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CONGO, FERMIAMO LA STRAGE. APPELLO DEI DEHONIANI
“Fermiamo le stragi nel Congo”, è l’appello del Capitolo generale dei Sacerdoti del Sacro Cuore (Dehoniani), in corso a Roma fino a metà giugno. La Congregazione è presente nella Repubblica Democratica del Congo da oltre 100 anni occupandosi di evangelizzazione e promozione umana della popolazione. Padre Dino Ruaro, della Provincia congolese, ha preso la parola diverse volgte nel corso di questi giorni, per aggiornare il Capitolo sulla situazione tragica del paese africano. Si valuta che 3.200 rifugiati siano in viaggio per Mambasa. Esausti e senza cibo, avranno bisogno di molta assistenza. Ci sono già 5.000 rifugiati in città, molti dei quali erano venuti l’agosto scorso. Durante la crisi iniziale, i Dehoniani avevano preso contatti con una Organizzazione Non Governativa, dando da mangiare ogni giorno a 2.000 rifugiati. Finora quelli che sono venuti in città sono stati aiutati dai residenti, e la parrocchia aveva qualche risorsa: riso e fagioli sono stati messi da parte per i rifugiati. In ogni caso il cibo non durerà a lungo e occorrono altri soldi per gli approvvigionamenti.
Nell’appello, diffuso dal Capitolo, i Dehoniani esprimono “profonda preoccupazione per gli avvenimenti drammatici che si stanno verificando in queste settimane nella fascia orientale della Rdc e in modo particolare nella regione dell’Ituri e zone vicine”, scrivono i religiosi. E – aggiungono “deploriamo l’ostinazione di cui fanno prova i capi delle parti in causa nell’accanirsi in sanguinose operazioni militari, e questo nonostante gli accordi di cessate il fuoco firmati recentemente”.
Si sottolinea inoltre, che in una simile situazione di caos e di violenza, il possibile ritiro delle forze Onu “significherebbe abbandonare le popolazioni di intere regioni alla loro triste sorte e consegnarle nelle mani di milizie arrabbiate, capaci solo di saccheggiare, distruggere e uccidere”.
L’appello dei religiosi va ai governi africani ed occidentali perché “assumano le loro responsabilità per porre fine a questa strage” e alle Nazioni Unite affinché “non ritirino milizie e osservatori dalle zone a rischio” ed anzi sia “rafforzata” la presenza dei “caschi blu” con un mandato “che permetta loro non solo di garantire la propria incolumità personale, ma anche di proteggere le popolazioni civili e di sradicare le azioni di guerra e di guerriglia”.