Lettere in redazione
Contenti di passare per «bischeri»
«Questo a me, questo a te e questo all’India», recitava Totò spartendosi col compare le risorse destinate agli aiuti per il paese asiatico in difficoltà, laddove la parte destinata ai due furbetti era costituita dai proventi di una sottoscrizione popolare, mentre la quota prevista per l’India si limitava all’usato gesto dell’ombrello sull’avambraccio. Questa scenetta descrive uno dei mali peggiori che affliggono l’Italia. I furbetti prosperano alle spalle degli esclusi dai centri di potere, grandi e piccoli, dalle istituzioni politiche agli enti pubblici e privati, fino alla più oscura bocciofila. Sono pieni di questi pupari oltre ai templi della politica e delle istituzioni, gli istituti di controllo, i comitati di sorveglianza, i collegi dei saggi e ogni sorta di consesso cui sia stata attribuita una qualche autorità. Di fronte a un simile andazzo non fa meraviglia il dilagare della rassegnazione, del disfattismo: vivere alla giornata, perseguire in primo luogo, e con ogni mezzo, i propri interessi…. E pazienza se tutto il resto va allo sfascio…. Alcuni invocano maggiori controlli, ma non c’è poi chi creda nei controllori. Alzi la mano chi può indicare quali problemi abbiano risolto i vari garanti che sovrintendono all’attività dei mezzi di informazione, che tutelano i diritti dei consumatori, che controllano la qualità dei servizi al cittadino. Altri suggeriscono che l’esercizio delle cariche pubbliche debba svolgersi gratuitamente: proposta condivisibile nelle intenzioni, ma pessima nelle conseguenze, perché porterebbe solo i ricchi al potere…. Detto questo, la proposta consiste nell’estrazione a sorte dei candidati alle cariche pubbliche, da parte dei partiti, fra tutti gli aderenti al movimento che dichiarino la propria disponibilità. Proviamo a immaginare quante benefiche energie si libererebbero nelle più svariate aggregazioni sociali (a partire dalle minori fino all’apice delle istituzioni) se ciascuno dei loro appartenenti sapesse di portare nel proprio zaino il bastone di maresciallo. E, soprattutto, sparirebbe d’incanto il cancro delle spartizioni, delle raccomandazioni, degli intrallazzi, delle corruttele, dei mercimoni, delle occupazioni a vita delle poltrone…. Va da sé che occorrerebbe risolvere i casi di inadeguatezza e motivare le capacità non premiate dalla fortuna con misure atte a favorire, come in un gioco di specchi, il prevalere della luce sulle zone d’ombra. Parafrasando il grande statista, la proposta è modesta e non definita nei dettagli, la sua validità tutta da dimostrare. Ma per il solo fatto che nell’attuale dibattito sulla riforma elettorale uno degli aspetti più controversi sia il problema delle preferenze, varrebbe forse la pena di parlarne.
Non so, caro Guida, se la proposta sia praticabile. Certo, come ricorda anche lei nella sua lunga lettera (che per questo ho dovuto in parte tagliare), un qualcosa del genere era già successo a suo tempo nella Firenze rinascimentale. Personalmente, però, sarei più propenso all’elezione, possibilmente con quel voto di preferenza che ci è stato scippato. Vorrei comunque, in ogni caso, che non ci lasciassimo andare alla «rassegnazione» e al «disfattismo». Dobbiamo ribaltare il concetto di furbo ed essere contenti di passare per «bischeri», come si dice in parte della Toscana, se ci adoperiamo per il bene comune e non per i propri interessi.
Andrea Fagioli