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Consiglio europeo: Tajani, «estensione Brexit non oltre l’11 aprile»

Al centro del Consiglio europeo iniziato ieri a Bruxelles, la spinosa questione della Brexit, ma nel suo discorso il presidente del parlamento europeo, Antonio Tajani, ha toccato anche altri temi, come il rischio-disinformazione alle elezioni Ue. «Proteggere nostri cittadini e nostre imprese da pratiche sleali cinesi».

(Bruxelles) L’eventuale estensione dell’Articolo 50 «dovrebbe essere il più breve possibile ed essere concessa solo nel caso in cui fosse raggiunto, nel corso della prossima settimana, un accordo alla Camera dei Comuni sul trattato di uscita». Lo ha ribadito il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, nel suo discorso dinanzi ai 28 capi di Stato e di governo Ue, riuniti a Bruxelles per il Consiglio europeo che sta valutando la richiesta inglese di spostare in avanti la data del Brexit. «Gli Stati membri e le istituzioni europee hanno gestito questi due anni – ha detto Tajani – con grande unità e senso di responsabilità. Abbiamo dato prova di grande pazienza, spingendoci fino ad un punto oltre il quale non è possibile andare, pena la messa in pericolo del mercato interno, il nostro bene più prezioso. A una settimana dalla scadenza del 29 marzo, spetta ora ai britannici trovare una via di uscita. Il Parlamento continua a credere che l’accordo negoziato rimanga l’unica soluzione disponibile per assicurare una uscita ordinata e limitare i danni per i cittadini e le imprese». Tajani segnala anche una data massima per l’estensione dell’Articolo 50: «non oltre l’11 aprile, ultima data utile per il Regno Unito per organizzare le elezioni al Parlamento europeo».

Il presidente ha aggiunto: «per noi una estensione ha senso solo se la settimana prossima vi sarà l’accordo della Camera dei Comuni sul trattato di uscita. In caso contrario, una estensione non avrebbe alcun senso: che i britannici chiedano un rinvio sine-die e organizzino le elezioni dei deputati britannici al Parlamento europeo». Infine: «la scelta non è tra una estensione lunga o tra una estensione corta, ma tra una estensione utile e una estensione inutile. Ad oggi non conosciamo lo scopo di tale richiesta, che non può certamente essere quello di perdere ulteriore tempo o di rinegoziare l’accordo, a meno che le famose red lines del governo britannico non cambino. Ricordo inoltre che l’ultima data per una eventuale ratifica dell’accordo è il 18 aprile, ultimo giorno di sessione del Parlamento. Infine, il 23-26 maggio si terranno le elezioni europee. È imperativo che il quadro sia chiaro prima delle elezioni, per evitare problemi giuridici, non solo legati alla composizione del Parlamento, ma anche alle leggi elettorali degli Stati membri e ai diritti di voto dei cittadini».

Nel suo intervento il presidente dell’Europarlamento si è soffermato sui principali punti in agenda. «Il Parlamento europeo – ha detto – non considera la Cina un’economia di mercato. Di fatto, Pechino utilizza in modo sistematico sussidi e sottrae tecnologie europee attraverso pratiche sleali. Anche sugli appalti, non vi è reciprocità. Mentre imprese a controllo cinese possono partecipare ad appalti in Europa, beneficiando talvolta anche di fondi dell’Unione, le imprese europee in Cina sono spesso discriminate. Le imprese europee sono leader nella qualità e nelle tecnologie. Eppure, a causa di queste pratiche sleali, l’Ue ha un deficit commerciale di 150 miliardi con la Cina. Il Parlamento europeo ha chiesto e ottenuto regole anti-dumping severe, in cui l’onere della prova è a carico di chi è accusato di pratiche sleali. Oggi inoltre viene pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il regolamento dell’Unione per il controllo degli investimenti stranieri in Europa, che permetterà di verificare se un investimento straniero è finalizzato a sottrarre tecnologie o brevetti europei in maniera indebita».

Sui rapporti Ue-Cina, Tajani ha osservato ancora: «lo sviluppo della rete e degli standard 5G è fondamentale per la nostra sicurezza e per il progresso delle applicazioni digitali. Chi progetta e costruisce queste infrastrutture, ottiene potenzialmente il controllo su moltissime funzioni, non solo di natura commerciale. Prima di affidarsi a tecnologie e aziende cinesi, sono necessarie analisi e controlli. Per questo, la settimana scorsa a Strasburgo, il Parlamento ha votato a larga maggioranza una risoluzione che esprime grande preoccupazione sulla possibilità che lo sviluppo del 5G sia affidato ad aziende cinesi». Il Parlamento chiede, inoltre, agli Stati membri «di dotarsi di regole e certificazioni per evitare falle nella sicurezza delle infrastrutture digitali europee. L’Unione europea deve continuare a dimostrare unità e determinazione. Solo così potremo proteggere i nostri cittadini e le nostre imprese dalle pratiche sleali cinesi, che ci sono già costate posti di lavoro e perdita di competitività».

Antonio Tajani, nel corso del suo intervento ha affrontato anche il tema del rischio di disinformazione nelle prossime elezioni di maggio. «La settimana scorsa a Strasburgo il Parlamento europeo ha approvato, a grande maggioranza, una risoluzione in cui si riconosce che negli ultimi anni l’Europa è stata vittima di attività di propaganda e disinformazione da parte di Russia, Cina, Iran e Corea del Nord. La libera scelta degli elettori europei deve essere garantita. Il Parlamento chiede regole che obblighino i social network a rimuovere i contenuti mirati a manipolare l’opinione pubblica e garantiscano che le piattaforme online collaborino con le forze dell’ordine nell’individuare le fonti di disinformazione straniera. Occorrono, infine, sanzioni per tutte le organizzazioni che utilizzano illecitamente i dati personali dei cittadini per influenzare indebitamente il loro voto». Quindi un passaggio del discorso dedicato alla Web tax: «Il Parlamento europeo chiede che i giganti digitali paghino le tasse. Per questo, lo scorso dicembre, abbiamo adottato a Strasburgo, con un’ampia maggioranza, i due pareri sulle proposte di direttive del Consiglio relative alla tassazione delle imprese digitali che operano nell’Ue».

«Dispiace constatare che, all’ultimo vertice Ecofin della scorsa settimana, gli Stati membri non siano stati in grado di raggiungere un’intesa su questo punto. I nostri cittadini e le nostre imprese chiedono servizi digitali disponibili, ma non accettano tassazioni di favore o forme di concorrenza sleale da parte dei giganti del web. È tempo che l’Unione dia una risposta forte e coesa alle grandi piattaforme digitali per una giusta ed efficiente tassazione».