Toscana

CONFERENZA REGIONALE SULLA MONTAGNA, LA «FOTOGRAFIA» DELL’IRPET

Un territorio pari a circa la metà di quello regionale, abitato da circa un quinto dei cittadini toscani: ma anche un complesso di problemi, sfide, opportunità la cui conoscenza è premessa fondamentale per costruire il futuro della montagna toscana. Con una precisa consapevolezza: “Le montagne toscane appaiono oggi come una realtà molto più diversificata rispetto al passato, quando tutte le aree erano accomunate dal fatto di essere rimaste ai margini dello sviluppo industriale”.

E’ questa la visione di insieme che questa mattina, nella prima giornata della Conferenza regionale delle montagne di Toscana, è stato possibile proporre grazie alla “fotografia” elaborata dall’Irpet. Un quadro che sarà alla base della futura Intesa per uno sviluppo sostenibile dei territori toscani e che, sulla base anche degli appuntamenti che hanno preceduto la Conferenza, si articola su tre assi principali: le risorse umane, le risorse economiche e le risorse territoriali.

Le risorse umane. Dopo i decenni dello spopolamento dal 2000 in poi si è registrata una vera e propria inversione di tendenza. Le aree montane toscane hanno cominciato ad attrarre di nuovo popolazione, anche se con dimensioni molto inferiori a quelle dell’esodo (6 mila nuovi abitanti nel periodo 2000-2004 contro i 150 mila persi tra il 1951 e il 1971).

L’accessibilità dei servizi resta comunque assai diversa rispetto a quella delle aree non montane. In montagna gli asili nido hanno bacini di utenza di 193 chilometri quadrati contro i 32 delle aree non montane, le farmacie di 45 chilometri quadrati contro i 15, gli uffici postali di 30 contro 19, gli alimentari di 6 contro 2 chilometri quadrati.

“Di fronte a una prospettiva futura che vede da un lato un tendenziale aumento della domanda di servizi di cura (a causa dell’invecchiamento della popolazione e dell’aumento delle persone sole) – si legge nel documento dell’Irpet – e dall’altro un andamento ‘non crescente’ delle risorse economiche disponibili, diviene sempre più stringente il problema dell’innovazione”. Non è un caso che le Comunità montane siano stati gli enti più attivi nella riorganizzazione della rete dei servizi attraverso le gestioni associate.

Le risorse economiche. In generale rispetto alle aree non montane, la montagna risulta ancora meno vivace dal punto di vista economico e occupazionale e meno interessata ai processi di terziarizzazione, ma anche caratterizzata da una maggiore presenza relativa delle attività manufatturiere (sono il 45 per cento del totale in montagna contro il 35 per cento del resto della regione) e da una loro maggiore tenuta. Nell’ultimo decennio, infatti, gli addetti all’industria sono diminuiti del 4,6 per cento nelle aree non montane e dello 0,6 per cento in quelle montane.

Il settore primario, che pesa solo per il 2 per cento sul Pil regionale, rappresenta circa il 4 per cento in montagna. Sono 51 mila le aziende agricole della montagna toscana, con una dimensione media per azienda superiore a quella regionale (15 ettari contro 12), anche se con una redditività minore. Importante lo sviluppo sia dell’agricoltura biologica, con quote di superficie che in alcune realtà (colline del Fiora, Alta val di Cecina) arriva e supera il 40 per cento, che delle attività agrituristiche (in montagna si concentrano circa il 40 per cento delle strutture).

Le risorse territoriali. Con oltre un milione di ettari di boschi la Toscana detiene la più vasta superficie territoriale toscana. Di essi una quota importante ricade in montagna. In montagna e in collina sono compresi 1.460 ettari di parchi e aree protette, pari al 73,4 per cento della superficie totale regionale. Quattro tipi di aree. La “fotografia” dell’Irpet ha consentito di individuare quattro tipi di aree. Un primo tipo (area lucchese, val di Bisenzio, Media valle del Serchio) ad alto potenziale di sviluppo, il cui fattore trainante è la presenza di importanti attività manifatturiere; un secondo, (Appennino nordorientale e Alta Versilia) con potenzialità di sviluppo medio-alte, con relativa vicinanza ai maggiori centri urbani e diversificazione produttiva; un terzo (Valtiberina, Cetona, Val di Merse, Garfagnana, Val di Cecina e Arcipelago toscano) anch’esso caratterizzato dalla diversificazione produttiva ma da una maggiore lontananza dai centri urbani, tanto è vero che le difficoltà risiedono essenzialmente in una maggiore accessibilità ai servizi; un quarto infine costituito dalla aree tradizionalmente più deboli, segnate dalla forte perifericità, dalla scarsa accessibilità anche infrastrutturale, dalla debolezza della base produttiva e demografica, ma anche da buone potenzialità legate a una attenta valorizzazione delle risorse naturali e culturali. (cs-pc)