Opinioni & Commenti
Combattere la sfiducia con la relazione sociale
di Domenico Delle Foglie
C’è un bene primario che scarseggia in Italia: la fiducia. I sondaggisti non sanno più a che santo votarsi. Non c’è categoria istituzionale che venga premiata dall’opinione pubblica. Il segno «meno» suona come una condanna preventiva per Magistratura, Forze dell’Ordine, Presidenza della Repubblica, Stato, Europa, Banca d’Italia, Regioni, Comuni, Banche (record storico di sfiducia all’8%), partiti e leader politici, sindacati e associazioni cattoliche. Una bocciatura completa in quel «mercato della fiducia» al centro di un’indagine condotta da Swg per conto di Retinopera, la rete sociale nella quale sono presenti le principali associazioni del mondo cattolico italiano.
Al di là della presa d’atto dell’accentuarsi del fenomeno della desacralizzazione della società italiana, del quale si intravedono i segnali nel pesante calo della centralità dei valori cattolici e nella scarsa considerazione dell’insegnamento della Chiesa (in verità, il sondaggio evidenzia un autentico crollo), l’unico segnale di fiducia si manifesta nei confronti di alcune categorie: agricoltori, artigiani e commercianti. È come se gli italiani, ormai disillusi, indicassero nelle singole persone che operano in proprio, con la loro capacità di resistenza alla crisi, un modello da seguire. Le persone, dunque, più che le istituzioni.
Qualcuno potrebbe osservare che si tratta del solito individualismo italiano e del salvifico «fai da te». In realtà, ci troviamo ancora nel punto più basso della crisi di sistema che ha investito la nostra società. Una crisi non solo economica, ma di valori e di senso. Direbbe coraggiosamente Benedetto XVI, una crisi «morale». Tutti facciamo fatica a trovare la via d’uscita, eppure avvertiamo l’urgenza di riannodare un tessuto di fiducia che ci consenta di rialzarci e di non attendere che le decisioni politiche sostituiscano la nostra capacità di ricostruire il Paese. In questa prospettiva è grande la responsabilità dei cattolici. Questo è il tempo in cui dobbiamo coltivare, più di quanto abbiamo fatto nei decenni che abbiamo alle nostre spalle, reti più fitte di relazione. Tutti noi, non solo i più deboli e i nuovi e vecchi poveri, dobbiamo poter contare su trame di relazione molto più strette. Persino le famiglie sono chiamate a infittire le relazioni perché la sfiducia non prenda il sopravvento; la penuria di risorse e la scarsità di lavoro non rendano i giovani più esacerbati e gli adulti più disperati. La relazione sociale è la culla della fiducia: condividere aiuta a vivere e sperare.