l’opinione pubblica ai valori evangelici, danno voce a chi è ritenuto o risulta debole agli occhi del mondo, portano a conoscenza di tutti le innumerevoli e concrete testimonianze d’amore e di solidarietà, privilegiano le buone notizie anche nelle vicende complesse e travagliate. Tre sono i gap, tipici della società di oggi, sui quali principalmente intervengono: la perdita dell’interiorità, l’incontro superficiale e la sostituzione della verità con l’opinione.[4]Tra i media di ispirazione cristiana, i periodici diocesani (settimanali o mensili; cartacei oppure on line; nonché le agenzie di stampa locali), diffusi nell’intero Paese con una presenza rilevante in testate e copie, hanno caratteristiche proprie che ne fanno una realtà peculiare. – Sono i giornali d’informazione di una diocesi, in stretto rapporto quindi con le rispettive comunità ecclesiali, di cui fanno trasparire la vitalità e la freschezza, il senso profondo e lo slancio della missione. Sanno coniugare questo impegno nel concreto del vissuto quotidiano e della cultura, non in modo astratto, ma in modo esperienziale. – Non si chiudono comunque all’interno di una comunità ecclesiale, anzi sono giornali essenzialmente legati ad un territorio di cui raccontano la storia e la vita, facendosi soggetti attivi all’interno di esso, solidali con il popolo che vi abita, punto di riferimento informativo e culturale, strumento di partecipazione popolare. – La loro presenza informativa pone in essere una rete di collegamenti che contribuisce alla costruzione sia della comunità ecclesiale che della comunità civile, radicandosi in una storia locale, dotata delle sue tradizioni, dei suoi valori e dei suoi personaggi. – Diventano così strumento di auto-identificazione di una comunità civile ed ecclesiale di uno specifico territorio che sente il giornale come proprio e indispensabile al suo esistere. Per tutti questi motivi si propongono come segno vivo di speranza cristiana in un preciso ambiente. Sarebbe auspicabile che ogni singola diocesi o più diocesi in sinergia li proponessero. Ponendo anche in essere gli investimenti e i progetti di marketing necessari per consolidarli e svilupparli, secondo una mentalità imprenditoriale e non più assistenziale, costituendo piccole redazioni di operatori regolarmente assunti (ora è finalmente possibile adottare contratti adeguati alle loro dimensioni), affiancati da collaboratori più o meno volontari, offrendo così posti di lavoro soprattutto ai giovani. Da oltre un secolo molte diocesi hanno adottato i settimanali d’informazione come importanti strumenti di evangelizzazione e di acculturazione, luoghi d’impegno per tanti laici. Sono un segno della creatività della comunità cristiana che spesso ha saputo anticipare la presenza di altri giornali sul territorio, a dimostrazione della grande lungimiranza di chi li ha fondati. È appunto nel segno di questa lungimiranza che oggi è richiesto il coraggio di fondare nuovi giornali là dove ancora mancano, di potenziare quelli esistenti e anche di rileggere il senso della loro attuale presenza, perché siano in grado di rispondere efficacemente al nuovo contesto mediatico, agli scenari profondamente mutati che sollecitano a interpretare e cogliere i segni dinamici e le provocazioni della presenza viva dello Spirito. È innegabile che il periodo è difficile, ma è anche favorevole: in un mondo globalizzato, le persone avvertono sempre più il bisogno di valorizzare e di rifugiarsi nel proprio ambiente particolare (il futuro dell’informazione a stampa si fa sempre più locale, come dimostrano le sperimentazioni in atto nei quotidiani nazionali); d’altra parte, di fronte a un’informazione culturalmente monocorde, si sente forte più che mai il bisogno di voci alternative. Di fronte a questi scenari, le diocesi non dovrebbero restare indifferenti. COME I SETTIMANALI DIOCESANI REALIZZANO LA SPERANZAQuali sono i punti di forza che fanno dei settimanali diocesani i segni della speranza cristiana nei rispettivi territori? 1 – SONO AVAMPOSTI NELLA MISSIONEI periodici diocesani sono giornali legati essenzialmente ai propri vescovi e alle Chiese locali e vanno considerati come elemento strutturale dell’evangelizzazione diocesana. Anzi, per la loro conformazione, si propongono come avamposti nella missione perché possono arrivare anche là dove i tradizionali strumenti della pastorale non arrivano e presentano caratteristiche di linguaggio e di appetibilità che possono favorire una notevole penetrazione nei loro ambienti. Realizzano, insomma, l’idea missionaria della nuova evangelizzazione per cui la Chiesa si apre e si rivolge al mondo[5] parlando un linguaggio comprensibile all’uomo d’oggi, per accompagnarlo nel cammino della storia. In particolare: Aprono al trascendente, convinti che Cristo risorto è la speranza del mondo. In una società che ha perso la dimensione interiore, che vuole escludere il religioso e lo spirituale dal suo orizzonte relegandolo nel privato, il coraggio di proporre una visione di fede della vita e del mondo fa sì che la stampa cattolica si ponga come una vera alternativa culturale. Hanno il coraggio servire la verità, smascherando il tentativo di ridurla a semplice confronto di opinioni del tutto relative, imposte a colpi di maggioranza[6], smontando le false notizie mediante un’operazione di risanamento quanto mai necessaria per la deriva che molti dei grandi media oggi hanno raggiunto e per il loro massiccio imporsi all’opinione pubblica con l’enfatizzazione delle informazioni nelle quali prevale la voglia di emozionare, di trascinare gli umori della piazza, senza la minima preoccupazione di offrire l’aiuto di un qualche approfondimento. Promuovono nell’opinione pubblica una cultura informata ai valori del Vangelo, in primis al valore della persona e della vita e al vero progresso dell’uomo (un’esperienza emblematica in tal senso è stato il referendum del giugno 2005). Sanno leggere e presentare i problemi e i drammi della storia con un vero senso critico che evidenzia realisticamente anche gli elementi di positività. Danno quindi un’anima alle notizie perché non si fermano alla superficie della pura descrizione della cronaca. Non nascondono i problemi, le difficoltà o i drammi dell’uomo e della sua storia, ma li affrontano con saggezza, realismo e coraggio, mostrando che la dignità dell’uomo non è soffocata da queste situazioni, che la solidarietà è sempre possibile, che esistono persone e gruppi e comunità che anche nelle situazioni più pesanti e inquietanti continuano a lottare per la giustizia e per il vero bene dell’uomo. 2 – TRASMETTONO IL PATRIMONIO DI UN TERRITORIOI periodici diocesani trasmettono ciò che costituisce il patrimonio vitale e culturale del territorio di riferimento[7]. Lo fanno in diversi modi: Raccontano la vita e tutta la vita, civile ed ecclesiale, dell’ambiente sociale in cui sono presenti[8], secondo una gerarchia di notizie che risponde a un background culturale dettato dai valori evangelici. In tal modo promuovono e favoriscono nell’opinione pubblica una precisa visione del mondo, della vita e del territorio stesso, alternativa a quelle imperanti asservite alla notizia-spettacolo e alla notizia-profitto. È quella visione che si radica nella tradizione cristiana del nostro popolo. Di esso raccontano soprattutto gli eventi positivi, tra cui la rivoluzione della carità con cui i credenti e tanti uomini di buona volontà stanno cambiando il mondo. Raccontando la vita di tutti, rendono protagonisti coloro che non hanno voce, coloro di cui nessuno mai parla e sono quindi relegati ai margini della società. Riflettono sugli avvenimenti quotidiani mediante commenti e dibattiti, promuovendo il confronto delle opinioni. Nel raccontare coinvolgono la comunità a tutti i livelli, i giovani in particolare, speranza della Chiesa e della società. 3 – SONO SOGGETTI ATTIVI DI CITTADINANZAI giornali diocesani si propongono come soggetti attivi nei singoli territori, strumenti tramite i quali si esprime e si realizza la dimensione dell’appartenenza civile e sociale degli uomini.[9]Informando in modo completo e corretto, rendono infatti coscienti i cittadini dei fatti e dei problemi del loro ambiente, favorendo la partecipazione civile. Svolgono inoltre un’opera di controllo sociale: contribuiscono cioè al miglioramento della vita comune, assumendosi la responsabilità di farsi pubblica coscienza critica. Si fanno luogo di presenza e promozione attiva dei vari soggetti sociali; strumenti di espressione della base popolare, attivando la partecipazione alla gestione della cosa pubblica; si propongono come luogo di confronto favorendo la maturazione civile dei lettori. In tal modo i giornali diocesani svolgono un vero e proprio servizio democratico. A questo livello si pone anche la questione politica. I giornali diocesani, inseriti come sono nel Paese e nei singoli territori, non possono non prendere posizione di fronte alle scelte politiche nazionali e amministrative locali. Il superamento del partito unico dei cattolici permette loro di essere più liberi, per cui nell’informazione e nella riflessione sugli eventi non fanno una pregiudiziale scelta di parte, ma – svincolati da ogni condizionamento ideologico, partitico ed economico – s’impegnano (con l’umiltà della limitatezza) a porsi sempre con coraggio dal punto di vista dei valori evangelici e dalla parte del bene comune. I lettori ne sapranno così apprezzare la coerenza, li sentiranno sinceramente solidali e attribuiranno loro stima e fiducia. I settimanali diocesani si pongono, infine, come strumenti di servizio per offrire alle comunità locali tutte le informazioni (comprese quelle pubblicitarie) utili a migliorare il vivere comune. 4 – SONO RETE DI RELAZIONI E DI COLLEGAMENTOIn una società che privilegia l’incontro superficiale, i settimanali cattolici diocesani sono tessitori di legami forti perché diventano una sorta di rete di collegamento che contribuisce a costruire sia la comunità civile, sia la comunità ecclesiale. Costruiscono la società in un singolo territorio, ponendosi al centro delle relazioni tra i cittadini, i gruppi sociali, i diversi livelli istituzionali; costruiscono la Chiesa locale favorendo l’incontro tra i credenti, le associazioni, i movimenti ecclesiali, i pastori e il popolo di Dio. In tal mondo rafforzano l’identità di un territorio e di una Chiesa particolare, aprendosi nello stesso tempo al Paese, al mondo e alla Chiesa universale. Sono in questo senso un’espressione eminente e uno strumento prezioso della carità cristiana.[10]5 – LUOGO DI CONFRONTO E DI DIALOGOSe i media in generale sono il primo areopago del tempo moderno,[11] ciò vale soprattutto per un giornale locale che ha il vantaggio della vicinanza ai propri lettori. Per cui, a completamento dell’opera d’informazione e di rete di cui s’è parlato, il periodico diocesano può farsi luogo di un dibattito libero e leale nel confronto tra le opinioni a tutti i livelli, civile ed ecclesiale, favorendo in tal modo l’approfondimento dei fatti e delle idee per un arricchimento culturale dell’intero territorio. Tutti potranno sentirsi coinvolti e percepire il settimanale come proprio, se non sempre condividendo il punto di vista cristiano da cui si pone, almeno come luogo di crescita nel confronto attorno a valori condivisi. In questo contesto i settimanali diocesani favoriscono il dialogo anche tra credenti e laici. Tale servizio i periodici diocesani lo realizzano in particolare nella comunità ecclesiale sollecitata dall’attuale scenario politico. Se infatti il legittimo pluralismo non ha nulla a che fare con una diaspora culturale dei cattolici, il settimanale diocesano si offre come uno dei luoghi d’incontro per i cristiani impegnati in politica, allo scopo di incrementare il dialogo e di trovare linee di convergenza e obiettivi comuni sui valori evangelici. Si mettono così al servizio di quel discernimento comunitario che è stata una delle indicazioni più forti del Convegno di Palermo.[12] È un impegno difficile, che si pone come obiettivo di superare le gravi fratture createsi nella comunità cristiana e stigmatizzate di recente dai vescovi lombardi.[13]6 – IL LINGUAGGIOQuesto lavoro di evangelizzazione, di inculturazione, di trasmissione e di presenza attiva come rete ecclesiale e sociale, i settimanali cattolici la svolgono tramite l’informazione, cioè tramite il racconto che è il proprio linguaggio principe. E, nell’esercizio del raccontare, svolgono il loro servizio adottando il metodo dello scrivere chiaro. Un linguaggio comprensibile (anche nell’informazione ecclesiale) non è solo una questione tecnica mirata al miglior consumo del prodotto giornale e quindi, in ultima istanza, al ritorno economico, ma è soprattutto un impegno etico e democratico verso le classi più deboli che diversamente rischiano di restare emarginate dalla comunicazione e quindi dal loro ambiente sociale ed ecclesiale. Il linguaggio è quindi una questione fondamentale per un settimanale diocesano che s’ispira al metodo stesso di Gesù, Parola fatta carne, che parlava usando parabole e similitudini allo scopo di intercettare i semplici e pregava: Ti benedico, o Padre, […] perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli (Mt. 11, 25).[14]7 – GLI OPERATORI COME EVANGELIZZATORIGli operatori dei settimanali diocesani sanno bene che l’ispirazione cristiana di questi strumenti non abita nelle pagine, ma nelle persone che li confezionano. Non è automaticamente per il fatto di essere media della Chiesa che i settimanali garantiscono la comunicazione della speranza cristiana, ma è per il fatto che gli operatori dei settimanali la vivono per primi, ne fanno esperienza personale nella loro esistenza di membri attivi e responsabili della Chiesa e della comunità civile, condividendo il cammino di conversione pastorale e culturale della Chiesa italiana. Con questo spirito, nutrito da una costante preparazione, essi considerano il loro lavoro e la loro collaborazione al settimanale diocesano come una vera e propria vocazione, come un carisma peculiare fra i tanti che arricchiscono la comunità cristiana. Un carisma assolutamente attuale e necessario che le comunità dovrebbero promuovere e sostenere. 8 – SINERGIE TRA MEDIA CATTOLICII settimanali diocesani d’Italia sono convinti della necessità di promuovere iniziative stabili di sinergia tra i media di ispirazione cristiana. Innanzitutto sono tra di loro uniti in un’associazione: la Federazione Italiana Settimanali Cattolici (Fisc) che proprio in questo 2006 celebra i quarant’anni della sua esistenza. Sono associati allo scopo di creare comunione tra direttori e operatori, di perfezionare il loro impegno di evangelizzazione e attivare sinergie tecniche ed editorali, valorizzando nel contempo le singole autonomie. Diciotto anni fa hanno costituito una agenzia di informazione, il Sir, che oggi offre loro servizi di qualità, aprendosi all’orizzonte nazionale ed europeo. Auspicano che vengano attivate sinergie durature anche con tutti i media cattolici di informazione, in particolare con il quotidiano Avvenire, con gli altri quotidiani cattolici oggi esistenti e con i vari rotocalchi, ponendo attenzione ai fenomeni in atto, soprattutto in Lombardia. CONCLUSIONEQuanto proponiamo in questo contributo costituisce un ambizioso obiettivo che i direttori e i collaboratori dei settimanali diocesani intendono perseguire nei prossimi anni per far compiere un ulteriore passo in avanti ai loro giornali in sintonia con il cammino della Chiesa italiana. Siamo coscienti dei nostri limiti e dei diversi livelli delle nostre testate, ma siamo certi che – con l’impegno di tutti e lo sforzo associativo – saremo in grado di affrontare le sfide del futuro. Anche questa nostra convinzione vuol essere una testimonianza di speranza cristiana. Nel contempo, a 40 anni dalla sua fondazione, la Fisc prende ancor più coscienza dell’importanza del proprio ruolo nel far sì che i settimanali cattolici diocesani siano sempre più protagonisti qualificati, ciascuno nei singoli territori e insieme nel Paese e nella Chiesa italiana.
Federazione Italiana Settimanali Cattolici
Note – Questo testo è il frutto di una riflessione dei direttori dei settimanali diocesani nel convegno I settimanali diocesani nell’esercizio del trasmettere. Un contributo al Convegno Ecclesiale di Verona celebrato a Milano il 17 marzo 2006 e della relazione tenuta al convegno stesso dal card. Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, sul tema: Vita e voce di speranza dai settimanali diocesani. – Testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo, Traccia di riflessione in preparazione al Convegno Ecclesiale di Verona, 16-20 ottobre 2006, n. 15-D. – Comunicazione e Missione, Direttorio sulle comunicazioni sociali nella missione della Chiesa, n. 4. – Idem, n. 20. – È il pensiero già di padre Alberiore nel fondare la famiglia paolina, il cui specifico carisma è proprio l’evangelizzazione tramite la comunicazione sociale. – Comunicazione e Missione op. cit., n. 22. – Testimoni di Gesù risorto, op. cit., n. 15-D. – S’ispirano a quanto scrive l’Istruzione Communio et Progressio, strettamente connessa al decreto conciliare Inter Mirifica: L’attività degli scrittori cattolici si rivolge a tutto il vasto campo dell’informazione, della critica, dell’interpretazione di ogni settore e aspetto della vita odierna, e di ogni problema che preoccupa l’uomo d’oggi, ma sempre nella visione cristiana della vita. (…) La stampa cattolica sarà quindi come uno specchio fedele del mondo, e nello stesso tempo, un faro che lo illumini. (n.138). – Testimoni di Gesù risorto, op. cit., n. 15-E. – In quanto fattore di comunione e di condivisione, la comunicazione è da considerare espressione eminente della carità, Comunicazione e Missione op. cit., n. 66. – Cfr. Giovanni Paolo II, Redemptoris Missio, n. 37-C. – Discorso di Giovanni Paolo II al Convegno Ecclesiale di Palermo, 23 novembre 1995. – Un po’ più di responsabilità dopo le elezioni del 2006. Riflessioni pastorali dei vescovi lombardi, 3 maggio 2006. – Allo scopo di favorire un linguaggio comprensibile nell’informazione religiosa dei propri giornali, contro l’ecclesialese imperante, la Federazione Italiana Settimanali Cattolici (Fisc) e il Sir hanno istituito il Premio Fallani (intitolato a Giovanni Fallani, un vero e proprio maestro in tal senso) per giornalisti che si distinguano nell’informare sui fatti ecclesiali con competenza, proprietà e chiarezza di linguaggio.