Toscana

COLERA HAITI, MONS. AUZA (NUNZIO): GOVERNO INCAPACE DI DARE RISPOSTE; SERVONO FONDI

“Il governo di Haiti non è in grado di rispondere all’epidemia di colera perché non ha strutture adeguate e sulle strade non si vede alcun cambiamento”. La popolazione è arrabbiata e si dice che l’epidemia “durerà cinque-dieci anni o forse più”: a parlare oggi al SIR mons. Bernardito Auza, nunzio apostolico della Santa Sede ad Haiti, confermando le ultime, allarmanti, notizie sugli scontri tra manifestanti e caschi blu dell’Onu (Minustah) a Cap-Haitien, con morti, feriti, saccheggi e il blocco delle operazioni umanitarie. Il colera ha già causato 1.110 morti e 14.000 contagiati. Le autorità temono che possa provocare fino a 10 mila vittime e 200.000 contagiati, anche oltre i confini del Paese. L’Onu ha chiesto 127 milioni di dollari in più (oltre a quelle necessari per la ricostruzione post-terremoto) per rispondere alla nuova emergenza. A proposito degli scontri con i caschi blu, il nunzio riferisce di un comunicato stampa della Minustah che li interpreta come “manifestazioni politiche per ostacolare la tenuta delle elezioni del 28 novembre prossimo”, mentre i manifestanti dicono di protestare contro la Minustah per aver portato il colera ad Haiti, tramite alcuni caschi blu nepalesi (il ceppo del colera è infatti sud-asiatico). Secondo mons. Auza “entrambi i motivi sono presenti nella rabbia della popolazione, anche a causa della nostra incapacità di migliorare la situazione degli sfollati del terremoto. La miseria aumenta anziché diminuire, si spendono somme da capogiro per la campagna politica mentre, come accusano i manifestanti, non vi sono fondi per la lotta contro il colera”. Cap-Haitien, osserva il nunzio “era una città bellissima, ora è diventata irriconoscibile, una baraccopoli piena di sporcizia ovunque”. Per contrastare l’epidemia le agenzie umanitarie ed i centri di saluti della Chiesa “fanno quello che possono – dice mons. Auza -, fornendo medici, strutture e medicine”. La previsione di 200.000 infettati secondo il nunzio “è credibile: nelle città e nei campi di fortuna la situazione è altamente insalubre”. “Al momento – precisa – è molto più sicuro stare nei campi che nelle bidonville, perché almeno nei campi vi è acqua potabile e si vive sotto gli occhi vigili delle Ong e della comunità internazionale”. Le baraccopoli, invece (presenti sul 67% del territorio di Port-au-Prince), “sono sporche, i cibi sono venduti in mezzo all’immondizia e alle macerie, tra maiali e caprette che girano liberamente e mangiano i rifiuti non raccolti per giorni o settimane. L’acqua potabile, poi, è un problema ovunque, ancora di più nelle baraccopoli”. Mons. Auza conclude lanciando un appello alla comunità internazionale: “Le nostre strutture di cura sono affollate e abbiamo bisogno di medicine per un periodo molto lungo. L’aiuto migliore è sempre in contanti, perché arrivano prima e si può acquistare in loco. L’invio di medicinali può prendere mesi, a meno che non siano inviati via aereo e cargo diplomatico, per essere ritirati con rapidità”. Ma in questo momento – informa – “il porto è sovraccarico e gli uffici doganali da mesi non riescono a smistare le richieste di sdoganamento”.Sir