Vita Chiesa

CONGRESSO EUCARISTICO; MONS. BETORI: «L’EUCARISTIA ILLUMINA LA VITA DELL’UOMO»

Recuperare la dimensione trascendente della festa per rieducare la vita dell’uomo. È in sintesi quanto ha detto il segretario generale della Cei, mons. Giuseppe Betori, nel suo intervento tenuto oggi al Congresso eucaristico nazionale (Cen) in svolgimento a Bari. “La festa dà senso e tracciato all’esodo dell’umanità – ha detto mons. Betori – e soltanto il recupero della festa potrà dare fondamento di significato al cammino e tracce sicure, che segnino il percorso di tutto il tempo, feriale e festivo, della storia delle persone e dell’umanità. La festa è una risorsa di senso per il tempo”.

Per sfuggire al relativismo odierno e per andare oltre la concezione ludica e sociale della festa serve “ridare qualità al tempo”. Per far ciò non basta dire che “l’uomo deve poter periodicamente uscire dalle costrizioni della necessità e nella festa fare esperienza di gratuità, ovvero deve avere modo di venir fuori dalla solitudine e creare occasioni di aggregazione con gli altri. Tali aspirazioni da sole non bastano per dare alla festa un senso compiuto. Vale per la dimensione ludica e gratuita della festa, che da sola però non può darsi un fondamento etico che vinca sulla diffusa cultura funzionale e utilitaristica. Anche la spinta al convergere sociale non basta da sola a dare ragioni di festa: si annega nell’anonimato delle folle, che non è meno arido della solitudine. La festa ha a che fare con il bisogno di riappropriarsi del senso del tutto. Ma questo, nella prospettiva cristiana, non è una semplice congerie di valori, più o meno armonicamente collegati. Il senso non può essere un’idea, ma una persona e il nostro incontro con lui. Per noi cristiani ha un nome: Gesù Cristo. La tipicità della festa cristiana sta nel suo fondamento cristologico. I cristiani, parlando di festa, non parlano dunque di una qualsiasi festa, ma della domenica, la festa del Risorto, dell’Eucaristia”.

La festa, dunque, è “segno della novità di vita che ci è donata, appello alla libertà e alla responsabilità, invito a resistere alla tentazione di pensare che tutto sia vecchio e caduco”. La domenica, ha aggiunto il segretario generale della Cei, “è anche il giorno della gioia dell’incontro e della solidarietà, giorno di festa della fraternità”.

Un modello ben diverso da quello offerto dalla cultura secolarizzata: “La società crea feste su misura per i suoi consumi, sfruttando i sentimenti più cari; si importano feste da altre culture, creando bisogni inesistenti su un’assenza di fondamento culturale. Ma non si risponde così alla richiesta di senso che è racchiusa nella festa che è spesso una ipertrofia del quotidiano dove si portano all’esasperazione la forme contraddittorie dell’esistenza contemporanea, invece di denunciarle e liberarsene. Di qui il carattere prevalentemente esibizionistico, edonistico, egocentrico delle feste”. Tutto il contrario della “vera festa, quella del Risorto, che nella oblazione di sé ha trovato l’esperienza gioiosa della vita nuova. La proposta cristiana della festa domenicale indirizza alla gratuità dei rapporti, all’apertura di orizzonti nuovi di conoscenza e di bellezza, all’incontro con gli altri nel leale confronto del gioco, alla presa in cura amorevole dell’altro”. Questo esige dai cristiani di essere testimoni di gratuità nel tempo: “Contro la sindrome collettiva della mancanza di tempo, i cristiani ‘hanno tempo’, affermano il primato del tempo qualitativo sul tempo quantitativo e soddisfano, per sé e per gli altri, la ricerca di dare insieme senso alla vita. Insieme ma non a prezzo dell’identità personale e culturale. La credibilità della nostra testimonianza si lega alla consapevolezza che il Crocifisso risorto è il Figlio di Dio fatto uomo”.

La festa cristiana si oppone alla concezione della festa “come evasione dal tempo”. Si tratta, per mons. Betori, di “rieducare la vita a partire dalla domenica”. “La frequentazione della cultura letteraria, l’apprezzamento del bello, nelle sue forme naturali e artistiche, ricercate anche attraverso un intelligente turismo, la valorizzazione della musica e di altre forme di espressione artistica e di intrattenimento” sono alcune delle strade menzionate dal segretario della Cei per questa rieducazione, così come “l’apprezzamento del proprio corpo, l’espressione delle sue funzioni e potenzialità nel gioco e nell’esercizio sportivo”. Dalle “odierne forme secolari della festa: stadi di calcio, grandi concerti rock, sagre popolari e discoteche – ha proseguito – si esce soli come prima”.

L’incontro nella festa vissuta nella prospettiva del Risorto ha, invece, un altro volto: “Nasce dal dono di sé e si compie nel generare spazi di vita per tutti. La ricerca delle relazioni è indirizzata verso chi è più distante e più isolato, con uno slancio della carità che punta a superare ogni barriera. La festa diventa spazio di pace, di perdono, di ricostruzione di rapporti interrotti, di esercizio concreto della misericordia. Il riposo dal lavoro si traduce in una libertà in cui diventa più facile fruire del creato senza esserne soggiogati e aprirsi a relazioni umane fraterne non sottoposte a logiche produttive e commerciali”.

In questa ottica vanno vissute “le varie forme di volontariato caritativo che la festa domenicale suggerisce, favorisce e prolunga nei giorni feriali. Se ne avvantaggiano anzitutto le famiglie e la loro coesione. Il significato della festa domenicale lievita anche nella società e nella politica, poiché alla scuola dell’Eucaristia si promuove una cultura del dialogo che crea corresponsabilità nei riguardi della cosa pubblica”. La festa vissuta nella prospettiva dell’Eterno, ha concluso Betori, “apre l’uomo alla gratitudine verso Dio e quindi, in lui, verso i fratelli. È solo dalla radice dell’apertura a Dio che la festa può essere ricondotta alla sua origine pacificante: la vita liberata dal dominio della solitudine mortale, dell’odio, dello sfruttamento e dell’umiliazione della dignità della persona umana”.Sir

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