Vita Chiesa
COMPENDIO DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA: PENA DI MORTE, GUERRA E ABORTO TRA LE VOCI
In una società come la nostra, “è ormai inutile applicare la pena di morte”, visto che “abbiamo tutti i mezzi a disposizione per difenderci dai criminali senza farvi ricorso”. Così il card. Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, nel corso della presentazione alla stampa del “Compendio della dottrina sociale della Chiesa”. Né un “Bignami”, né un “catechismo”, ha precisato l’esponente vaticano illustrando alla stampa il testo, “senza precedenti nella storia della Chiesa”, in cui “non c’è niente che non sia stato detto dai papi” sul magistero sociale. Il Compendio è un volume di 505 pagine (diviso in tre parti, più l’introduzione, e 12 capitoli), di cui 319 di testo e le rimanenti formate da un dettagliato “corpus” di indici, dei riferimenti e analitico.
“La separazione tra etica e politica tende a riguardare anche i rapporti tra politica e religione, relegata ad affare privato”, è la denuncia di Martino, secondo cui “la collaborazione interreligiosa sarà uno dei percorsi di valore strategico per il bene dell’umanità, decisivo nel futuro della dottrina sociale”. E’ il tema della pace e dei diritti umani, in particolare, quello su cui “le grandi religioni dell’umanità devono collaborare tra loro per eliminare le cause sociali e culturali del terrorismo”, come raccomanda il Papa, ed “il terreno dei diritti umani, della pace, della giustizia sociale ed economica, dello sviluppo, nel prossimo futuro, sarà sempre più al centro del dialogo interreligioso”. Altro tema centrale del Compendio, ha detto il relatore, quello delle “responsabilità sociali” che i laici devono assumersi nella società, attraverso la “testimonianza personale” e una “nuova progettualità per un autentico umanesimo che coinvolga le strutture sociali”.
Mons. Giampaolo Crepaldi, segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, ha confermato che il nuovo Compendio “ripropone il magistero consolidato” in materia e costituisce “un incoraggiamento verso l’abolizione della pena di morte”. Riguardo alla questione della “guerra preventiva”, Martino rispondendo ad una domanda di un giornalista ha precisato che, anche se non si condanna esplicitamente, “si capisce che non è una bella cosa”, e che ogni “legittimazione morale e giuridica non convince”.