Pisa
COLF E BADANTI, SANATORIA A RILENTO
di Caterina Guidi
Sarà forse l’abitudine italica di «fare tutto all’ultimo momento». Sarà la pigrizia, o l’ansia che suscita una «sanatoria» che non ha precedenti nel suo genere e desta perciò qualche dubbio. Fatto sta che l’ondata di richieste per la regolarizzazione del rapporto di lavoro con colf e badanti ancora non c’è stata. I patronati ed i professionisti pisani, intermediari fra cittadini e palazzo, prevedevano di «trattare», entro fine mese. almeno 3500 richieste di regolarizzazione.
Fino ad oggi – secondo dati fornitici dal Ministero degli Interni e riferiti alla provincia di Pisa – sono stati invece meno di 900 i moduli distribuiti ai datori di lavoro (dato aggiornato a mercoledì), mentre le pratiche già pervenute a Roma erano – nel momento in cui chiudevamo il giornale – 642.
Se il trend rimanesse questo fino al 30 settembre, si potrebbe arrivare alle 2000 pratiche avviate. Forse – dicono gli addetti ai lavori – ci sarà un’impennata delle richieste negli ultimi giorni, e i patronati si sono attivati per far fronte alla «massa»; che tarda però a farsi vedere. «È una pazzia non approfittare di questo provvedimento – fà sapere Gianluca Federici, di Anolf (l’Associazione nazionale oltre le frontiere costituita in seno alla Cisl) – L’occasione non può essere persa: se il lavoratore in nero è anche clandestino, in caso di controllo, sarà espulso, ma scatterà anche la denuncia penale per il datore di lavoro».
I precedenti cui hanno fatto riferimento i patronati per organizzare il loro servizio di «mediazione» (che ricordiamo è gratuita) sono i decreti – flusso: «quando si apre la regolarizzazione degli ingressi in Italia noi ci prepariamo all’impatto: le domande arrivano subito e sono tante – anche perchè i decreti prevedono un tetto massimo di ingressi – e lavoriamo il sabato, la domenica, la sera…ci aspettavamo una situazione simile anche per questa specie di sanatoria; invece al momento la situazione è completamente diversa: l’organizzazione del patronato Cisl si è rivelata sovradimensionata rispetto all’affluenza effettiva».
E per le Acli la musica non cambia. Solo una cinquantina le domande già «in viaggio». Possibile che nelle famiglie siano pochi i lavoratori clandestini o in nero? Possibile ma poco probabile. «Quando trattiamo i flussi migratori – racconta Elisabetta Di Lorenzo, direttore del patronato Acli di Pisa – le richieste sono tante, molte tra l’altro proprio per chi lavora come colf o badante. Inoltre questa regolarizzazione riguarda anche i lavoratori comunitari: perchè non se ne approfitta per mettersi a posto? Forse la notizia non è passata in modo corretto». Le «eccezioni» mosse da chi si presenta allo sportello sono molte: che fare se il datore di lavoro ha la volontà di regolarizzare la sua badante, ma manca di qualche requisito o anche semplicemente è alimentato da un dubbio perché su questo o quel punto il decreto non è sufficientemente chiaro? Per esempio: l’anziano non autosufficiente, ma senza certificazione che ne attesti lo stato: «per chi la certificazione ce l’ha, il datore di lavoro può regolarizzare il badante anche se riscuote solo una pensione minima. Se un anziano non è in grado di badare a se stesso, ma non dispone di certificazione del suo stato, e il suo reddito è inferiore ai 20mila euro, ecco che il meccanismo si inceppa e in teoria il badante non può essere messo in regola». Ma c’è di più: il decreto vuole che il lavoratore presti servizio da un datore per un minimo di 20 ore settimanali: più facile per i badanti, un po’ meno per le colf che vanno di casa in casa. Le soluzioni non sempre possono essere trovate, e il rischio è che – per regolarizzare delle situazioni – si scivoli comunque nel dichiarare il falso. È il caso anche di quanti vorrebbero approfittare del decreto per mettere in regola altri lavoratori dipendenti, spacciandoli per badanti o donne di servizio. «Il patronato – sottolinea Elisabetta Di Lorenzo – è chiamato a controllare i documenti e avviare le pratiche; ma tutto si basa sull’autocertificazione». Comunque, una volta stabilito che i requisiti ci sono, la procedura è semplice: «spesso dobbiamo solo dare chiarimenti al datore di lavoro e stabilire quali siano le reali mansioni del dipendente – racconta Federica Vannini, della Coldiretti -. I casi anomali da noi incontrati sono pochi. Càpita, talvolta, che si presentino persone che non rientrano nei limiti del decreto, magari perchè il rapporto lavorativo è iniziato dopo il primo di aprile. Sta a noi valutare bene la documentazione, e indagare almeno su ciò che possiamo vedere».
E mentre le domande di regolarizzazione per clandestini vanno a rilento, quelle per far emergere i lavoratori comunitari al nero sono praticamente ferme al palo.