Vita Chiesa

COMMENTI, Bianchi: «Non un Dio privato»

DI Enzo Bianchipriore di BoseQuest’anno l’incontro tra il papa e i giovani è avvenuto nella continuità delle Giornate Mondiali della Gioventù, ma anche nella novità costituita da Benedetto XVI, che solo da cento giorni è successore di Pietro quale vescovo della Chiesa di Roma. Continuità, perché i giovani sono accorsi numerosi da molte nazioni e hanno mostrato il loro entusiasmo, la loro gioia per questo incontro in cui possono sentirsi membri di una chiesa veramente universale e partecipi di una comunione espressa dal ministero petrino.

Quante domande più curiose che dettate da urgenze cristiane alla vigilia di questo evento! Ma ecco ciò che ancora una volta si è manifestato: ci sono tanti giovani cristiani consapevoli della loro fede in Gesù Cristo, pronti ad ascoltare chi la narra loro, capaci di mostrare con forme proprie alla loro giovinezza che amano il Signore senza averlo visto, che credono in lui come in colui che può dare senso alla loro esistenza dischiudendo davanti a loro la possibilità di una vita cristiana buona, bella e beata, una vita che va spesa per i fratelli, quindi vissuta anche a caro prezzo, ma nella gioia di aver trovato una ragione alla propria vita, qualcosa o meglio Qualcuno per cui vale la pena di viverla e spenderla per gli altri, fino a dare la vita stessa per loro.

Il messaggio di Benedetto XVI rivolto ai giovani durante la veglia e poi nella celebrazione eucaristica è stato di altissima qualità teologica, ed è stato un messaggio trasmesso già dal quadro celebrativo stesso: i vespri, la liturgia delle ore della chiesa, hanno avuto il primato, e al loro interno di è collocata l’omelia del papa, seguita dall’adorazione del mistero eucaristico. Che questo ordine celebrativo fosse frutto di una precisa volontà, lo si ricava dalle parole del papa, non solo fedelissime alla parola di Dio contenuta nel Vangelo dell’adorazione dei Magi, ma anche cariche di accenti mistagogici nella linea feconda del concilio Vaticano II. Il papa ha indicato ai giovani la santità come chiamata universale, come impegno a tutto predisporre nella vita affinché Dio possa fare santi i credenti in lui: “Sono i santi i riformatori veri, solo dai santi viene la vera rivoluzione, il cambiamento decisivo del mondo”.

Da questi luminosi esempi viene per i giovani un messaggio altamente significativo: il Dio in cui crediamo, il Gesù che amiamo, non è una nostra proiezione, “non ci costruiamo un Dio privato, un Gesù privato” ma è “quel Gesù che ci viene mostrato dalle Sacre Scritture” e che si rivela vivente “nella grande processione dei fedeli chiamata Chiesa”. Essa va amata per quello che è, “una rete con pesci buoni e pesci cattivi, un campo con il grano e la zizzania”: ma è proprio questa debolezza dei membri della Chiesa a darci la speranza di essere cristiani, peccatori ma sempre perdonati.

Nelle celebrazione eucaristica, poi, le parole del papa si sono soffermate sul mistero eucaristico, sacrificio di lode e di ringraziamento, “atto che tramuta la morte in amore”, che immette, nella morte di una vita donata per amore, la risurrezione e le sue energie. Così, ricorda il papa, “l’adorazione nella celebrazione eucaristica diventa unione con Cristo”, diventa l’unità di un corpo solo!

Sì, l’omelia di Benedetto XVI è un’autentica mistagogia che spiega ai giovani come possono partecipare “all’ora di Gesù, l’ora in cui vince l’amore”, soprattutto alla domenica, giorno del Signore: lì possiamo comprendere come “l’ora di Gesù vuole diventare la nostra ora” e come davvero lo diventerà se, lungi dal considerare la religione come un prodotto di consumo, noi la viviamo come un cammino di sequela di Cristo! “E il sacramento del pane – ricorda Benedetto XVI – è sempre sacramento del fratello”, chiami coloro che vi partecipano all’impegno, al servizio della carità: solo così i giovani saranno veri uomini e donne eucaristici.

Sì, dobbiamo davvero essere grati al papa per aver fatto risuonare alle orecchie e nei cuori di tanti giovani le sue parole come parola del Vangelo.