(Castel Gandolfo) – Credo che l’umanesimo, l’umanizzazione potremmo dire, del lavoro nei suoi contesti culturali e sociali in cui stiamo vivendo, chieda una particolare attenzione nei confronti dell’occupazione e delle incertezze del mercato e del precariato. Lo ha detto oggi pomeriggio, mons. Giuseppe Merisi, vescovo di Lodi e presidente della Caritas italiana, nel corso del suo intervento in occasione del 44° incontro nazionale di studi delle Acli sul lavoro scomposto. Mons. Merisi ha sottolineato che il mondo giovanile e le famiglie hanno diritti e doveri, ma soprattutto hanno diritto di poter guardare al futuro con serenità, anche per dare alla scuola e alla formazione, che è sempre anche formazione professionale oltre che umana, un contenuto e uno spessore che garantisca e prepari una vita degna e ricca di prospettive.Penso che il tema della fraternità e del dono, posto al centro dello sviluppo economico, superando ma non eliminando la distinzione fra giustizia, all’interno delle relazioni industriali e la carità – ha proseguito mons. Merisi – consenta di pensare il lavoro come rapporto fra prestatori d’opera ma anche come rapporto tra i fattori produttivi, compresi capitale e società civile. In termini di legittimo benessere e sostegno alla famiglia, sicurezza e vita sociale all’insegna del bene comune, si possono trovare nel lavoro uno spazio e un luogo di serena realizzazione. Tutto questo, ha spiegato il vescovo di Lodi, non va fatto eliminando il conflitto, ma collocandolo in un contesto, non facile, ma necessario di fraternità oltre che di rispetto della legge. Infine, il presidente della Caritas ha invitato 1e realtà del mondo cattolico a trovarsi, parlare, ascoltarsi e immaginare insieme progetti e soluzioni, in questo campo del lavoro, come in tutti gli altri campi di solidarietà e carità. (Sir)